Quanti biglietti o abbonamenti ha venduto il Palazzo Madama di Torino il 6 gennaio 2017? 180 interi, 94 ridotti, 140 gratuiti, sono stati registrati 874 abbonati (tra abbonamenti museo e Torino Card) mentre nessuna visita scolastica è stata realizzata. Quanti ne ha fatti il Colosseo? Non lo sapremo mai, o meglio, per saperlo dovremo fare domanda scritta (via email), motivare la nostra curiosità e aspettare che un responsabile abbia il tempo per risponderci.
Dietro la grande polemica dei musei civici di Torino soltanto in pochi si sono posti la domanda più importante: e se questi dati fossero disponibili, con una frequenza mensile di aggiornamento, per tutte le strutture museali italiane?
Prima ancora di iniziare il ragionamento, può essere utile andare a rispondere alle “opposizioni” di questa visione:
1) I Musei non sono Aziende
Vero. I musei sono tuttavia organizzazioni di risorse umane, patrimoniali ed economiche costituite al fine di perseguire degli obiettivi contenuti nello statuto stesso dell’istituzione museale e che coinvolgono i concetti di valorizzazione del patrimonio, la creazione di conoscenza “a beneficio della società e del suo sviluppo” (Codice Etico ICOM). Questo fa sì che, almeno in parte, sia tra gli obiettivi dei Musei quello di attrarre visitatori.
2) La quantità dei visitatori non è misurazione della qualità del prodotto culturale
Verissimo. Ma la quantità dei visitatori in rapporto con il target del prodotto culturale lo è. Per capirlo, usciamo dal settore museale: è normale che un concerto di musica concreta attragga meno fruitori di un concerto di Jovanotti. Di entrambi, tuttavia, sappiamo riconoscere quando hanno avuto successo o quando sono stati un flop. Creare dei prodotti qualitativamente adeguati alle esigenze del proprio target e in coerenza con gli obiettivi museali è importante. Una mostra commerciale ha un target diverso da una mostra di ricerca, ma non necessariamente ne è diversa la funzione: contribuire alla produzione e allo sviluppo di conoscenza. Essere snob non aiuta nessuno.
3) Rendere pubblico il numero di visitatori dei musei porterebbe ad una gestione delle Istituzioni concentrata solo sul breve periodo
Falso. Ogni Istituzione Culturale è chiamata a rispondere sulla base delle proprie caratteristiche. Questo è vero anche per le imprese. Non si chiede ad una PMI di avere più clienti di una multinazionale. Perché dovremmo farlo con i Musei?
Quali sarebbero dunque i vantaggi di una pubblicazione dei dati coerente con i nostri tempi?
1) Capire i trend in tempo utile
Disporre di dati aggiornati permette di comprendere quali siano gli scenari nel momento in cui essi si verificano. Oggi abbiamo dati vecchi di due anni. Questo non permette di prendere delle decisioni coerenti con quanto accade oggi, eliminando (tra l’altro) qualsivoglia forma di merito o responsabilità.
2) Rapportare i dati con gli obiettivi
Se, come pacifico, riconosciamo in differenti istituzioni culturali differenti target ed obiettivi (culturali), allora avere dati più aggiornati non rappresenta alcuna minaccia per la gestione delle Istituzione Culturale. Pubblicare tali dati sarà anzi un pungolo per il management delle istituzioni museali di dichiarare in modo formale la propria strategia e prevedere dunque una visione di medio periodo condivisa con i cittadini.
3) Creazione di una policy di medio periodo
Con una tale base di dati, sarà possibile programmare (in anticipo) strategie di governo del territorio differenziare l’offerta culturale delle città e sviluppare connessioni internazionali.
In fondo, a ben vedere, non si tratta di numeri e introiti, ma si tratta della capacità del nostro sistema culturale di migliorare sotto il profilo gestionale. Sempre più voci sottolineano l’importanza della qualità della rilevazione di tali dati. Ciò è esatto. Per questo motivo è necessario sviluppare prima una metodologia di rilevazione dichiarata e poi utilizzare i dati così ottenuti per poter definire obiettivi che vengano condivisi tra istituzioni culturali, enti di amministrazione locale e cittadinanza.
Un primo, importante, passo, verso una gestione più intelligente del territorio.