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Franceschini re della cultura italiana. Altro che ‘con l’arte non si mangia’

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Dario Franceschini

Di tutti i ministri della cultura della famigerata seconda Repubblica, è di sicuro il meno peggio. E forse pure qualcosa di meglio. Anzi, adesso che dopo le elezioni ci toccherà di nuovo uno di quei governi che promette di tutto, anche la salvezza dal cancro e l’abolizione delle tasse, meno che qualcosa alla cultura perché con quella non si mangia, lo rimpiangeremo parecchio. Perchè Dario Franceschini in questi anni non ha solo aumentato i numeri, ma anche i soldi. Non tanti, sia chiaro, e mai troppi, però qualcosina sì, a dimostrazione che se investi al posto di tagliare, come ha fatto per esempio l’Appendino a Torino, un ritorno ce l’hai.

Così, se a Torino calano i visitatori (e quindi gli incassi), unico trend negativo in Italia, nel resto del Paese le cifre lasciano qualche sorriso: secondo il report dell’Ufficio statistico del Mibact, quest’anno è stata superata la soglia dei 50 milioni di visitatori nei nostri siti museali e gli incassi hanno sfiorato i 1200 milioni di euro, con un incremento rispetto al 2016 di circa 5 milioni di visitatori e 20 milioni di euro. Tutto questo va di pari passo con il turismo: finita nel 2015 la pesante crisi che aveva attanagliato questo settore fondamentale per le nostre risorse, nel 2016 i dati forniti dall’Annuario Statistico italiano Istat certificano come il flusso dei clienti abbia raggiunto i 403 milioni di presenze, più 2,6 per cento sull’anno precedente. Nella classifica dell’Unione Europea, l’Italia è in terza posizione per numero di presenze totali, con l’incidenza di stranieri, però, superiore alla media europea, e non di poco: 49,5 per cento contro il 45,5. Per assurdo, significa quasi che noi preferiamo andare in vacanza all’estero. Gli stranieri da noi.

>>> Ci piace viaggiare. O forse conosciamo troppo quello che abbiamo e non lo sappiamo apprezzare. E’ come quando hai una bella moglie (o un bel marito) che ti gira in casa tutti i giorni che alla fine non ci fai più caso. Certo è che se invece consideriamo solo la presenza degli stranieri, i dati sono davvero straordinari e questo sta a significare che comunque qualcosa di buono è stato fatto. L’Italia è la meta sognata e fotografata più di tutte al mondo, dagli stranieri: gli Stati Uniti e l’Australia sono al secondo e terzo posto. Se riusciamo a essere davanti persino ai padroni della Terra vuol dire che abbiamo una potenzialità enorme. Questa grandezza è data dalla bellezza unica dei nostri paesaggi e delle nostre città, dalla Storia e dalla cultura. E quelli che dicono che in Italia con la cultura non si mangia, sono semplicemente pericolosi per l’economia del nostro Paese o dei nostri comuni.

Gli stranieri che vengono da noi sono innanzitutto americani e tedeschi, ma sono in grande crescita i cinesi: nel 2016, un milione. L’Italia è la prima loro meta europea. Le previsioni sono ancora più positive per il 2017: mancano ancora i dati ufficiali, ma il numero di presenze dovrebbe aver superato i 420 milioni, con un aumento del 4,2 per cento rispetto al 2016. Chi viene da noi, dice Franceschini, «vuole vivere una autentica esperienza in cui cultura, cibo e bellezza rappresentano un tutt’uno». E non solo, come testimonia la Lombardia, che è la terza regione italiana per flusso di visitatori stranieri, dopo la Toscana e il Lazio, ha avuto un anno record, con 37 milioni di turisti, pur non avendo le eccellenze architettoniche e museali che contraddistinguono altre località. Ma grazie a Milano che offre la sua modernità, e le sue opportunità di ricchezza e di lavoro.

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La cosa che più colpisce però è che se i turisti aumentano, la crescita di visitatori dei musei e degli altri siti archeologici è ancora superiore, e addirittura di gran lunga, almeno in termini di percentuali: dai 38 milioni del 2013 si è passati ai 50 del 2017 con un aumento del 31 per cento, mentre quello degli incassi ha addirittura raggiunto la soglia del più 53 per cento, avendo portato a casa in questo lasso di tempo 70 milioni di euro in più. Dario Franceschini ha spiegato che si tratta di «risorse preziose che contribuiscono alla tutela del nostro patrimonio e che tornano regolarmente nelle casse dei musei attraverso un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà con un fondo di perequazione nazionale». Certo è che, come ha sottolineato ancora Franceschini, non ci sono solo questi risultati a inorgoglirci, ma anche il fatto che per il quarto anno consecutivo, «l’Italia viaggia in controtendenza rispetto al resto dell’Europa, con tassi di crescita a due cifre, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno».

Nel 2017, comunque, quasi tutti i musei, a parte rarissime eccezioni come quelle di Torino (complimenti vivissimi all’Appendino: 200 mila in meno, da 816.113 a 616.960, meno 25 per cento) hanno registrato tassi di crescita. I cinque luoghi più visitati sono: Colosseo (7 milioni); Pompei (3,4); Uffizi (2,2); Accademia di Firenze (1.6); Castel Sant’Angelo (1,1). Il più visitato è però il patrimonio archeologico: un terzo dei visitatori si sono concentrati fra Pompei, Paestum, Colosseo, Fori, Ercolano, l’Appia Antica, e i grandi musei nazionali. Grazie a tutto questo, il bilancio della cultura è tornato dopo 8 anni sopra i due milioni di euro. E poi bisogna aggiungere l’Art Bonus, «che ha portato 4520 mecenati a donare quasi 158 milioni per ciorca 1150 interventi», come ha sottolineato ancora Franceschini. Fra i meriti di questo ministero vanno aggiunte le domeniche gratuite, che nel 2016 hanno superato i 45,5 milioni di visitatori e che fanno sicuramente da traino a tutto il settore, e la rivoluzione dei musei con l’arrivo dei direttori manager, con l’eccezione questa volta degli Uffizi di Firenze, dove il povero ancorché bravissimo Eike Schmidt ha trovato solo più grane e nemici che aiuti.

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Nei prossimi anni, sostiene il ministro, il turismo crescerà ancora e a tassi elevati: «la sfida è governare questa crescita salvaguardando e valorizzando il patrimonio diffuso in tutto il Paese». Certo, sarà meglio risolvere anche qualche problema: i soldi per la tutela, nonostante tutte le belle parole e i grandi meriti, sono sempre troppo pochi e insufficienti.

Come farai a salvaguardare così il patrimonio?
E poi l’età media del personale del ministero è troppo alta.
Non ci sono giovani. Cioé, non c’è il futuro.

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  • LA SFIDA E’ VINTA. COMUNICATO STAMPA
    Lettera aperta ai nuovi ministri della Cultura e dell’Istruzione italiana
    Onorevoli, ci troviamo nell’anno di chiusura del Centenario della Grande Guerra e del Patrimonio Culturale
    Europeo, un’occasione questa per tenere unita sia la cultura sia la didattica, bisognosa di recupero nazionale
    nel definire il meglio della Buona Scuola per uno sviluppo europeo della ITALY SCHOOL capace di rispondere
    alle sfide del tempo presente.
    Serve definire un nuovo concetto di alternanza scuola lavoro e, applicare un rigoroso controllo
    in tutte le province italiane in merito al recupero strutturale della scuola come edificio.
    Praticamente al Sud Italia la scuola é dimenticata. Eppure proprio da Pompei ho terminato di pubblicare in
    prima mondiale on line su http://armellin.blogspot.com The Opera Collection 1983/1985 ;
    LA SFIDA era quella di dimostrare che già
    nel XX° secolo avevo riportato l’arte contemporanea italiana in cima al mondo.
    LA SFIDA è vinta.
    Ovviamente sono pronto ad accogliere tutte le obiezioni, ma questo risultato
    oggi esiste ed è degno di nota. Franceschini e predecessori ? non pervenuti. Inoltre :
    1. Caporetto : il punto e a capo dell’arte contemporanea
    internazionale
    2. Caporetto con Stalingrad é un’esperienza estetica nuova di
    pari grado a Guernica
    3. Caporetto apre al Poema visivo del XXI secolo : il Volto del
    Mondo e la Croce 1993/2013 verso il Grande Giubileo del 2025,
    perciò :
    The Opera Collection dal 1983 riporta l’arte contemporanea
    italiana in cima al mondo .
    Maestro Stefano Armellin , Pompei, gennaio 2018

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