Può esistere un’arte senza radici e senza passato?
Questa è la domanda su cui dobbiamo riflettere una volta entrati al MAR di Ravenna.
L’esposizione “La seduzione dell’antico”, aperta fino al 26 giugno, intende documentare quanto sia stato forte il richiamo del tempo andato per gli artisti del Novecento.
Subito veniamo accolti da tre opere identificate come riassuntive di tutta la mostra, ovvero Métamorphose topologiche de la Venus de Milo traversée par des Tiroirs (1964) di Salvador Dalì, Il vecchio e il nuovo mondo (1927) di Alberto Savinio e Il figliuol prodigo (1926) di Arturo Martini. Quest’ultima scultura in particolare, secondo il curatore Claudio Spadoni, riassume tutto il senso della mostra perché simboleggia la storia del figlio (nuovo) che si allontana dal padre (antico) ma che poi ritorna, rendendosi contro che non può sopperire a se stesso da solo.
Ci troviamo quindi davanti a due concetti che parrebbero opposti ma che invece finiscono per fondersi insieme diventando una caratteristica importante di molta arte moderna e contemporanea.
Il percorso è diviso in 7 sezioni. La prima prende nome da una citazione di Carrà che recita “Quel non so che di antico e di moderno…” e le opere qui presenti vogliono farci comprendere come la tematica della seduzione dell’antico non voglia richiamare forme del passato in modo nostalgico ma piuttosto riproporle pregne di una nuova sensibilità. La seconda sezione raggruppa opere raffiguranti nature morte, per il loro “non so che” di seducente che non poteva lasciare indifferenti molti artisti del secolo breve, poi i paesaggi e il ritratto, che sicuramente impone all’artista un confronto con la tradizione.
La parte successiva mostra la scelta di molti artisti di recuperare le inquietudini tipiche del Barocco, un momento artistico che consideravano ancora da scoprire.
La quarta sezione è intitolata “il Mito e il Sacro”, temi distinti ma al contempo affini perché entrambi rimandano a qualcosa di antico. Proseguiamo all’interno della frazione dedicata alle Archeologie, che etimologicamente significano “discorso, trattato o storia di cose antiche”, dove troviamo Tano Festa che nel 1967 reinterpretò l’Aurora di Michelangelo.
All’interno della sesta sezione incontriamo le cosiddette “Citazioni” di cui l’emblema è forse rappresentato dall’ironica Monna Lisa con i baffi di Marcel Duchamp.
Nell’ultima sezione, “L’Attualità dell’Antico”, il passato viene svuotato e riutilizzato da artisti contemporanei. L’antico è ormai veramente lontano e il distacco diviene inevitabile. Qui troviamo la scultura “Mimesi” di Giulio Paolini, rappresentante due busti classici posti uno di fronte all’altro. Le due figure sembrano osservarsi a vicenda, ponendo a noi che guardiamo un importante interrogativo: è la contemporaneità debitrice del passato o viceversa?
Come le figure scolpite da Paolini questi due tempi si guardando a vicenda e a vicenda si comprendono perché il passato non passa mai, non è che un’estensione del presente.
INFORMAZIONI UTILI
LA SEDUZIONE DELL’ANTICO, da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto
21 febbraio – 26 giugno 2016
Orari: martedì-giovedì 09.00-18.00; venerdì 09.00-21.00, sabato e domenica 09.00-19.00
Ingresso: intero 9€, ridotto 7€, studenti 4€