La mostra Sulla via Emilia. Esplorazioni di una storia, fino al 4 novembre a Palazzo Crespi in corso Venezia 22 a Milano, dopo il grande successo dello scorso anno della personale di Mario Cresci, attesta per il secondo anno la collaborazione tra Artcurial in Italia e Nicoletta Rusconi Art Project. Questa volta lo spazio presenta un’inedita rilettura dell’esposizione curata nel 1986 da Luigi Ghirri. Ed è Giulio Bizzarri, collezionista, direttore creativo e collaboratore di Ghirri, l’artefice dell’esposizione odierna, con una selezione di 30 stampe originali, tratte dalla sua collezione privata. La galleria di paesaggi, risalta anche per le cornici preziose e l’allestimento raffinato e annovera tanti nomi di autori tra i quali, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giovanni Chiaramonte, Mimmo Jodice, Vincenzo Castella e Cuchi White. Giulio Bizzarri racconta in dettaglio il pensiero e i punti di forza di questo percorso immaginato.
Una collezione di fotografia la sua che contempla autori nazionali e internazionali. Come è nata questa passione e su quali soggetti si concentra?
Più che di una passione per la fotografia, pensando alle origini delle mie raccolte, parlerei di circostanze personali e professionali, di una collezione che mi è stata portata dalla vita e dagli incontri. Facevo (e faccio tuttora) il direttore creativo, progettavo e realizzavo campagne ed eventi culturali per clienti privati e pubblici. Succedeva spesso che lavorassi con i fotografi. Per esempio, nel 1983 fui incaricato di curare l’edizione italiana di una bella mostra newyorchese, Visions of the dance di Charles Traub. Per l’edizione italiana volli aggiungere i contributi di Ghirri e di Basilico. Diciamo che prima di collezionare fotografie ho collezionato decine di volte collaborazioni e amicizie con fotografi. Infatti la mia piccola collezione comprende più doni che acquisti. Ed è selettiva sugli autori più che sui soggetti.
E la sua collaborazione con Luigi Ghirri?
Abbiamo cominciato a collaborare nei primi anni Settanta, quando lui ancora faceva principalmente il geometra in un’impresa immobiliare. Franco Guerzoni ed io faticammo non poco a convincerlo a lasciare quel lavoro e ad associarsi a noi, che avevamo fondato uno studio di design e comunicazione. Da allora la nostra bella amicizia è sempre stata accompagnata da progetti e incarichi realizzati insieme o col suo contributo. Che si dovesse fare qualcosa per le ceramiche del gruppo Marazzi,o per i Teatri di Reggio Emilia o di Bologna, o per le mostre sull’Appennino bolognese e sui Luna Park e sui Giardini in Europa e su Notte e dì per la festa nazionale dell’Unità, o per il catalogo Electa dedicato al restauro della statua del Nettuno di Giambologna, o per il mio incarico nella redazione di Gran Bazaar, veniva da sé che affidavo a Luigi le fotografie o le selezioni dei fotografi da invitare. L’ultimo documento, postumo, del nostro lavoro insieme sono le Lezioni di fotografia edite da Quodlibet. Con questo libro (curato da me e da Paolo Barbaro, recentemente tradotto anche in giapponese) ricordiamo il suo insegnamento di fotografia all’Università del Progetto, dove lo avevo chiamato con grande gioia degli studenti.
Parte di questa raccolta, per l’esattezza 30 stampe originali, scorre nella mostra Sulla via Emilia. Esplorazioni di una storia, una rilettura inedita della mostra curata nel 1986 da Luigi Ghirri. Perché questa riedizione e quale il suo significato profondo?
Le Esplorazioni di trent’anni fa erano un crogiuolo di contributi artistici e teorici dove coabitavano fotografi, narratori, videomakers, etnografi, storici, urbanisti. Un’operazione enciclopedica esuberante, molto anni ’80, allegra e pensosa insieme. Oggi la ripropongo senza cadere nella trappola autocelebrativa dell’anniversario. C’è un’antologia essenziale delle opere dei fotografi, c’è il lungometraggio di Nino Criscenti, che Mario Soldati definì un assoluto capolavoro, condensato in un corto, ci sono cose nuove, come l’opera di Guerzoni e il lavoro di Barbaro con i suoi studenti, che mostrano come la ricerca possa e debba procedere. Non voglio dire che è tutto più piccolo, voglio dire che tutto cerca di essere più leggero, rapido, esatto: più fedele alle raccomandazioni “for the next millennium” che leggiamo nelle Lezioni americane di Italo Calvino.
C’è un filo rosso tra passato e presente che lega le due direttrici della mostra con, da un lato la via in su e, dall’altro la via in giù. Vuole spiegare in dettaglio la valenza di questo percorso?
Mi piace questa sua domanda. Mi piace perché tocca il metodo che adottammo allora e che, per questo aspetto, riproponiamo oggi. Voglio dire che Luigi Ghirri e gli altri fotografi viaggiarono e fecero i loro scatti lungo la via Emilia come reporter molto liberi, senza essere vincolati da una tesi o una consegna predeterminate. Solo a posteriori, esaminando il risultato delle loro esplorazioni, pensammo e decidemmo che quelle immagini, che parlavano di romanità e di cristianità, di centuriazioni agricole e di lazzaretti, di pedoni e di camionisti, raccontassero storie diverse distese in un tempo plurimillenario; e che fosse storico e poetico insieme rappresentare le tracce del passato e i segni del presente organizzandoli secondo le due direttrici della via in su (verso Milano e l’Europa) e della via in giù (verso Roma e il Mediterraneo). Mi sembrò il modo giusto di combinare le persistenze e le dissolvenze che caratterizzano questo paesaggio.
L’altra sala espositiva di palazzo Crespi è invece dedicata a due installazioni presentate da Franco Guerzoni e Paolo Barbaro. Perché la scelta di questi artisti in questo contesto?
Perché con loro, come in passato con Ghirri, ho una collaudata consuetudine a ragionare insieme, ad arricchire e far crescere l’idea di progetto confrontando e contestando e negoziando le nostre idee e sensibilità, finché non diventa tutto più chiaro ed essenziale. A nessuno di noi è mai piaciuto chiudersi in una torre d’avorio. Siamo solisti che danno il meglio cantando in coro. Per esempio, Franco Guerzoni ed io abbiamo realizzato insieme il memoir dei suoi “viaggi randagi” con Luigi Ghirri edito da Skira.
A questo progetto hanno collaborato gli studenti del laboratorio Ricognizioni sul Paesaggio del corso di storia della fotografia dell’Università di Parma. Come li ha coinvolti e che ruolo hanno avuto?
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma è una meraviglia per gli amanti della fotografia. E Paolo Barbaro (che è anche colto e raffinato fotografo) è uno studioso e un docente capace, come ha fatto in questo caso, di stimolare gli studenti a capire e poi a sperimentare il senso di un’esplorazione in un bacino territoriale come la via Emilia. Hanno fatto un ottimo reportage, si sono dimostrati sensibili, liberi, fedeli alle nostre intenzioni. Devo dire che non ho visto altrettanta qualità e freschezza nelle reggiane Giornate della Fotografia Europea del maggio scorso, pure ispirate alla nostra Via Emilia di trent’anni fa.
SULLA VIA EMILIA.
ESPLORAZIONI DI UNA STORIA
4 ottobre – 4 novembre 2016
(chiusa durante il fine settimana)
Dalle ore 10.00 alle ore 18.00
ARTCURIAL in Italia
Corso Venezia 22 Milano | Palazzo Crespi