Il 16 gennaio ha inaugurato a Palazzo delle Paure di Lecco una mostra degna di essere ospitata nelle più importanti sedi espositive del paese. Si tratta di “Natura e città. Morandi, Morlotti e il paesaggio italiano tra le due guerre”, che, partendo da un quadro di Ennio Morlotti recentemente donato alla città di Lecco dal Museo del Novecento di Milano, L’Adda a Imbersago (1955), si presenta come un’indagine accorta sulla pittura di paesaggio italiana a cavallo tra le due guerre mondiali.
Il curatore Francesco Guzzetti ci spiega la mostra.
Come nasce l’idea di questa mostra?
Il tutto è nato tre anni fa, quando Marina Pugliese, ex direttore del Museo del Novecento di Milano, in occasione dei 50 anni dell’Associazione Ex Alunni Liceo Manzoni, fu invitata a Lecco per una conferenza e visitò le collezioni del Palazzo delle Paure, notando che tra esse non compariva nessun Morlotti, uno degli artisti lecchesi più celebri del Novecento. Da lì nacque dunque l’idea di donare al palazzo un’opera del pittore conservata nei depositi del Museo del Novecento. Fui delegato della scelta del dipinto e decisi di portare a Lecco L’Adda a Imbersago del 1955, un paesaggio dunque, che, insieme alle bagnanti, rappresenta il genere più amato da Morlotti. Il quadro è arrivato a Lecco da circa un mese, dopo il restauro gentilmente finanziato dall’Associazione ex alunni del Liceo Manzoni. A quel punto io e Laura Polo, professoressa di storia dell’arte del liceo, ci siamo chiesti “perché non valorizziamo l’arrivo del quadro con una mostra?”. Da qui è nato il nostro progetto.
Toglimi una curiosità. Ennio Morlotti è stato uno dei più celebri artisti che Lecco abbia mai avuto. Com’è possibile che le collezioni della città non abbiano mai vantato una sua opera?
Sembra una cosa impossibile, ma non lo è. In un certo momento della sua vita Morlotti stesso aveva deciso di donare alla città una parte della sua collezione privata, contente opere sue e lavori di altri artisti. L’amico Romano Troiani, anch’egli pittore, aveva funto da tramite con le istituzioni della città ma alla fine la cosa non andò in porto… Poi ci fu il caso dei Morlotti di Sofia Loren e Carlo Ponti. Quando vennero indagati per evasione fiscale, parte della loro collezione, contenente un centinaio di Morlotti, venne confiscata. Ben 35 quadri di Morlotti furono destinati alla città di Lecco. Vi rimasero per qualche anno, ma tornarono ai precedenti proprietari dopo che vinsero il ricordo in cassazione. Dopo questa serie di vicende un po’ sfortunate, finalmente oggi possiamo ammirare un Morlotti di altissima qualità nelle collezioni della sua città natale.
Oltre all’Adda a Imbersago del 1955, quali sono le altre opere di Ennio Morlotti che hai scelto per questa mostra e in che momento della sua carriera artistica si collocano?
L’Adda a Imbersago si colloca al termine del percorso espositivo, in una sala che ospita già la collezione permanente. Essendo datato 1955, il dipinto termina idealmente il percorso della mostra, che è dedicato al paesaggio italiano tra le due guerre. I quadri che invece ho deciso di esporre in mostra sono Sera (1944-1946) e Collina (1945). Questi due paesaggi sono opere degli anni quaranta, anni in cui Morlotti non può fare a meno di confrontarsi con Picasso, che è in questo periodo il suo (e di molti) modello morale. Molte delle opere che realizza in questi anni sono opere picassiane, ma al contempo Morlotti conosce un periodo di crisi artistica, durante il quale matura nel genere del paesaggio le opere più riuscite. Se ne accorgono i critici, se ne accorge lui stesso. Negli anni Cinquanta infatti Morlotti saluta Picasso e torna a Cézanne, il suo primo amore. Per capire Cézanne però deve passare da Morandi. Ed è proprio Morandi il modello diretto dei paesaggi di Morlotti degli anni Quaranta…
È infatti noto un aneddoto riportato dallo stesso Morlotti in un’intervista, secondo cui Roberto Longhi, vedendo alcune sue opere esposte alla Galleria Il Milione di Milano, lo definì pittore “morandiano così interessante”. In che modo Morlotti si confronta con Morandi nella pittura di paesaggio?
Morlotti, frequentando la galleria il Milione, si confronta con tutte le stagioni artistiche della pittura di Morandi. Tuttavia rimane particolarmente impressionato dal Morandi anni Trenta, il Morandi cosiddetto espressionista, molto materico, molto di pasta…e poi dal Morandi dei primi anni Quaranta, molto carico di colore. In questi anni il modello a cui guarda Morandi è Corot. I suoi paesaggi sono senza prospettiva, non esiste il dettaglio, la realtà della natura non è indagata in senso descrittivo. Ciò che Morandi fa nei suoi paesaggi, così come fa nelle celebri nature morte, è dichiarare la realtà della pittura. La realtà di Morandi è la realtà della pittura. Il Morandi paesaggista è dunque un Morandi di colore…ma colore inteso come pasta e non come tono, è colore-materia. I suoi due paesaggi che ho deciso di collocare in mostra ne sono una prova evidente. È dunque solo attraverso il confronto con questo tipo di paesaggio che Morlotti arriva davvero a capire Cézanne. Infatti, nell’Adda a Imbersago del ’55 non si capisce nulla di ciò che è rappresentato sulla tela, ma si vedono solo tacche di colore… che è esattamente quello che Cézanne faceva nel Saint Victoire.
Un Morlotti quasi astratto forse?
No astratto no, sebbene la sua pittura sia molto ambigua. Per capire davvero la sua pittura dobbiamo ancora una volta chiamare in causa Morandi. Nei quadri di Morandi ci sono sempre oggetti dipinti riconoscibili, ma essi sono funzionali al racconto di una realtà altra, una realtà della pittura…sono opere che raccontano dunque una realtà astratta. Definirei dunque Morlotti come un naturalista alla Morandi, che con le cose della realtà racconta la pittura.
Nonostante questi confronti importanti con Picasso e Morandi e la sua presenza forte nel vibrante panorama artistico milanese, per quale motivo allora Morlotti è conosciuto ai più come un pittore “locale”?
Dagli anni ’80, Morlotti cominciò una parabola discendente sul mercato, e alcuni critici iniziarono a leggerlo come pittore regionale, provinciale, fortemente legato al territorio. Per di più, Morlotti stesso inizia poi a chiudersi nella sua nicchia, divenendo un pessimo sponsor di se stesso e della propria arte. Non è più dunque considerato “pittore lombardo” nel senso in cui i maggiori interpreti dell’arte di Morlotti, Arcangeli e Testori intendevano la parola “Lombardia”, cioè nel senso in cui la aveva definita il loro maestro Roberto Longhi, quella grande regione del nord Italia che aveva dato i natali a Caravaggio.
Ciò che ho anche voluto fare con questa mostra è stato proprio riportare Morlotti all’interno della storia dell’arte nazionale italiana, di ridare alla sua pittura una dignità troppo spesso dimenticata. E leggendo l’Adda a Imbersago come ritorno a Cézanne attraverso Morandi, Morlotti è riportato sulla scena nazionale e internazionale di quel grande movimento che fu l’Informale, di cui egli rimane indiscutibilmente una delle voci più significative.
La mostra però non si concentra solo su Morlotti e Morandi, ma racconta la storia del paesaggio italiano tra le due guerre. Come mai questo tema?
Con questa mostra ho voluto ricostruire per casi significativi la storia della pittura di paesaggio italiana, che è ancora poco conosciuta. Se pensiamo alla pittura italiana tra le due guerre pensiamo alla pittura murale, ai grandi quadri storici. Ma se guardiamo i cataloghi ufficiali delle mostre dell’epoca, troviamo centinaia di paesaggi e nature morte…perchè incontravano il gusto degli acquirenti. Oltre alla funzione decorativa il paesaggio era per sua natura un genere estraneo alla retorica cui spesso viene associata l’arte di regime. Visitando la sala del Museo del Novecento di Milano interamente dedicata al paesaggio, e leggendone la presentazione di Flavio Fergonzi, ho intuito che la pittura di paesaggio potesse avere davvero ancora molto da raccontare. Ho capito come il paesaggio sia stato per moltissimi artisti, tra cui ovviamente Morlotti, uno dei terreni principi in cui essi si confrontarono reciprocamente.
Oltre a Morlotti e a Morandi, attraverso quali artisti hai deciso di documentare questa storia?
Negli anni Venti e Trenta i pittori italiani devono fare i conti con le amare delusioni portate dalla guerra. In pittura, vi è un ritorno alla tradizione, termine con cui da una parte intendo la pittura dei Primitivi italiani, dall’altra quella pittura di paesaggio di fine Ottocento. Per mostrare la grande eredità dei Primitivi italiani ho selezionato due Carrà strepitosi. In una sala della mostra ho poi deciso di mostrare la dinamica arte ufficiale/arte alternativa, che si esemplifica nelle città di Milano e di Roma. A Milano abbiamo la premessa del mito futurista di Boccioni, che nel 1910 disegna un edificio in costruzione, con di fronte un carretto trainato da un cavallo. Un paesaggio urbano di Sironi di soli 10 anni dopo, testimonia la modernizzazione urbanistica di Milano: gli edifici sono fabbriche e il carretto è stato sostituito da un camion. Ma a Milano c’è anche Birolli, artista che si oppone al gusto ufficiale e che raffigura invece una Milano piena di colori. A riprodurre la dinamica arte ufficiale/arte alternativa a Roma ci sono invece Antonio Donghi, pittore amatissimo dal regime, e Mafai, artista antifascista. Dopo la sezione dedicata agli italiani “de Paris”, come Zandomenighi e De Pisis, la mostra si conclude con il già menzionato confronto Morlotti-Morandi.
Cosa ti ha lasciato di più questa mostra?
Il faticoso ma appassionante lavoro su questa mostra mi ha lasciato la voglia di approfondire ancora di più il tema, ma soprattutto un’esperienza umana indimenticabile con gli allievi ed ex allievi del Liceo Classico e Linguistico “Manzoni” di Lecco. Secondo infatti un progetto della professoressa Laura Polo D’Ambrosio – di cui anch’io sono stato allievo – i ragazzi sono stati coinvolti profondamente nei lavori della mostra, curando il sito web e tutti gli apparati che si trovano nelle sale dell’esposizione, e incaricandosi anche delle visite guidate gratuite che si terranno tutti i weekend della mostra, sabato e domenica alle 15. E’ stato un contributo straordinario ed essenziale, e un’esperienza di condivisione che non dimenticherò mai.
INFORMAZIONI UTILI
NATURA E CITTÀ
Lecco | 17 gennaio – 3 aprile 2016
Palazzo delle Paure
Piazza XX Settembre 22
Orari
17 gennaio | 3 aprile
Lunedì chiuso
Martedì 9 – 13
Mercoledì 9 – 13
Giovedì 15.30 – 18.30 / 21 – 23
Venerdì 15.30 – 18.30
Sabato 10.30 – 18.30
Domenica 10.30 – 18.30
Ingresso libero