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Facebook, il Censore. Quando i lacci culturali della società strangolano

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Non chiedetevi se facebook può censurare un’opera d’arte. L’ha sempre fatto, e sta scritto nell’accordo che firmiamo al momento dell’iscrizione. Chi ha provato a postare il celebre quadro «L’origine del mondo» di Gustave Courbet è stato subito sospeso senza preavviso, come è capitato all’insegnante Frderic Durand Baissas, all’artista danese Frode Steinicke e al critico Vittorio Sgarbi.

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L’opera, dipinta nel 1866, raffigura una donna nuda con le gambe spalancate, nella stessa posizione, volendo, dell’amore o del parto. Possiamo chiederci se è giusto o no. Ma questo non dipende da noi. Dipende da chi detiene il potere, dai lacci culturali della società dove vivi. Ogni opera d’arte è rivoluzionaria perché rivoluziona le coscienze.

Il nudo disteso di Amedeo Modigliani venduto in asta nel 2015 censurato nei servizi televisivi
Il nudo disteso di Amedeo Modigliani venduto in asta nel 2015 censurato sulle reti televisive

Puoi distruggere capolavori come fecero Hitler e il comunismo sovietico, ma puoi anche cancellarli nella confusa caligine di un certo puritanesimo. E’ la stessa cosa. Il fatto è che adesso, per la prima volta, sarà un tribunale francese a decidere se è giusto o no vietare il quadro di Gustave Courbet, e non la solita corte della California. Non è così semplice come pensate, anche se il giudizio questa volta non è così scontato. Il fatto è che facebook, un miliardo e mezzo di utenti nel mondo e una diffusione video di 8 miliardi al giorno, ha dovuto anche pensare a proteggere se stesso, ponendo dei paletti, delle regole di comportamento. Noi, che siamo ospiti di facebook, dobbiamo accettare le condizioni del social network, che vietano, oltre a un mucchio di altre cose, la pubblicazione di numerose tipologie di contenuti, tra cui immagini di nudo e di violenza esplicite o gratuite.

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“Les Femmes D’Alger (Version ‘O’)” di Pablo Picasso venduto in asta nel 2015 censurato sulle reti televisive

Ecco, qui comincia il problema. Qual è il confine tra una semplice immagine di nudo e un’opera d’arte? Non basta una bella cornice a identificarlo, questo è vero. Ma perchè la pruriginosa censura che vieta la pubblicazione di un capolavoro riconosciuto non è mai intervenuta per impedire fenomeni di bullismo e di vera e propria persecuzione sulle sue pagine, che hanno portato persino al suicidio?

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L’immagine, qualsiasi immagine, fa più paura della parola? In realtà, noi sappiamo benissimo che non è così. Anche perché la parola è essa stessa immagine che può riprodurre altre immagini. E’ che la censura, qualsiasi censura, è cieca. Il 9 dicembre del 1937, il pittore fallito Adolf Hitler, bocciato impietosamente all’Accademia di Vienna, pronucniò, alla Haus Der Kunst di Monaco davanti a trentamila persone, un feroce attacco all’arte moderna, perché figlio del bolscevismo e della lobby ebraica internazionale: «Abbiamo avuto il futurismo, l’espressionismo, il realismo, il cubismo e persino il dadaismo. Può la pazzia andare oltre? Abbiamo visto quadri che potevano essere creati solo da una mente anormale».

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Il nazismo come fece dei falò di libri destinò alla distruzione almeno 600 opere d’arte moderna. Ma nel 1974, a Mosca, con lo stesso sistema intervenne la polizia sovietica, buttando via altri lavori come quelli distrutti da Hitler, mentre allontanava con gli idranti i visitatori della mostra dedicata all’astrattismo. Ma nel 1915, la stessa cosa era capitata nella civilissinma e puritana New York, quando la polizia irruppe alla mostra dei disegni di Clara Tice, confiscandoli tutti con l’accusa di «indecenza». Se è la stessa indecenza dell’Origine del mondo, perché dobbiamo stupirci?

Egon Schiele, autoritratto
Egon Schiele, autoritratto

Egon Schiele, in quegli anni, fu condannato con la stessa accusa, per alcuni disegni, e uno dei suoi lavori fu addirittura portato nell’aula del tribunale per essere bruciato davanti a tutti. Parlando con i suoi amici, si lamentò invano di come veniva trattato, alla pari di un depravato: «Prima o poi, dopo la mia morte, mi porteranno rispetto e ammireranno la mia arte». Ma l’arte offende davvero il comune senso del pudore, o è una cittadella inespugnabile dentro la quale si possono nascondere anche i peccati? J. S. George Boggs fu arrestato nel 1974 per aver falsificato alcune banconote e ancora oggi quando ricorda quegli interrogatori della polizia dice che era inutile, non potevano capirsi: «Loro parlavano di crimini. Io di arte».

Possiamo davvero permettere tutto all’arte? Non è una domanda retorica. Perché non lo so, ma forse è vero che in nome dell’arte si può anche esercitare un potere e si possono commettere abusi. Il fatto è, però, che, in nome della censura, si fa molto di peggio, come racconta la storia.

Edouard Manet è uno degli artisti che più ha subito questa persecuzione, «per aver disturbato la pubblica moralità», come recitava la dicitura dell’accusa. Furono censurate anche due sue opere religiose, e in una il Cristo morto fu criticato «perché i soldati che lo deridevano erano troppo umani e troppo contemporanei».

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Il più famoso è senz’altro Michelangelo Buonarroti, censurato da morto quando la Chiesa fece rivestire dal suo allievo prediletto, Daniele da Volterra, i nudi del Giudizio Universale. E meno male che lo fece, perché se no quel capolavoro sarebbe stato distrutto.

Alla fine, può davvero Facebook ridursi così, come questi grandi, lugubri, severi censori? Non sarebbe meglio trovasse un modo per prestare più attenzione ad altri gravi fenomeni di criminalità vera, come quelli del bullismo e delle truffe, che nella sua inflessibile casa trovano più ospitalità delle opere d’arte?

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