La Tate Britain di Londra celebra Vincent van Gogh e il suo legame con la Gran Bretagna. Uno sguardo particolare sugli influssi vicendevoli intercorsi con l’artista durante il suo soggiorno londinese, di cui ancora oggi si percepisce l’eco. Dal 27 marzo all’11 agosto.
Sembra facile organizzare una mostra su un artista celebre come Van Gogh. Fama universale, innumerevoli capolavori, una traccia indelebile nella storia dell’arte. Ma forse proprio per questo può risultare difficile trovare una soluzione espositiva e curatoriale in grado di proporre un taglio differente, una prospettiva critica che ne esalti un aspetto forse inconsueto.
In quest’ottica opera la Tate Britain di Londra, che dal 27 marzo all’11 agosto presenta The EY Exhibition: Van Gogh e la Gran Bretagna. In questo caso la vita e l’opera di Van Gogh vengono analizzate prendendo in considerazione il suo legame con la Gran Bretagna e l’influenza vicendevole che hanno esercitato l’una sull’altro L’artista post-impressionista deve infatti un debito ispiratore alle opere letterarie di Charles Dickens, William Shakespeare e Christina Rossetti; anche dal punto di vista figurativo i riferimenti non mancano: in particolare, tra gli altri, John Constable e John Everett Millais. E poi, ovviamente, la città.
«Amo Londra» scriveva al fratello Theo, durante il soggiorno inglese che dal 1873 si protrasse fino al 1876. Un periodo cruciale per l’artista, che ancora non aveva delineato il proprio stile personale e che nei grigi infiniti di Londra ha scovato la tranquillità e l’ispirazione che forse gli mancarono in seguito. Amore che la città gli ha restituito: ieri raccogliendo il suo insegnamento artistico (declinatosi poi nelle opere di Walter Sickert e Francis Bacon, per esempio) e oggi esponendo oltre 45 opere provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
Impossibile allora non ripensare alla povertà quotidiana, tragica ed eroica di Dickens quando nelle sale della Tate Britain ci si imbatte nelle iconiche Scarpe dell’artista olandese. Capolavoro unico, proveniente da Amsterdam, ma che è solo una delle pregiate opere in mostra: Self-portrait (1889) della National Gallery of Art di Washington, L’Arlésienne (1890) del Museu de Arte de São Paolo, Starry Night on the Rhône (1888) del Musée d’Orsay di Parigi e Girasoli (1888) della National Gallery di Londra. At Eternity’s Gate (Alle soglie dell’eternità, 1890) del Kröller-Müller Museum di Otterlo rappresenta inoltre un piccolo ponte con l’omonimo film da poco realizzato; un’ulteriore testimonianza del riverbero che Van Gogh, nonostante innumerevoli studi e tributi, ancora universalmente esercita.