Jolanda Spagno era nata a Bari nel 1967, e si era formata all’Accademia di Belle arti del capoluogo. Aveva scelto di rimanere ad animare la scena pugliese, pur presente in prestigiosi eventi di livello nazionale
“Non ho molte parole ma vorrei sottolineare la sua generosità, fino alla fine, la sua passione ed umanità, il suo linguaggio personale e ionico. Sempre attraversato da un afflato emozionale, rigoroso ma mai freddo”. Con queste parole Fabio De Chirico, funzionario del Ministero per i Beni Culturali e in passato – fra molte altre cose – direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia – ricorda Jolanda Spagno, artista pugliese morta ieri a Bari all’età di 51 anni, vinta da un’implacabile malattia. Chi scrive ebbe modo di conoscerla nel 2014 quando proprio assieme a De Chirico la invitammo alla mostra Artsiders, da noi curata nel museo umbro: un’artista lontana dalle liturgie del “sistema” dell’arte contemporanea, concentrata e fedele solo alla propria ricerca che giungeva ad essere formale dopo esser stata interiore e spirituale, aperta alla sperimentazione ma sempre e soltanto nell’alveo delle proprie esigenze espressive.
Jolanda Spagno era nata a Bari nel 1967, e si era formata all’Accademia di Belle arti del capoluogo, che poi l’avrebbe accolta come insegnante. E aveva scelto di rimanere ad animare la scena pugliese, pur presente in prestigiosi eventi di livello nazionale, dalla Quadriennale di Roma alla Biennale di Venezia, con molte mostre in spazi istituzionali e gallerie private, che di recente l’avevano vista protagonista anche in Cina. “Una ricerca incentrata sull’amore per una tecnica antichissima come il disegno, da lei attualizzato senza rinunciare alla manualità”, ha scritto di lei Antonella Marino, una tecnica – il disegno – che “praticava con perizia estrema utilizzando la grafite, con progressive cancellazioni, per tratteggiare paesaggi siderali, vedute artiche e soprattutto volti”.