1,2,3 mostre + 1 al MA*GA di Gallarate. Si risveglia la primavera e con essa il Museo Arte Gallarate, che lancia contemporaneamente 4 mostre. Tutte differenti, ma ognuna valida nella propria individualità.
Stefano Cagol, IPEROGGETTO. Visioni tra confini, energia ed ecologia. Dal 24 marzo al 15 settembre.
Gli Iperoggetti sono un’elaborazione filosofica ad opera del filosofo americano Timothy Morton, che li definisce come “entità diffusamente distribuite nello spazio e nel tempo, che ci obbligano a riconsiderare le idee fondamentali che ci siamo fatti su ciò che significa esistere, su cos’è la Terra, su cos’è la società”. Sistemi di tale complessità e importanza sono da sempre appartenuti alla ricerca artistica di Stefano Cagol, che pone al centro delle sue opere (spesso sperimentali) tre grandi questioni: il problema energetico, quello climatico e quello geopolitico.
Tra installazioni che rilevano la produzione e lo spreco di energia attraverso telecamere ad infrarossi (The Body of Energy) e monoliti di ghiaccio che si sciolgono al sole lagunare di Venezia (The Ice Monolith), l’esibizione si inscrive perfettamente nel solco della sempre più stringente battaglia ambientalista. Questo non preclude però a Cagol di sviluppare interessanti soluzioni artistiche, come la realizzazioni di ambienti che uniscono fotografia e scultura. Così la mostra riesce ad accompagnare l’urgenza di una presa di coscienza con la correlazione emotiva tipica dell’opera d’arte, da cui emerge fascino e pericolo nei confronti di un orizzonte che sfuma.
Planète, Il cinema sperimentale di Gianfranco Brebbia, Marinella Pirelli, Bruno Munari e Marcello Piccardo. Dal 24 marzo al 5 maggio.
Film e sperimentazione sono al centro della mostra curata da Vittoria Broggini, conservatore curatore del museo MA*GA, che lega le opere avanguardistiche di quattro autori quali Giangfranco Brebbia, Marinella Pirelli, Bruno Munari e Marcello Piccardo. Accomunati dall’utilizzo del mezzo cinematografico e dal tessuto culturale in cui sono cresciuti (Varese, Como, Milano), tutti loro hanno provato, con successo, a portare la narrazione filmica ad un livello ulteriore, sfruttando uno sguardo immaginario e radicale.
Il titolo della mostra, Planète, si ispira al nome della rivista francese degli anni Sessanta e al suo taglio critico e fresco con cui analizzava e restituiva la società del tempo. Con lo stesso piglio innovatore i quattro autori hanno realizzato le loro opere filmiche, esposte in mostra tramite due modalità: un’installazione fissa con una selezione di film racconti per tematiche e un programma orario di proiezioni di approfondimento monografico sul linguaggio specifico di ogni artista.
Giannetto Bravi. Opere 1966-2013. Dal 24 marzo al 5 maggio.
Curata dal direttore del museo Emma Zanella, la mostra si presenta come un omaggio a Giannetto Bravi. Di origine napoletana ma vissuto in provincia di Varese, la sua arte è configurabile tra la corrente concettuale e quella astratto-geometrica. 30 opere ne ricostruiscono le tappe più significative e, oltre a costituire l’esposizione temporanea, rimarranno in modo permanente al MA*GA grazie alla concezione della moglie di Bravi, Laura Bonato.
Il percorso concettuale di Bravi si è indirizzato particolarmente sulla riflessione attorno agli stereotipi e agli immaginari collettivi, estrapolati e ripetuti in modo metodico. Ne sono un esempio pregnante le fotografie e le cartoline, oltre che una serie di opere ready-made che ne mettono in luce il lato ironico ma tutt’altro che superficiale.
Karina Bikbulatova. Due parallele. Dal 23 marzo al 5 maggio.
Chiude il quartetto di mostre la debuttante Karina Bikbulatova, giovanissima fotografa russa vincitrice del concorso Riccardo Prina “un racconto fotografico”. Poche fotografie, ma veramente interessanti, realizzate in bianco e nero e accomunate da una storia che le lega.
“Due bambine, Gulshat e Alina, si incontrano in un villaggio russo una volta all’anno. Giocano, parlano e si fanno le tracce ai capelli. Sono sorelle, ma non lo sanno. È una situazione sospesa, che si ripete ogni anno e che nessuno ha mai potuto o voluto chiarire. Due vite che scorrono parallele e che non dovrebbero intersecarsi mai, secondo il V postulato di Euclide. Eppure questo accade, come nella geometria iperbolica di Nikolaj Ivanovič Lobačevskij. In un villaggio russo due rette parallele si incontrano una volta all’anno”
Karina Bikbulatova