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Viaggio tra i sapori autentici dell’Emilia-Romagna

Castelvetro di Modena
Castelvetro di Modena
Castelvetro di Modena

Alla ricerca di saperi antichi e di sapori genuini nei borghi Bandiera arancione del Touring Club Italiano di Busseto, Fontanellato e Castelvetro di Modena

 

L’Emilia-Romagna, terra florida e generosa, tra la piana del Po e le dolci colline dell’Appennino modenese, custodisce tesori nascosti della cultura e dell’enogastronomia locale, scoperti e valorizzati dal Touring Club Italiano tramite la certificazione Bandiera arancione. Sono 20 i piccoli borghi dell’entroterra emiliano che finora hanno ottenuto il marchio di qualità turistico-ambientale, dopo un’attenta e meticolosa analisi basata su oltre 250 criteri di valutazione. Luoghi ancora poco conosciuti, a misura d’uomonon superano, infatti, i 15.000 abitanti – dove la natura, la cultura e i prodotti tipici sono espressione delle tradizioni del territorio; dove si vive bene e, soprattutto, si beve e si mangia bene. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) ha proclamato il 2017 l’Anno dei Borghi, perciò, quale scusa migliore per pianificare una fuga fuori porta all’insegna del gusto nei borghi Bandiera arancione di Busseto, Fontanellato e Castelvetro di Modena.

Busseto
Busseto

Ecco, quindi, una selezione di indirizzi per degustare e scoprire i segreti e le fasi di lavorazione dei D.O.P. locali:

Salsamenteria Storica Baratta
Entrare nella Salsamenteria Storica Baratta, riparata dai portici di Busseto, è come tornare indietro nel tempo. Dal 1873 di proprietà della famiglia da cui prende il nome, frequentata dallo stesso Giuseppe Verdi e da altri clienti illustri come Giulio Ricordi, Arturo Toscanini e Gabriele d’Annunzio, è una delle botteghe più antiche della Bassa Parmense. Qui, dove l’ospitalità è sacra da ben sette secoli, si respira l’atmosfera calda e accogliente di una volta. Il Lambrusco viene ancora servito nelle scodelle di ceramica bianca e il cibo viene consumato rigorosamente con le mani. Sui rustici tavoli in legno i ciccioli – ottenuti dalla produzione dello strutto e dalla caratteristica consistenza friabile – accolgono gli ospiti. Il Culatello di Zibello, lo Strolghino, il Prosciutto di Parma, la Mortadella, la coppa, il lardo pancettato e il Parmigiano Reggiano sono i protagonisti indiscussi dei generosi taglieri, accompagnati da una giardiniera di verdure e da salse fatte in casa – a base di carote e peperoni quella rossa e di prezzemolo quella verde – da spalmare sul pane. A degna conclusione del pasto, non può poi mancare un bicchiere di Nocino dal profumo deciso e armonioso. Il tutto sulle note delle musiche verdiane, circondati da scaffali carichi di prodotti del territorio, pronti per essere acquistati, e dai più disparati cimeli del Maestro.

Antica Corte Pallavicina
A Polesine Parmense, adagiata lungo la riva del Po, sorge l’Antica Corte Pallavicina, un tempo residenza di campagna dei marchesi Pallavicino, oggi riportata al suo antico splendore, dopo decenni di paziente e accurato restauro, dallo chef Massimo Spigaroli e dal fratello Luciano. Ospita un elegante relais, un esclusivo ristorante, che ha ricevuto la Stella della Guida Michelin 2011, la nuova Hosteria del Maiale, ispirata alle antiche hosterie medievali in cui riscoprire i piatti della tradizione della “Bassa”, e l’azienda agricola di famiglia, dove vengono allevati i maiali utilizzati per produrre il Culatello di Zibello DOP, secondo gli antichi saperi tramandati di generazione in generazione all’interno della famiglia. Dopo aver attraversato l’ampia corte e le sale affrescate al pian terreno, ci si addentra nel Regno del Culatello dove il tempo si è fermato e, oggi come allora, vengono custoditi i segreti per la sua produzione. Le cantine storiche risalenti al 1320, in cui i marchesi Pallavicino stagionavano i culatelli che inviavano in dono agli Sforza e alla più alta nobiltà d’Europa, ospitano ora 5.000 culatelli. Qui, dove la luce è fioca e i muri trasudano l’umidità del vicino Po, dove le estati sono torride e assolate e gli inverni freddi e nebbiosi, il Re dei Salumi stagiona senza fretta, dai 13 ai 20 mesi, come una volta, per acquisire quel sapore dolce e quella consistenza vellutata che lo rendono un capolavoro di arte norcina. Soltanto le parti più nobili della coscia, massaggiate con vino Fortana e aglio e insaporite con sale e pepe, senza l’aggiunta di additivi, conquistano il privilegio di essere affettate finemente per la degustazione. Un piacere da cui non ci si può esimere! In questi luoghi, ricchi di storia e di tradizione, gli Spigaroli portano avanti la produzione di salumi, proprio come avrebbe fatto il bisnonno Carlo due secoli fa, che annovera prodotti di alto profilo come il Culatello di Maiale Nero, di produzione estremamente limitata, per cui gli estimatori, tra cui figurano chef stellati e nomi illustri, sono disposti ad attendere fino a due anni e mezzo.

Culatelleria Rossi
Percorrendo la via Emilia, tra Parma e Fidenza, ci si imbatte nel Salumificio e Culatelleria Rossi. La famiglia, oggi giunta alla sesta generazione, produce salumi dal 1800, quando potevano essere assaggiati, prima di essere acquistati, nella piccola bottega nel centro del paese di Fontanellato. Oggi la famiglia è impegnata come allora nella produzione dei salumi tipici della Bassa Parmense: Culatello, Salame di Felino IGP, Salame Strolghino di Culatello, Coppa di Parma IGP, Spalla cotta di San Secondo, Culaccia e tanti altri. Nel suggestivo locale della Culatelleria, con pareti ricoperte da salumi e macchinari d’epoca, è possibile degustare i prodotti del Salumificio, accompagnati da focacce calde e da un sincero bicchiere di vino, o più. I taglieri colmi delle prelibatezze norcine della “Bassa” continuano ad arrivare al tavolo sino alla resa degli ospiti. La sensazione della Culaccia – la parte più pregiata del prosciutto – che si scioglie letteralmente in bocca, è qualcosa di indescrivibile. La famiglia continua a lavorarla e stagionarla, secondo una ricetta gelosamente custodita, per conferirle quell’inconfondibile combinazione di sapore e consistenza: morbida come il prosciutto, dolce e pastosa come il culatello. I tortelli, degni rappresentanti della cucina ricca e saporita di questa terra, ripieni di erbetta (ovvero con ricotta e spinaci o bietole) o di zucca, vengono preparati ogni giorno e serviti con abbondante burro fuso e Parmigiano Reggiano. La Culatelleria continua la tradizione delle osterie di un tempo in cui, oltre a poter consumare un pasto veloce in compagnia, si potevano acquistare direttamente i prodotti, oggi rappresentati dai salumi, i formaggi e i vini venduti nello spaccio interno. Per chi è interessato ad approfondire le tecniche di produzione dei salumi è, infine, possibile visitare la cantina sotterranea di stagionatura e assistere alla lavorazione della Culaccia e del Culatello.

Opera02
A Levizzano, frazione di Castelvetro di Modena, in quella che viene giustamente denominata Food Valley, Opera02 si affaccia sui dolci pendii disseminati di campi e solcati dai filari di vite. Cantina, acetaia, agriturismo e resort, con otto camere con vista sul pittoresco paesaggio e area benessere con sauna, bagno turco, solarium e piscina all’aperto, riesce a coniugare sapientemente tradizione e modernità. Il fil rouge che lega i diversi ambiti è il rispetto per la natura e le tradizioni, tramandate a figli e nipoti da nonno Renzo e nonna Irma, e l’utilizzo delle più moderne tecnologie. La tenuta dell’Azienda Agricola Ca’ Montanari nasce nel 2002 – da cui il nome Opera02 – con appena 5 ettari di terreno coltivati a vite, per poi espandersi rapidamente sull’intera collina, grazie all’acquisto di una stalla degli anni ’50 che oggi ospita l’acetaia e l’agriturismo. Nello stesso anno sono state impiantate le prime viti di Grasparossa, uno dei più antichi vitigni autoctoni del mondo, il cui nome deriva dalle sfumature rosse assunte dalla foglia nei periodi autunnali. La produzione biologica di Ca’ Montanari, votata alla qualità piuttosto che alla quantità, è destinata quasi esclusivamente agli ospiti del ristorante e del resort e in minima parte all’esportazione. Anche la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP – ottenuto esclusivamente a partire da mosto cotto di uve raccolte nel modenese – segue la stessa filosofia. Nella vecchia stalla, ora trasformata in acetaia, viene affinato e invecchiato per almeno 12 anni, attraverso amorevoli travasi, in serie di botticelle – dette batterie – di volume decrescente e di diversi legni pregiati che conferiscono al prodotto i suoi caratteristici profumi. In questo modo assume il colore scuro e lucente, la densità e il sapore dolce e agro che lo rendono un condimento unico al mondo. Dopo la visita all’acetaia e alle cantine, non può mancare una degustazione dei prodotti di Opera02 che regalano un’esperienza sublime al palato: un calice di Opera Rosa Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOP; una goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena sul Parmigiano Reggiano per esaltarne il sapore e inebriare i sensi; una lacrima di Saba – il “Balsamico” dei contadini, ottenuto dalla lenta cottura di mosti di uve, dal sapore zuccherino e dalla consistenza sciropposa – sulla ricotta per accentuarne la dolcezza.

Acetaia La Vecchia Dispensa
L’Acetaia Storica de La Vecchia Dispensa è una delle poche acetaie tuttora ospitate all’interno di una torre risalente al XVI secolo – la Torre delle Prigioni – che si affaccia sulla piazza centrale del piccolo borgo di Castelvetro di Modena. La famiglia Pelloni-Tintori vanta una lunga tradizione nella produzione del pregiato “oro nero” che viene portata avanti, con cura e passione, da quattro generazioni. L’antica torre custodisce come uno scrigno il tesoro più prezioso della famiglia, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, lasciato lentamente invecchiare all’interno di barili di legno pregiato. Seguendo il proprietario lungo la secolare scala in pietra, che si snoda tra i piani della torre, si viene inebriati dell’intensa aroma dell’aceto che sta fermentando e maturando nelle batterie di barili. Ogni batteria, dal Novecento ad oggi, racconta una storia che inizia con i nomi delle donne della famiglia – Guendalina, Isabella, Cunegonda, Imelde, Eleonora – secondo l’antica usanza di lasciare i barili in legno, in cui invecchiare l’Aceto Balsamico, in dote alle figlie. Le stesse donne si ritrovano nelle vecchie fotografie appese sui muri delle stanze che custodiscono le preziose batterie, a fianco di quelle di altri membri della famiglia, e in cui si respira un’atmosfera senza tempo. Qui è possibile scoprire i segreti e le caratteristiche di questo straordinario prodotto, assaggiandone una goccia, come un tempo, sull’incavo tra il pollice e l’indice, in modo da percepire, quando si avvicina la mano alla bocca, i profumi dei diversi legni sprigionati grazie al calore.

Camilla Rocca & Nathalie Communod

Fontanellato
Fontanellato

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