Riflessioni e sviluppi del workshop Becoming – Arquitectura Gaseosa, curato dall’architetto Emmanuele Lo Giudice presso il Padiglione Spagnolo di Axtu Amann
La Biennale di Architettura di Venezia si conclusa da poco e sono stati tanti gli eventi in Laguna di grande importanza. Senza dubbio uno degli eventi più interessanti è stato il workshop Becoming – Arquitectura Gaseosa, curato dall’architetto Emmanuele Lo Giudice presso il Padiglione Spagnolo di Axtu Amann, considerando la mole di seminari open lecture organizzati al tramonto della Biennale. Dal 6 all’11 novembre la partecipazione di artisti, architetti professori e importanti personalità come Giorgio De Finis, direttore artistico del progetto Museo Macro Asilo di Roma; Agostino De Rosa, docente IUAV e collaboratore di James Turrell e del regista Werner Herzog; Massimo Mazzone, scultore, intellettuale e portavoce del collettivo anarchico Escuela Moderna/Ateneo Libertario, nonché docente a Brera da oltre 20 anni; Tiziana Migliore, docente a Roma Tor Vergata e vicepresidente dell’Associazione Internazionale di Semiotica Visiva; Rosa Jijón, segretario culturale del IILA, Istituto Italo-Latinoamericano; Renato Bocchi, docente di Teoria dell’Architettura presso l’Università Iuav di Venezia; l’artista venezuelana Clemencia Labin, presente alla Biennale di Venezia 2011. Senza dimenticare Eva Acosta Perez, Matteo Aimini, Vincenzo Di Siena, Filippo Florian, Eleonora Gugliotta, Elena Padovani, Daniele Scarpa Kos, Alessandro Zorzetto, professionisti di alto profilo, ed infine, ma non per ultima, Floriana Orlandino, autore con lo studio prog.arch.design del primo studio mobile di architettura. Anche la partecipazione del pubblico al workshop è stata notevole tanto che, per le numerose richieste, ha visto superare il numero massimo di iscrizioni, dalle 20 iniziali a quasi 30 partecipanti venuti da varie parti del mondo.
Un notevole numero di persone coinvolte quindi, che hanno trasformato il padiglione spagnolo in un vero e proprio laboratorio didattico, dove ci si è soffermati a riflettere sulle attuali possibilità architettoniche e su una diversa “essenza processuale” attraverso cui operare, proposta da Emmanuele Lo Giudice, tanto che il progetto prosegue nella collaborazione con Macro Asilo, dove, alla fine della primavera, frutto di mesi di lavoro, vedranno la luce dei veri e propri padiglioni trasformabili, ispirati all’idea di Architettura Gassosa, sulla terrazza del Museo. Pensiamo solo ai partecipanti al “taller”: Michele Beltrame, Margherita Paola Manfrinetti, Martina Riso, Leonard Gjata, Marika Parisi, Stefano Nuzzo, Marta Kubasińska, India Kaptan, Monika Garncarczyk, Sandro Bonomo, Lucia Bonomo, Mauro Campagnaro, Francesco Antonio Bragagna, Sotiria Fasoi Mylona, Maria Pernice, Shenhave Ragiv, Silvia Orione, Ángel Daniel Pérez Grajales, Leonardo É. Flores Ojeda, Yuria A., Toriz de la Cueva, Ludwing Jhonathan Rojas Reyes, Carolina Micaela Herrera Diaz e Karol Nicole Altamirano Castaneda sono solo alcuni tra gli studenti, professionisti e studiosi che hanno partecipato. Come suggerisce il titolo stesso del libro-manifesto, base concettuale del discorso, in Architettura Gassosa, per un nuovo realismo critico Lo Giudice propone un’architettura che ricorda le proprietà tipiche di un gas. Un’architettura capace di invadere gli spazi, creando sempre nuove relazioni che si modificano e si adattano al luogo e ai visitatori stessi. Ciò che si propone è un dispositivo architettonico relazionale costituito non da limiti materici, ma da atmosfere che si modificano a seconda dei casi. Un’architettura fortemente legata alle sue “proprietà” intrinseche, che lascia in secondo piano l’aspetto formale. Gli antecedenti – intendiamoci – sulla possibilità che uno spazio architettonico e plastico si trasformi, organicamente, psicologicamente, socialmente sono di tutto rispetto, da Giancarlo de Carlo a Yona Friedman, da Carrino ai Situazionisti, da Colin Ward a José Juan Barba alle teorie di Bauman e alla Scuola di Geografia di Leeds, fino a Saskia Sassen e a Manuel Castells. Perché l’Architettura Gassosa intende occuparsi in primo luogo di un luogo/topos, Moderno (e torna qui il contributo di Barba, architetto e intellettuale illuminato nonché editore pluripremiato per Metalocus.es). Meta-Locus, visioni greche e latine, che sono nel nostro DNA in quanto a “concezioni spaziali”. Infatti il museo è un luogo cardine della modernità, è nel museo che in definitiva si legittimano sia, la speculazione economica, sia la santificazione della guerra e del terrore, sia le rivoluzioni (Louvre docet), sia il senso stesso della capacità di una società di riconoscersi in valori condivisi.
Per comprendere meglio le caratteristiche di questa proposta, durante il workshop veneziano si scelse di concentrarsi su un tema architettonico specifico: il museo, analizzando e studiando le opere di quattro diversi artisti, Clemencia Labin, Massimo Mazzone, Eleonora Gugliotta e Daniele Scarpa Kos, da questo muove l’esigenza di proseguire la ricerca negli spazi “liberi” di un museo sperimentale quale è il Macro Asilo di Giogio de Finis. Se non ora quando? Così la presentazione è anche, come direbbe Duchamp, un “anticipo per un braccio rotto”, una scommessa, che punta a collegarsi al passato, a intercettare il presente e tuttavia a osare di lanciare il cuore oltre gli ostacoli, per una architettura “di servizio”, non più calligrafia di poche archistar ma Bene Comune, condiviso e compreso.
Afferma Emmanuele Lo Giudice, “il museo risulta essere un ottimo punto di partenza. Se lo si scompone secondo le sue proprietà, è infatti possibile comprendere come ciò che realmente lo caratterizza non è l’edificio istituzionale, ma le forti relazioni che coesistono tra le opere esposte e il suo fruitore”.
Ne consegue che l’edificio non ha più particolare importanza, in quanto i soggetti primi dell’esperienza sono appunto, le opere con cui i visitatori possono interagire. Tali opere sono protette da teche, che si inseriscono nello spazio come se fossero delle particelle gassose libere di muoversi. Interessante anche il fatto che in questo progetto che è un progetto di architettura a tutti gli effetti, un ruolo significativo viene dagli studenti di Brera, così che la presenza informale di una Accademia di Belle Arti, contribuisce alla ricostruzione di un certo tipo di Umanesimo Rinascimentale quando le discipline non erano separate come oggi.
Da Brera parteciperanno alla costruzione dei padiglioni temporanei, tra gli altri: Paolo Manfredi, Nicola Rossini, Elisa Curzi, Lorenzo Barberis, Marta Longa, Andrea Como, Michela Zanini, Lucia Cantò, Maria Angelica Azzulli, Sono le teche a costituire le basi per il museo gassoso che non è più pensato come un edificio, ma come un’opera costituita da diversi “spazi” che dialogano tra loro. Ad una società “gassosa” potrebbe quindi corrispondere “un’architettura gassosa” che sia interattiva e mobile, basata sul dialogo e sullo scambio. É dunque da queste premesse che il workshop “Becoming – Arquitectura Gaseosa” ha dato vita ai progetti per le prime quattro sale di un Museo Gassoso, tenendo impegnati tutti i partecipanti per 5 giorni in una discussione sull’attuale situazione dell’architettura e la rivalutazione della stessa.
Matteo Binci