La 7° edizione di Art Basel Hong Kong 2019 ha aperto fra mercoledì giovedì per i VIP collectors, e ufficialmente al pubblico da venerdì, accompagnata da una vibrante settimana di eventi che hanno animato la metropoli asiatica, confermandone l’inserimento nella mappa globale del mondo dell’arte.
Fin dai primi passi in fiera è impossibile non rimanere affascinati dal futuristico aspetto scintillante del pallone aerostatico di Lee Bul, che accoglie i visitatori per imbarcarli subito in un mondo di capolavori e opere di grande livello. Solo poco più in là ci si può infatti imbattere in un David Hockney dal valore di $19 milioni presentato da Acquavella ( il ritratto del leggendario curatore Henry Geldzahler con la sua partner), come poi un imponente tela gialla di Basquiat Onion Gum (1983) da Van de Weghe dal valore di $18 milioni, o lo Egon Schiele da $12 milioni presentato in un intero booth di disegni e altre opere dell’artista da Richard Nagy, e questi sono solo alcuni dei capolavori presentati in questi giorni a Hong Kong.
L’energia a questa edizione di Art Basel Hong Kong è stata vibrante fin dalle prime ore, tanto che dopo pochi minuti dall’apertura David Kordansky Gallery annunciava già alla stampa “exciting sales updates“, con la vendita di tutta una serie di opere, fra cui un Fred Eversley per $250,000, un Rachid Johnson ($210,000) e due opere di Jonas Wood (rispettivamente per $175,000 e $$120,000). Altre vendite delle prime ore riportate dalle gallerie includevano una Campbell’s Elvis (1962) di Andy Warhol da White Cube per $2.85 milioni e un’opera della nuova operazione in casa Zwiner, Alice Neel per $1.7 ( David Zwirner pare abbia comunque già fatto sold out dell’intero booth nei 2 giorni di preview, vendendo tutte le colorate sculture di Carol Bove per $400,000 /$500,000). Hauser & Wirth ha invece dichiarato di aver già chiuso la vendita per un valore superiore ai 3 milioni, con opere di Mark Bradford, Jack Witten e Arshile Gorky, oltre ad aver venduto già tutte le opere di Louise Bourgeoise presenti nel primo solo show ad Hong Kong dell’artista inaugurato in questi giorni nella propria galleria nella H Queen tower.
Secondo Artnet circa 40 mila persone hanno viaggiato su Hong Kong questa settimana specificatamente per la fiera, che si conferma anche quest’anno sia per numeri che per qualità la più importante fiera d’arte in Asia, giunta ormai alla sua 7′ edizione. Tanti sono stati anche i collezionisti Americani e Europei, che hanno affrontato un volo di 12/16 ore verso la moderna capitale asiatica, come nel caso del noto collezionista/mecenate di sede a Miami Don Rubell o della nostra Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, entrambi avvistati aggirarsi fra i vari booth in questi giorni.
Pur avendo cambiato proprietari e nome nel corso degli anni – Art Basel Hong Kong nasce nel 2013, quando MCH Group acquista Art Hong Kong- fin dai suoi inizi nel 2008 la fiera è stata una piattaforma importante di collegamento fra occidente e oriente, che ha contribuito ampiamente a cambiare la natura della scena dell’arte cinese ( ma non solo) aprendola all’ambito internazionale, sia in termini di domanda che di offerta. La nascita aveva al tempo coinciso con un momento di enorme crescita del mercato e in generale dell’economia cinese, che aveva visto parallelamente una crescita dell’interesse, soprattutto in termini di investimento, anche nell’arte e in particolare nel contemporaneo.
>> La fiera in relazione al Mercato dell’arte in Cina
Secondo l’ultimo report UBS firmato da Clare McAndrew, il mercato dell’arte cinese ha raggiunto un valore totale di $12.9 miliardi nell’ultimo anno, collocandosi però terzo dopo US e UK, quindi perdendo la seconda posizione registrata invece l’anno precedente dallo stesso report. Questo ultimo aspetto ha portato il survey presentato pochi giorni fa a TEFAF firmato da Kejia Wu (ora al Sotheby’s Institute of Art , dopo diversi anni d’esperienza nel advsign per musei, biennali e fiere in Cina) a sostenere che il mercato cinese stia andando ormai più verso un definitivo rallentamento, che assestamento e consolidamento, dopo i vari anni boom.
Eppure l’aria che si respirava in fiera e per la città in questi giorni, e l’opinione dei diversi attori locali, può dare solo tutta un’altra impressione.
Il fatto è che l’equazione Art Basel Hong Kong = Cina non può funzionare perché: 1. spesso da occidentali dimentichiamo le grandi differenze/divisioni ancora attuali fra Cina continentale e Hong Kong (tanto che un abitante della mainland deve ottenere e pagare un visto specifico per entrare a Hong Kong, e mai per più di 7 giorni consecutivi se non si trasferisce per lavoro) ; 2. Art Basel Hong Kong, e la città in generale come capitale economica/finanziaria ma anche culturale, non è né Cina né solo Cina, e piuttosto, in quanto ex colonia Inglese, è da sempre una piattaforma interessantissima che connette all’occidente e fra loro tutto il Sud est asiatico e Pacifico, fra cui Singapore, Taiwan, Corea, Giappone, Malesia, Indonesia, India e perfino Australia.
Un altro fattore decisamente interessante emerso anche nel talk “A Contemporary Assessment – The Art Market Now” ( inserito nel notevole programma Conversations di Art Basel HK e che ha visto intervenire proprio Dr. Clare McAndrew con Adrian Zuercher, Bhavna Kakar, Leng Lin, Zhang Wei, Elaine W. Ng) che ci porta in qualche modo a mettere in discussione la recente posizione presa a TEFAF, è il numero crescente di collezionisti asiatici soprattutto fra i Millennials, figli di una seconda generazione di consolidato benessere imprenditoriale e desiderosi non solo di affermare il proprio status, ma anche di prender parte dell’affascinante e coinvolgente mondo dell’arte, e nutrire nuovi interessi anche più culturali. Basti guardare ai dati rilevati da Claire McAndrew nell’ultimo UBS Art Market report, secondo cui i millennials rappresentano ben un 39% dei collezionisti su Hong Kong.
Tale fenomeno è sicuramente un elemento impossibile da ignorare, nel speculare sul futuro del mercato asiatico, che sembra avere per questo ben più ampie prospettive e speranze di sviluppo, soprattutto quando se poi si considera che gran parte di questi nuovi collector entrano nel mercato spesso lo fanno in “grande stile“, puntando direttamente all’acquisto di un’unica opera sopra il milione. Aldilà degli anni che hanno davanti, per nutrire il proprio gusto collezionistico, e accrescere le loro collezioni.
>> I Trend
Art Basel Hong Kong costringe in parte le gallerie occidentali ad adeguare i propri booth a quelli che possono essere i gusti dei compratori asiatici, talvolta possiamo pur dire più tendente verso un certo Kitch glamour facilmente instagrammabile. Dominano così in giro per la fiera i Murakami (in particolare il monumentale fiore dorato da Perrotin e i medi faccioni floreali da Gagosian) che ben si sposano con le farfalle dorate di Damien Hirst o le divertenti illusioni della Marquee mobili di Philippe Parreno , ma non mancano anche nomi orientali oggi fra i più ricercati dal collezionismo locale, come i Zao Wuo Ki (interessante che un’opera dell’artista sia stata presentate anche dalla galleria italiana/londinese Cardi) e i Zhang Xiaogang da PACE, (due dei quali sono stati venduti a una fondazione Cinese per $1 milione).
Rispetto anni fa sembra potersi invece salvare dal facile cliché del gusto regionale Thaddaeus Ropac, che sceglie questa volta di affiancare i 30 colorati Mao di Warhol (30 Colored Maos Reversal Series, 1980) ad altri lavori figurativi dello stesso periodo di artisti come Georg Baselitz e Sigmar Polke.
Apprezzabile vedere poi una definitiva rivalutazione e consacrazione di tutto il movimento Gutai, oggi presentato nella sua interezza: presenti in entrambe le fiere non solo i nomi più celebri come Shimamoto e Shiraga, ma anche in altri sulla via del rilancio come l’allora pionieristica Atsuko Tanaka, grazie anche allo show dedicato al movimento da Hauser & Wirth a New York,nella sua galleria nell’Upper East Side.
In generale, guardando ad Art Basel e ad Art Central, ma anche al programma delle gallerie della città nel periodo dell’art week, possiamo dire che uno dei trend dominante è quello di un iperrealismo, soprattutto di figure umane, spesso con una bellezza idealizzata come nel caso di Ling Jian e le sue figure vicine al mondo delle quasi surreali pubblicità di cosmetici locali.
Altro trend ricorrente è quello di puntare su colori sgargianti e vivaci, spesso accompagnati da un stile caratterizzato certo infantilissimo/caricaturale, ispirato al mondo cartoon o manga, ma anche fantasioso e talvolta grottesco, che possiamo individuare in artisti come Heri Dono (in particolare la nuova serie di dipinti e l’installazione presentata da The Colums Gallery ad Art Central) ma anche in parte nella scelta di David Zwiner di presentare un solo show del tedesco Neo Rauch nella galleria in Central.
Vi è infine da parte delle gallerie una particolare attenzione nel cercare di conquistare i collezionisti asiatici puntando sul loro particolare apprezzamento di una certa meticolosità e temporalità quasi artigianale impiegata nel lavoro, e soprattutto nell’ambito di opere ispirate da tecniche tradizionali come quella di arazzi o altre fatture tessili/ricamo, o un disegno molto dal tratto fitto, che possa richiamarsi alla tradizione, e spesso ritualità, dell’arte della calligrafia e pittura nell’estetica orientale.
>> Le Gallerie Italiane ad Hong Kong
Si difende ad Art Basel ( meno in Art Central) la presenza delle gallerie italiane, portando il meglio del Modern & Contemporary italiano, ma non solo.
Diversi bollini rossi per le diverse nature morte e paesaggi di Giorgio Morandi presentati da Galleria d’Arte Maggiore di Bologna, insieme ad un affascinante Magritte e una Piazza d’Italia di De Chirico che ha incantato con la sua misteriosa atmosfera metafisica e cromie sgargianti diversi visitatori asiatici soffermatisi per diversi minuti davanti all’opera.
Un’ampia tela di Mimmo Rotella dominava invece lo stand di Cardi, PM (1989 ,150.0× 300.0 cm, accompagnato da un Tapiés bianco, due colorati Dubuffet anni ’70/’80 ma anche una composizione firmata da Zao Wou Ki del ’71 e ispirata J.M.W. Turner dal valore di $1.6 milione.
Come sempre il meglio del postwar italiano era invece di casa da Tornabuoni Art, presente con un’ampia selezione di opere iconiche di Lucio Fontana (in particolare un 3 tagli Rosso, particolarmente perfetto per il valore simbolico del colore in Asia), ma anche Alighieri Boetti, Alberto Burri, Alberto Biasi e i più contemporanei Francesca Pasquali e Mikayel Ohanjanyan.
Stessi nomi dei maestri del postwar e stessa qualità anche per Mazzoleni, che include però nel suo stand anche una tela del ’62 di Hans Hartung, un Ettore e Andromaca ( 1959) di Giorgio De Chirico e un nudo reclinato su plywood di Tom Wassermann, Reclining Stockinged Nude (Brunette with Red Stockings), 1982.
Italiani ma con sede a Hong Kong e Londra Rossi & Rossi dedica lo stand in fiera principalmente all’artista americano-iraniano Siah Armajani (di cui è ora in corso una mostra al Met Breuer di New York, Siah Armajani: Follow This Line, fino al 2 Giugno 2019) mentre ad un’ampia selezione di livello di moderno/postwar è ospitata dal suggestivo spazio in South Island Cultural District, dove troviamo Fontana, Castellani, Bonalumi, Boetti ma anche Carol Rama e Carla Accardi ( NB. Nascosto però anche in fiera, se chiedete, potete trovare un bel paesaggio di Morandi del ’60).
Passando al contemporaneo, stand dal tono più internazionale, ma come sempre fornito di grandi nomi, per Galleria Continua, che porta a Hong Kong una suggestiva installazione di nuvole di Leandro Elrich (a seguito dell’ampia mostra che l’artista ha avuto a Tokyo al Mori Museum l’anno scorso in questo stesso periodo, e dopo che l’abbiamo potuto conoscere anche in Italia all ‘Oratorio di San Filippo Neri a Bologna durante la scorsa Artefiera), Anish Kapoor , un Michelangelo Pistoletto (della recente serie del 2018, fatta in occasione dell’ultima mostra a lui dedicata nello spazio di Bejiing ), Pascale Marthine Tayou e Antony Gormley (in concomitanza con la suggestiva mostra agli Uffizi a Firenze).
Francesca Minini offre invece a conoscenza del pubblico internazionale le lampade di Carla Accardi, ma anche leve emergenti del panorama italiano, come Jacopo Benassi, Elena Damiani e i colorati delicati collage tessili di parole e poesia di Riccardo Berretta, affiancati e valorizzati insieme a nomi già celebrati del contemporaneo come Daniel Buren o Robert Barry.
Massimo De Carlo, insieme a Perrotin e Kukje Gallery è invece protagonista nella sezione Encounters con la suggestiva installazione di una città sospesa, City in the sky (2019) realizzata dal duo Elmgreen & Dragset, a cui dedica anche un solo show nello spazio in H Queen. Nel suo stand troviamo invece, fra gli altri, le divertenti opere di Castern Höller e l’orso di Paola Pivi, ma anche artisti della regione come Lu Song e Wang Yuyang.
Altre gallerie Italiane presenti sono Franco Noero, Lorca O’Neill, Alfonso Artiaco e Lia Rumma, di cui semplicemente incanta e offre sollievo di contemplazione il suggestivo abbinamento del celeste Ettore Spalletti Parole di colore, azzurro con una sua scatola di colore candido del ’81, accompagnato da alcuni disegni di William Kentridge, una recente serie di Thomas Ruff del 2016, e una foto dalla performance di Marina Abramovic del 1977 Relation in Time.
>> Non solo Art Basel, ma un ricco programma di eventi collaterali fra gallerie e istituzioni locali
Certo, nell’immaginario comune Hong Kong non è ancora fra le destinazioni principali a cui i più possono pensare per vedere arte, soprattutto contemporanea.
Alla fine la città non può più contare nemmeno sul suo museo più importante da quando nel 2015 il Hong Kong Museum of Art ha chiuso per un “rinnovamento“, rimasto ancora a data da definirsi. Stessa sorte di un eterno rinvio sembra esser toccata poi anche all’apertura del tanto atteso (ma anche tanto discusso) mastodontico museo di “visual culture” M+ firmato da Herzog & de Meuron, destinato, fra le varie altre attività, anche ad ospitare le opere donate dal collezionista svizzero Uli Sigg ( che vanta la collezione più ampia e inclusiva di arte cinese contemporanea), e incluso all’interno nel più ampio progetto del West Kowloon cultural district ( che vede per ora completata solo Xiqu Centre, imponente tempio per l’Opera Cinese, evidentemente un progetto ritenuto più importante nelle priorità politiche di celebrazione dell’identità nazionale). La momentanea sede parziale nel M+ Pavillion ospita però nel frattempo un’altra mostra imperdibile di questa art week, Noguchi for Danh Vo: Counterpoint, che mette in un interessante dialogo opere d’arte e design dei due artisti orientali.
Per queste e altre ragioni, molti continuano a sostenere che Hong Kong sia destinato a solo l’ennesimo caso di fiera d’arte in mezzo al deserto culturale,che si riappropria della città una volta che “circo della fiera” se ne va.
Eppure, se ci si avventura ad esplorare la scena artistica e creativa locale, si possono invece scoprire altrettanti spazi interessanti che stanno sorgendo, o si sono già affermati nella città con un programma di pieno livello. Realtà come gli incantevoli spazi Asian Society di Hong Kong ( che celebra al momento un noto artista di Hong Kong Hon Chi-fun, ma ospita anche una suggestiva opera site- specific del noto artista americano James Turell, Yukaloo, la prima in un’istituzione ad Hong Kong) o il Tai Kwun Centre for Heritage Arts, pur contando su ampie risorse economiche private (Hong Kong Jockey Club) o istituzionali purtroppo oggi non sempre disponibili in Europa, offrono un modello particolarmente virtuoso di istituzione artistico/culturale a beneficio e stimolo della comunità locale.
In particolare, il Tai Kwun si presenta come un progetto efficace di conversione di un luogo critico della città (l’ex stazione di polizia/ prigioni d’eredità coloniale) in un’architettura moderna aperta alla comunità, che vanta un programma educativo d’eccellenza e soprattutto un programma espositivo (guidato dal geniale curatore Tobias Berger), decisamente audace e di stimolo reale, piuttosto che volutamente compiacente per ampie masse, come dimostrano le due mostre correnti, CONTAGIOUS CITIES: Faraway, too close (Performing Society: The violence of Gender (
>> Le Mostre da non perdere nelle varie gallerie
Passando invece nel Pedder Building sono tanto divertenti quanto a tratti perturbanti le sculture di Erwin Wurm da Lehman Maupin; mentre da Ben Brown troviamo gli ami da pesca degli intriganti accumuli materici di Yoan Capote, presentati anche da varie gallerie in fiera.
Spostandosi da H Queen e Pedder Building a qualche via più in là, verso la baia, troviamo invece da White Cube il primo solo show in Asia per le altrettanto ambigue ma affascinanti creature di David Altmejd, sempre sospese fra fantascienza, un grottesco post apocalittico e un romanticismo gotico di, mentre negli spazi di Perrotin troviamo due show, uno dedicato a Xu Zhen®, mentre l’altro agli ambienti e installazioni ottime di Julio Le Parc (LIGHT – MIRROR)
>> Considerazioni Finali
Per quanto “l’ecosistema” dell’arte a Hong Kong manchi ancora di alcuni elementi fondamentali per potergli conferire fertile sostenibilità nel lungo periodo (primo fra tutto una comunità d’artisti locali, come poi Scuole e centri educativi importanti dedicati alle professionalità artistiche e creative), dopo una sola settimana di più approfondita esplorazione e conversazioni con alcuni attori locali è impossibile negare che non si trovino comunque già attivi e propulsivi altri fattori altrettanto centrali.
Fra questi è innanzitutto evidente che si stia sviluppando una importante base di collezionisti e mecenati non solo locali (e spesso giovani), ma anche internazionali, attratti per investire nella città e la sua scena creativa. Ad essi si aggiunge poi una potenziale espansione della rete di istituzioni locali (soprattutto nel momento in cui M+ sarà finalmente aperto pare entro il prossimo anno ), con un conseguente aumento della consapevolezza da parte anche del sostegno statale del possibile ruolo dell’economia dell’arte e della cultura come driver di sviluppo. Altrettanto rilevante è infine la crescente soddisfazione tanto da parte delle gallerie che case d’asta, sia asiatiche che occidentali, che decidono di investire nella città, e poi che una fiera come Art Basel Hong Kong si confermi fin dalle vendite dei primi giorni come in continua crescita sia per numeri che qualità, tanto da porsi come una delle piattaforme privilegiate fra occidente e oriente. Se consideriamo dunque tutti questi fattori nel loro insieme, e li collochiamo sull’orizzonte di un generale dinamismo che caratterizza Hong Kong in quanto una delle metropoli asiatiche fra le più efficienti, moderne e innovative, che per la sua stessa storia e spirito può offrire un livello diverso di tolleranza e apertura, oltre che vantaggi commerciali, rispetto al resto della Cina, a mio parere non possono che far intravedere solo un futuro di crescita ed espansione del ruolo di Hong Kong, anche all’interno della sempre più ampia geografia economica/politica e culturale del mondo dell’arte
Informazioni
- Art Basel Hong Kong – Dal 29 al 31 Marzo (Preview/Vip access 27 e 28 Marzo) Convention & Exhibition Center Hong Kong
- Art Central – Dal 27 al 31 Marzo (Preview 26 Marzo)- 9 Lung Wo Road Central, Hong Kong