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Da Warhol a Richter. A Vienna, l’arte austriaca a confronto con la scena mondiale

Alex Katz, "Ulla in Black Hat", 2010, oil on canvas, 152.4 x 213.4 cm (60 x 84 in). AKZ 1431 Alex Katz, "Ulla in Black Hat", 2010, oil on canvas, 152.4 x 213.4 cm (60 x 84 in). AKZ 1431
Alex Katz, "Ulla in Black Hat", 2010, oil on canvas, 152.4 x 213.4 cm (60 x 84 in). AKZ 1431
Alex Katz, “Ulla in Black Hat”, 2010, oil on canvas, 152.4 x 213.4 cm (60 x 84 in). AKZ 1431

Il secondo Novecento fra Austria e Germania in mostra a Vienna: una panoramica sull’arte dal dopoguerra al Duemila, in circa 80 opere.

Da Anselm Kiefer, Gerhard Richter, Gottfried Helnwein e Andy Warhol, fino ad Alex Katz e Maria Lassnig. Una mostra organizzata da Albertina Museum, visitabile fino al 24 marzo 2019.

Il Novecento è stato, nella storia dell’umanità il secolo che ha visto i più repentini e radicali cambiamenti in fatto di politica, scienza, tecnologia, costumi sociali. Anche il mondo dell’arte, che della società è in un certo qual modo uno specchio fedele, attraversò fasi creative completamente nuove: dall’iper realtà all’astrazione, dalla poetica del colore alla riflessione politica, gli ultimi settant’anni di arte sono stati densi di novità, esperienze, aspri dibattiti e qualche provocazione. Oltre che una panoramica di storia dell’arte recente, la mostra è anche un’occasione di confronto fra l’arte austriaca e la scena mondiale, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Svizzera alla Gran Bretagna, in un periodo storico – dal secondo Novecento ai primi anni Duemila -, denso di cambiamenti.

Arnul Reiner Red land 1960-63 Vienna Albertina Museum
Arnulf Reiner Red land 1960-63 Vienna Albertina Museum

Il sistema del consumismo, indotto dalla società nata nel dopoguerra, costituisce una sovrastruttura che condiziona in profondità le scelte dell’individuo, il cui rapporto con la realtà diviene quasi irrimediabilmente mediato da stimoli esterni di matrice artificiale. Su queste basi, la maniera con cui si guarda al mondo reale, e il relazionarsi con esso, subiscono profonde modifiche, assieme a uno sradicamento dell’individuo dalla sua interiorità, dalle sue radici legate alla natura e ai suoi ritmi, del resto già messi in crisi dalla terza rivoluzione industriale del primo Novecento.

In quei difficili anni della ricostruzione post-bellica, si guardava agli Stati Uniti come al simbolo della democrazia, della pace, del benessere, della novità. Anche in campo artistico, le maggiori influenze vennero da qui, con la città di New York che stava scalzando Parigi dal ruolo di “capitale mondiale della cultura”.

Le urgenze artistiche della fine degli anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta, furono essenzialmente due: da un lato, si voleva cancellare per quanto possibile gli orrori appena vissuti, e per tale ragione si preferì evitare una diretta rappresentazione di una realtà devastata: nacque così negli USA l’Espressionismo Astratto, che ebbe nell’Informale la sua versione europea. Dall’altro lato, però, con il progredire della ricostruzione postbellica in Europa, si vede l’affermarsi del benessere economico sulle due sponde dell’Atlantico. Informale ed Espressionismo Astratto rappresentano una fuga dalla realtà, un tentativo di trasferire su una dimensione più accettabile la violenza della guerra, che più tardi porterà a successivi sviluppi stilistici.

L’austriaco Arnulf Reiner è uno dei più importanti esponenti dell’informale europeo, il cui raffinato uso del colore si rivela particolarmente espressivo nel tratteggiare il confine fra l’immagine e la non-immagine, e apre la strada alla Pittura Analitica del decennio successivo. In assoluta controtendenza a quanto sopra, il pittore Lucian Freud, naturalizzato inglese, si attiene a un doloroso e toccante realismo che non rifugge dai difetti fisici o dalla sofferenza, ma soprattutto sottolinea la capacità di resistenza dell’essere umano all’oppressione delle armi e del potere. I suoi ritratti possiedono profondità psicologica, accentuano le espressioni del volto, nel tentativo di catturare la sensazione di confusione e smarrimento del dopoguerra.

Georg Baselitz. Someone paints my portrait 2002 Vienna Albertina Museum
Georg Baselitz. Someone paints my portrait 2002 Vienna Albertina Museum

Per ovvie ragioni, la Seconda Guerra Mondiale ha avuto sulla Germania, anche a decenni di distanza dalla sua conclusione, un impatto maggiore che sugli altri Paesi. Da questo punto di vista, si evidenzia la suggestiva e drammatica opera di Anselm Kiefer, la cui dimensione monumentale fa pensare ai grandiosi cicli di affreschi dell’Italia rinascimentale; pur legata all’astrattismo, la sua pennellata ampia e pastosa costruisce disturbanti allegorie della guerra, dei lager nazisti, dell’umanità sopraffatta come in un moderno Trionfo della Morte, accentuato dalla prevalenza di colori scuri, quali nero, grigio e marrone. A Kiefer, la mostra affianca altri due artisti di ambito tedesco, e ugualmente monumentali nei formati: Georg Baselitz e Hans Hartung, la cui opera è segnata dalla volontà di ricominciare dal nuovo, di andare oltre l’ordine che la guerra aveva distrutto, e affidare al colore la loro visione del mondo, tragica e sofferta, o comunque rovesciata, come Baselitz lascia intendere cambiando la prospettiva di molti suoi dipinti.

Come accennato sopra, l’affermarsi della società dei consumi portò l’arte a riflettere su questo nuovo fenomeno, e la Pop Art di Tow Wesselmann, Roy Lichtenstein, e naturalmente Andy Warhol, ne rappresenta l’analisi creativa; i beni di consumo, dal cibo alle automobili, dalle sigarette ai fumetti, diventano le nuove icone dell’immaginario collettivo, gli “oggetti dei desideri”, indispensabili per essere alla moda, per essere guardati, per essere ammirati e magari anche invidiati. Il circo mediatico dei social network, in un certo senso nacque allora, almeno nel concetto.

Andy Warhol - Mercedes Benz Formel Rennwagen W125, 1987 The Andy Warhol Foundation for the visual arts
Andy Warhol – Mercedes Benz Formel Rennwagen W125, 1987 The Andy Warhol Foundation for the visual arts

Ma con gli anni Settanta e la radicalizzazione politica, aumenta anche la sensibilità dell’arte verso le problematiche sociali, in un’epoca che quasi obbliga a schierarsi. L’austriaco Gottfried Helnwein attraverso l’iper realismo, declinato secondo i canoni della fotografia di moda, affronta con sottile provocazione tematiche sociali quali la negazione dei diritti dell’infanzia, la schiavitù sessuale, la tossicodipendenza. Il suo approccio diretto, vicino alla narrativa americana di Updike e Cheever, fece sì che lo scrittore Norman Mailer lo definisse “uno dei pochi pittori emozionanti che abbiamo oggi”. Con uno stile assai diverso, ma con il medesimo intento, l’austriaca Maria Lassnig – fra le prime a fare del corpo il punto focale della propria creatività -, sottolinea, anche per via di metafora, la fragilità dell’essere umano davanti alla violenza dell’umanità stessa.

Maria Lassnig - Potato press, 1989 Vienna, Albertina Museum
Maria Lassnig – Potato press, 1989 Vienna, Albertina Museum

Sulla scorta degli anni Settanta, si afferma una nuova generazione di artiste che affrontano tematiche legate al femminismo, ai diritti delle donne, e a una nuova interpretazione del corpo umano. Kiki Smith, americana di origini tedesche, affronta tematiche di genere, così come la vulnerabilità fisica dell’essere umano (gli anni Ottanta vedono il diffondersi dell’AIDS), e il corpo umano è una sorta di filo conduttore di gioie e dolori.

Con gli anni Novanta, che vedono la nascita di internet e della globalizzazione, il mondo si restringe, la realtà ha sempre più imitazioni virtuali, e l’arte è di nuovo costretta a ridefinire il suo approccio verso dinamiche totalmente nuove. L’austriaca Brigitte Kowanz, presente anche alla Biennale di Venezia del 2017, lavorando con i neon, gli specchi, il video, affronta l’irrompere di internet nella vita quotidiana, che ha rivoluzionato sia la comunicazione, sia l’accesso alle informazioni, con inevitabili ripercussioni sulla formazione dell’opinione pubblica.

Solitamente ricordata per i suoi fasti imperiali perduti, l’Austria non è invece altrettanto frequentemente associata alla scena artistica del Novecento, alla quale ha invece contribuito in maniera sostanziale, in continuo dialogo con l’altra sponda dell’Atlantico. La mostra dell’Albertina, curata da Antonia Hoerschelmann, traccia le tappe di un percorso ampio e variegato, sullo sfondo dei grandi movimenti artistici mondiali.

 

ALBERTINA CONTEMPORARY
Warhol to Richter
FINO AL 24 MARZO 2019
www.albertina.at

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