«Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società […], il corpo (la sua gestualità) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro».
L’azione è arte. Il corpo la tela. Le suggestive actions di Gina Pane sono protagoniste della nuova mostra, curata da Valerio Dehò, alla Osart Gallery di Milano. Dal 30 novembre 2018 al 23 febbraio 2019, l’opera dell’artista viene riproposta attraverso una selezione di momenti che vanno dal 1968 al 1988. Nel ventennio che intercorre, il 1981 segna uno spartiacque nel linguaggio espressivo di Gina Pane che abbandona la Body Art per tornare alla scultura: il momento si traduce in “Constatazioni” e “Partizioni” di cui la retrospettiva si compone.
Le “Constatazioni” sono sequenze fotografiche che documentano alcune tra le Azioni più celebri: seguendo un percorso cronologico, il sipario si apre su Pierres déplacées (Pietre spostate) del 1968 in cui una serie di immagini ripropone la performance realizzata nella Valle dell’Orco, in provincia di Torino, dove l’artista raccoglie pietre di piccola taglia secondo caratteristiche scelte -«esposte a nord, ricoperte di muschio, incastrate dentro una terra umida»- per spostarle in un luogo orientato verso sud. L’opera rappresenta il superamento della prima fase delle Structures affirmées (sculture minimaliste) e segna l’esordio della riflessione sul rapporto uomo-natura. Successivamente, nel 1973, alla Galleria Diagramma di Milano, si tiene Action sentimentale (Azione sentimentale). Il celebre momento è dedicato alle donne e si divide in quattro atti: ad alcune donne viene chiesto di disporsi in cerchi tracciati a terra con il gessetto all’interno dei quali figurava la parola “donna”; l’artista, vestita di bianco e con un bouquet di rose rosse, stacca le spine dal mazzo per poi conficcarsele nelle braccia; il sangue, che inizia a colare, tinge il vestito di rosso e le rose rosse diventano bianche.
Dell’anno seguente è, invece, Action mélancolique 2x2x2 (Azione malinconica 2x2x2) in cui -come si evince dal titolo- la malinconia viene esplorata attraverso l’evocazione della relazione di coppia in tutte le combinazioni possibili. L'”io” è rappresentato da Gina Pane mediante un taglio che l’artista italo-francese si procura all’orecchio, chiara allusione al gesto disperato di Van Gogh. Una schiena nuda di ragazza personifica, altresì, il “tu”. Il cuore disegnato inscrive, dunque, la relazione amorosa in uno spazio non più identificato con il genere ma codificato dalla forza del sentimento assoluto, passando da una situazione isolata ad una situazione unificatrice.
Straziante è la sequenza dedicata ad Action Psyché (Essai) (Azione Psiche, Prova) del 1974-75, in assoluto la performance che condensa e supera a livello filosofico-poetico il linguaggio della Body Art: sul viso di Gina Pane, che ha gli occhi chiusi, colano lacrime di sangue dalle palpebre che ha tagliato in precedenza con una lama di rasoio. Dall’ombelico, centro del corpo e centro del'”Io”, quattro tagli si diramano nelle quattro direzioni principali, «riportando all’unità i punti estremi in una sintesi di amore». In Io mescolo tutto: Cocaina, Frà Angelico, Gina Pane utilizza il corpo come strumento naturale della psiche stessa.
L’azione -30 ottobre 1976- è la prima che viene eseguita in un museo, la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna: due giovani si lanciano una pallina su un tavolo appoggiato al muro, mentre l’artista, servendosi di una scheggia di un vetro andato in frantumi, si incide sull’avambraccio il disegno di alcuni pezzi di un gioco trovati per terra. Il vetro rappresenta un materiale chiave nell’esperienza della performer: in diverse opere, infatti, indica simbolicamente la possibilità si uscire da una cornice che sia sociale, civile o personale «per andare in strada, nel mondo, non a livello dei manichini ma a livello della carne».
Le “Partizioni” sanciscono, nel 1981, l’abbandono dell’uso del corpo come strumento e protagonista dell’arte di Gina Pane. I limiti fisici richiedono, infatti, un cambiamento delle pratiche espressive che si risolve in un ritorno alla scultura: ne L’Homme à la branche verte qui n’avait pas lu les Fleurs du mal – Partition pour une blessure (L’uomo con il ramo verde che non aveva letto i Fiori del Male – Partizione per una ferita), 1982, l’artista torna sull’idea di ferita -simbolo di vita- richiamando i moti poetici dell’Action Sentimentale con una foto che occupa un posto centrale dell’installazione. L’uomo con il rametto verde che non aveva letto i Fiori del Male rappresenta chi la disprezza e di conseguenza è ritenuto ridicolo: infatti, per l’artista, il sangue è un’offerta d’amore verso il prossimo che libera l’uomo dai propri limiti. L’ultima opera presente, che conclude il ventennio in mostra, è Le Son de F. L’homme indien en prière, version 3 (Il suono di F. L’uomo indiano in preghiera, versione 3) del 1986-88. Questa si compone di più pannelli assemblati in rame e in ferro su cui l’artista interviene come se lavorasse sul proprio corpo, infatti il rame non appena viene utilizzato registra i segni del contatto. I pannelli ricordano i polittici delle chiese medievali e la loro disposizione a “T” la forma della croce latina. L’opera è una chiara evocazione di San Francesco e della sua fede, centrali in diverse opere di Gina Pane.
Informazioni utili
Gina Pane dalle collezioni italiane. Opere dal 1968 al 1988.
29 Novembre, 2018 – 23 Febbraio, 2019
dal martedì al sabato, 10 – 13/ 14.30 – 19 (entrata libera)
Osart Gallery
Corso Plebisciti 12, 20129
Milano
www.osartgallery.com
+39 02 5513826
[*Gina Pane, Azione sentimentale, 9 novembre 1973 – Diagramma Milano (detail) Courtesy Anne Marchand | Max Pescio]