Newness: i millennials e l’amore ai tempi di Tinder nel film di Drake Doremus
Newness è un film del 2017 di Drake Doremus, regista e sceneggiatore statunitense, ammirato dalle più prestigiose testate americane, il cui precedente lavoro – Like Crazy – ha vinto il Gran Premio della Giuria del Sundance Film Festival.
In questa pellicola il regista, che sembrerebbe essere fortemente affascinato dal rapporto evolutivo dell’amore e dalle nuove tecnologie, affronta il tema nell’era delle dating app, e lo fa nel modo più realistico possibile.
A livello stilistico la ricerca della realtà è evidente fin dalle prime scene; la sensazione è proprio quella di un regista che, macchina alla mano, si intrufola nelle case, dietro gli schermi degli smartphone e nelle camere da letto dei suoi protagonisti.
Per rendere il risultato più reale possibile il regista punta sull’uso di una luce sempre naturale, di cambi di scena rapidi e lunghe sequenze caratterizzate dai silenzi propri della vita vera.
Non a caso uno dei produttori del film è Ridley Scott, grande pubblicitario prima che regista, che ha fatto dell’uso della luce uno dei suoi cavalli di battaglia.
Newness è la storia di due millenials di L.A.: Nicholas Hoult, nei panni del farmacista più sexy del mondo, e Laia Costa, che interpreta un’espatriata da Barcellona che dopo diverse lauree lavora come fisioterapista. I due si sono conosciuti a colpi di swipe a destra e a sinistra su un app di incontri. Si capisce subito come i due abbiano maturato una sorta di dipendenza da Tinder, che nel film si chiama Winx, da quel sottile piacere di flirtare con qualcuno che in cambio non ti chiede molto se non una notte di passione.
Ecco, almeno in potenza questa dovrebbe essere la leggerezza che il mezzo ti consente, anche se abbiamo tutti un amico che si è fidanzato su Tinder a ricordarci quanto tutto sia relativo.A ogni modo sembra ugualmente evidente che entrambi si nascondono dietro a like e non like per fuggire alle vere relazioni. Martin (Nicholas) è reduce da un matrimonio fallito che sembra avergli rattrappito il cuore, Gabi (Laia) invece ricerca in questi incontri quanta più passione possibile; questo fino a quando le loro vite finiranno per fare “match”.
Il match sull’app ha l’effetto di una scintilla, è il famoso colpo di fulmine che distrugge con irruenza muri e barricate, che probabilmente sono costati anni di lavoro.
Doremus ci trasporta nel fascino di una notte di avventura, lo fa eliminando qualsiasi suono o distrazione, per poi trascinarci in un vortice di amore, condivisione, curiosità ma anche costruzione e stabilità.
La pellicola propone, in modo estremamente chiaro e lineare, le fasi evolutive della coppia: abbiamo l’infatuazione, in cui attrazione e passione erotica primeggiano, l’altro è perfetto e c’è una perfetta corrispondenza di intenti; a questa si sovrappone la fase dell’innamoramento i soggetti si scoprono, mettendosi a nudo e vivono una fase di simbiosi.
A un certo punto, però, quest’opera di fusione deve cedere il passo alla delineazione di confini, i due partner devono tornare necessariamente a identificarsi prima di tutto come individui singoli. Questa è la fase più critica che richiede impegno, è una fase in cui iniziano frustrazione e difficoltà.
Il resto del mondo, prima in qualche modo cacciato fuori da questo passo a due, si palesa nuovamente stimolando la ricerca di novità, sempre la novità, contro la noia, il già visto e sentito che paralizza.
Il titolo Newness calza a pennello, sta a significare infatti la ricerca di qualcosa di nuovo, o meglio la qualità intrinseca del nuovo. In questo racconto questa spinta inevitabile porterà i due protagonisti a intraprendere sentieri tortuosi e scelte apparentemente imprevedibili.
Al di là dall’esito di questo percorso, che potrà essere con lieto fine o meno, l’operazione del regista è interessante.
Il film riproduce in maniera incisiva e convincente le dinamiche relazionali sopra descritte calandole nell’epoca sentimentale di chi è nato tra il 1985 e il 2005, vittima molto spesso della bulimia di relazioni, che vengono consumate voracemente attraverso chattini e siti di incontri in uno stile tipico del consumatore seriale del “usa e getta”. Ma non solo, racconta anche della difficoltà di affrontare questa propensione al nuovo e della difficoltà che sembrerebbe provocarci lo “stare”.
Stare, fermarsi, cessare il movimento, che implica inevitabilmente una ricerca dell’equilibrio interiore per imparare a regolarsi con i sentimenti delle persone coinvolte.
Il regista vuole raccontarci come l’epoca moderna, gli stimoli costanti e le nuove modalità portino facilmente l’individuo a essere incapace di accettare anche la più piccola frustrazione, tanto che basta poco per far sgretolare una relazione.
A questo punto però si apre un ulteriore quesito: in un epoca dettata dal “cotto e mangiato” e dalla ricerca della libertà di genere, di opinione e di sesso, quanto siamo legittimati a fuggire dallo stare e per quanto tempo ci può venire concesso?
In conclusione, Newness non è una pellicola perfetta, ma è un film che fa riflettere, pone delle domande giuste – calibrate – e racconta con uno stile delicato ed elegante quello che ci capita tutti i giorni intorno o dentro di noi, noi poveri millennials generazione cupa e narcisista.