La capitale giapponese piazza tre esposizioni nei primi 5 posti, esattamente al primo, terzo e quinto posto. Gradino più alto del podio per Unkei – The Great Master of Buddhist Sculpture
Le “classifiche” stilate su materie complesse e difficilmente organizzabili come possono essere le grandi mostre d’arte non possono per definizione essere attendibili al 100%. Cambiano i criteri, cambiano le modalità dei rilevamenti, cambiano i sistemi di riferimento. Eppure quella stilata annualmente dalla rivista The Art Newspaper ha assunto ormai il ruolo di fonte di riferimento: dato dal grande prestigio del magazine e dalla sua notorietà e diffusione a livello globale. È recente dunque la pubblicazione di quella relativa alle mostre più popolari del 2017: e già qui si crea qualche equivoco, visto che non è chiaro se si parli di visitatori assoluti o di visitatori giornalieri, nell’elencare le mostre. Ma certo dai risultati pare emergere un dato inatteso ma inequivocabile: la nuova capitale dell’arte mondiale – quanto a popolarità delle mostre – è Tokyo, che piazza tre esposizioni nei primi 5 posti, esattamente al primo, terzo e quinto posto.
Il gradino più alto del podio spetta a Unkei – The Great Master of Buddhist Sculpture, che al Museo Nazionale di Tokyo ha avuto una media di 11.268 visitatori al giorno, per un totale di oltre 600mila. Segue Icons of Modern Art. The Shchukin collection, che alla Fondation Louis Vuitton di Parigi ha portato oltre 1,2 milioni di persone, con una media giornaliera di 8.900 visitatori, mentre al terzo posto torna la capitale giapponese, dove Alphonse Mucha al National Art Center di Tokyo ha avuto 8.500 visitatori al giorno con un totale di più di 650mila. Cucchiaio di legno per la Saatchi Gallery di Londra e la sua mostra Painters’ painters, 833mila biglietti totali e 7500 al giorno, ma alla quinta piazza ecco ancora Tokio con Yayoi Kusama sempre al National Art Center (518mila/6700). Sesto posto per Mondrian in Brasile, mentre dal sesto all’ottavo troneggia il Guggenheim Bilbao con il tris Ken Jacobs, Bill Viola e Georg Baselitz.
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