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Leggera lamina languida, tra vanitas, gioco e morte. La magia della bolla di sapone nell’arte

Ranvier in mostra a Perugia *
Ranvier in mostra a Perugia
*

La lamina saponata in tutte le sue sfaccettature. Un excursus sulla nascita dell’interesse artistico, scientifico e culturale della bolla di sapone. Bolle di sapone. Forme dell’utopia tra Vanitas, arte e scienza, alla Galleria Nazionale dell’Umbria (PG) dal 16 marzo al 9 giugno 2019, è una mostra interdisciplinare che si sviluppa attraverso una sessantina di opere (da Bruegel a Chardin, da Millais a Man Ray) percorrendo quasi cinque secoli di storia, dagli incunaboli cinquecenteschi ai recenti studi di Michele Emmer, curatore della mostra assieme a Marco Pierini.

Pareti color carta da zucchero avvolgono le lamine di acqua saponata. Volteggia tra arte e scienza la bolla in mostra, storia e iconografia di questa leggera forma eterea, quasi mistica, di sicuro magica. Prima assoluta mondiale alla Galleria Nazionale d’Umbria. Mai fino ad oggi nessuno aveva messo in scena quella soffice materia elastica dalla geometria stabile e dalla superficie matematica. Ci ha pensato Marco Pierini, direttore del museo, con Michele Emmer, matematico e indagatore da sempre di Sua leggera altezza Bolla, col prezioso contributo di Veruska Picchiarelli e Carla Scagliosi. Palazzo dei Priori si riveste di toni (e modi) azzurro zuccherini, cangianti a seconda dell’unica fonte di luce naturale stillata dalla trifora veneziano-perugina spalancata a fondo sala, quasi ad assecondare le lamine esposte. Catturate, scovate, analizzate e raccolte da quasi tutte le parti del mondo (da Washington a San Pietroburgo) per ricomporne l’iconografia secolare. Da effetto collaterale della diffusione del sapone in Europa a metà Cinquecento, allo sbarco su tela nei Paesi del Nord al cadere del secolo (una serie di incisioni di Hendrick Goltzius, 1558-1617, dà il via alle danze), primissimi ad essere stregati da quella ambigua leggerezza. Allegoria in principio delle fragilità e vanità delle ambizioni umane, miscela di matematica e sapone dalle ingannevoli e spettacolari effimere iridescenze. Presenza inconsistente, vana come la vita. Simbolo di caducità, resa inizialmente per trasparenze cristalline e giochi di luce (quella riflessa dalle finestre delle stanze buie di Cornelisz con tanto di volto criptico incastonato, quella solare di Dujardin, quella “strisciante” di Cuyp o quella folle di Bruegel), col passare del tempo ritrova e riverbera il suo prisma in superficie. Non mancano passaggi solidi che la vedono compattarsi nel bianco marmo e nel panna avorio di una paio di sculturine alate sei-settecentesche, e stendersi nelle tessere di pietre dure che librano bolle di madreperla nell’aria minerale, colte dalle figurine ritagliate nella gemme col cappello aperto (un’Allegoria dell’Aria del 1750). Brillante, colorata, lucente, quasi metallica. Addensatasi negli strati di pittura di Mancini dai riflessi giallo-verdi stagliati sull’ocra che pregna lo sfondo o freddamente saturata nel magico realismo novecentesco di Cagnaccio di San Pietro (1897-1946). Le sfumature simboliche si fanno scientifiche e passano lo scettro di vanitas, destino e variabili malinconie ad inferenze e rifrazioni sottilmente erotiche, scientifiche, ludiche. Il passo dall’Olanda e Germania alla Francia è breve, via Fiandre, brevissimo. Chardin (1699-1779) soffia nei primi decenni del Settecento le sue bolle nei panni di una lavandaia… Prima Couture (1815-1879) poi Ranvier (1832-1896), ma soprattutto Manet (1832-1883) ne raccoglierà essenza e testimone immortalando nella (bi)dimensione piatta e cruda, grigio-bruna, moderna la pittura franta sfaldata di stampo olandese e spagnola. I puttini soffia-bolle dell’Homo Bulla, simbolo della transitorietà dell’esistenza e della fanciullezza, si trasformano in veri e propri bimbi contemporanei “affetti” da gioco, colti a spassarsela alla finestra con cannuccia e ciotolina di acqua saponata. Dal candido stupore del piccolo Newton di Palagi (1775-1860) agli sguardi curiosi del bimbo colto nell’affiche del sapone Pears “rubato” a Millet (1814-1875). Intrigante e silenziosa, la bolla può farsi lasciva. Il sopracitato Ranvier la utilizza come sonora scusa, banale pretesto, per dipingere l’ingenuità erotica di una perlacea fanciulla dai capelli arancio fuoco, rapita e stupita da una bolla che penetra l’oscurità, se ne intuisce un leggero riflesso. La bolla praticamente non c’è, la luce colpisce in pieno le carni dell’adorante dolcezza lunare, il resto è metafora. Carcano (1840-1914) poco più tardi rimette le nudità al loro posto, lasciando scivolare piano piano solo una timida spallina maliziosa di una Donna leggera, così recita il titolo dell’opera. Occhi liquidi spiritati di una giovane persa con le sue bolle, ritratta come un’ombra allo specchio. Terribilmente fatale, come una circe di von Stuck, con le nostre equivoche lamine saponate che vagano indisturbate nella stanza. Seducenti ambivalenze, le bolle. Siano soggetto, oggetto, simbolo, pretesto, o semplicemente aggregazioni organiche di materia, queste lamine geometriche dalla minima e matematica superficie rappresentano (da sempre) un incanto che si libra e libera nell’aria. Un canto sospeso, leggero ma denso. Qualcosa di ineffabile. Perché è vero che Dio geometrizza sempre, tutto, però sta all’uomo conferirne la magia. Soffiandoci sopra.

Le immagini della mostra

Allegoria dell'Aria
Allegoria dell’Aria
Chardin
Chardin
Cornelisz
Cornelisz
Cuyp, particolare
Cuyp, particolare
Bolle di sapone in mostra
Bolle di sapone in mostra
Ranvier
Ranvier
Palagi
Palagi
Cagnaccio di San Pietro
Cagnaccio di San Pietro
Mostra Bolle di Sapone
Mostra Bolle di Sapone
Mostra Bolle di Sapone
Mostra Bolle di Sapone
Carcano
Carcano
Sapone Pears da Millet
Sapone Pears da Millet
Mostra Bolle di Sapone
Mostra Bolle di Sapone
Adele immersa nelle bolle
Adele immersa nelle bolle

*Ranvier in mostra a Perugia

Informazioni utili: https://gallerianazionaledellumbria.it/

Leggera lamina languida, tra vanitas, gioco e morte. La magia della bolla di sapone nell’arte

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