Nuove “verità” emergono dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Franco Di Carlo, che recentemente ha dichiarato di aver visto il capolavoro nella casa di un boss di Partanna Mondello
Come ogni mistero la cui soluzione sta a cuore un po’ a tutti, dopo quasi 50 anni non è stato accantonato: e negli anni si sono anzi succedute le “soluzioni” più disparate, sempre nella speranza di arrivare alla soluzione. Parliamo della sparizione dopo il furto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, capolavoro del Caravaggio trafugato nel 1969 dall’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo di Palermo e mai più ritrovato. Solo negli ultimi tempi, noi stessi abbiamo dato notizia della rivelazione di un pentito di mafia, Gaetano Grado, alla commissione antimafia, secondo la quale già nel 1970 il capo della Cupola, Gaetano Badalamenti, curò il trasferimento del quadro – scomposto per essere venduto sul mercato clandestino – all’estero, verosimilmente in Svizzera. Successivamente trapelò l’ipotesi che la tela fosse stata frazionata in più parti e poi commercializzata forse anche in Giappone o nei paesi dell’Est Asiatico.
Ora un nuovo colpo di scena, svelato oggi da Il Fatto Quotidiano: quel quadro forse non si è mai mosso dalla Sicilia, dove probabilmente è nella disponibilità di qualche grosso esponente della delinquenza organizzata, dichiarò nel 2002 l’allora comandante del Nucleo tutela patrimonio artistico, il generale Roberto Conforti, scomparso lo scorso anno. Parole che ora sarebbero confermate dal collaboratore di giustizia Franco Di Carlo, “che il quadro ha recentemente dichiarato di averlo visto nella casa di un boss di Partanna Mondello, nel 1981”, scrive il quotidiano. “Ero stato contattato per via delle mie conoscenze all’estero e dei miei interessi in Inghilterra, mi venne chiesto se avessi potuto adoperarmi per piazzare la tela del Caravaggio presso qualche magnate amante dell’arte o attraverso aste. Ma dopo il 1981, anche a causa della guerra di mafia, non ne seppi più nulla. Secondo me la tela è integra ed è ancora in Sicilia“. E le parole del pentito Grado? “Probabilmente – è la convinzione di Di Carlo – fa confusione con un’altra vicenda legata ad un’opera d’arte. Una statua che, quella sì, venne portata in Svizzera, a Ginevra, dopo essere stata periziata da un’esperta“.