Arte e Design. La storia di Valentina Guidi Ottobri
Che caldo ragazzi, eh?
Giornate ideali per un drink al bordo della piscina del Motel Nicolella. O forse meglio stare dentro nella Hall, a godere dell’aria condizionata e fare due chiacchiere con qualcuno.
A proposito, è venuta a trovarmi una giovane curatrice che sta facendo parlare parecchio di sé nell’ambiente. Ve la presento, si chiama Valentina Guidi Ottobri e vive in bilico tra arte e design. Toscana doc, è cresciuta a Firenze, ma se seguirete il suo Instagram vi potrete accorgere che è ogni giorno in un posto diverso. Facciamole qualche domanda dai.
Benvenuta al Motel Valentina. Cominciamo da principio. Quando hai iniziato ad occuparti di arte e design? Che formazione hai avuto?
Questo Motel è una figata!
Mi occupo di design da quando avevo 5 anni. A quell’eta mi facevo delle tende berbere, recuperando svariati materiali per tutta la casa ed edificando nelle zone più disparate, dal bagno alla cucina, per la grande felicità di mia madre 🙂
Lei in quegli anni lavorava al comune di Firenze a fianco all’assessore all’urbanistica. Tornava a casa con storie fantastiche con luoghi immaginari e libri pazzeschi dedicati ad architetti internazionali con cui le capitava di entrare in contatto. Era meraviglioso scoprire con gli occhi quelle giganti sculture urbanistiche. La passione per il disegno e l’educazione tecnica viene invece da mio padre, un architetto mancato (gli mancavano solo 2 esami per finire il suo percorso di studi), amante della musica, della medicina orientale e dei Fumetti. Da qui il mio nome Valentina e la mia recente collaborazione con la Fondazione Crepax. Antonio e Caterina, i figli di Guido, mi hanno aperto l’archivio ed insieme stiamo creando nuove storie dove la mia vita e quelle della storica Valentina si guardano. Ti allego un disegno di Alessandro Cucca, ripreso dalla prima storia sulla mia giornata a Bruxelles andata sul mio canale IG poco tempo fa’.
La passione per l’arte è sempre stata dentro di me, ho smesso di dipingere qualche anno fa’ ma sicuramente è una di quelle attività che mi piacerebbe riprendere.
La mia formazione è prettamente umanistica e letteraria, con tesi in semiotica e un master in brand management. I miei voti migliori a scuola li ho avuti in filosofia, storia dell’arte, letteratura, Greco e dopo in marketing. Realmente non mi è mai piaciuto scrivere, il mio approccio al contenuto è molto visivo. Per questo ho scelto una specialistica in comunicazione. Quando scrivo qualcosa tendo a semplificare molto usando parole onomatopeiche e descrittive, che permettano di visualizzare anziché capire tutto. Conoscere tutto è impossibile per i nostri mezzi in questa vita. Per questo penso che non si finisca mai di imparare e la mia visione è più nel ritornare a “scoprire”, a “contaminarsi” e nell'”invenzione” che avviene attraverso l’immedesimazione e l’ascolto profondo.
Hai appena concluso una lunga esperienza da LuisaViaRoma per concentrarti solamente sulla carriera curatoriale indipendente, come mai?
I 7 anni in LVR sono stati formativi ed ambiziosi. Ho messo a servizio dell’azienda la mia indole rivoluzionaria e la mia tenacia.
Ho creato il reparto home da zero, basandomi sulla mia passione per l’argomento e i pochi contatti che avevo. Ora lavoro con più di 300 aziende, altri 200 artigiani e un gruppo super unito di artisti e designer. Nell’ultimo anno il reparto che gestivo ha chiuso a circa 2 milioni. Il fatturato non era mai abbastanza per il proprietario e questa inclinazione toglieva tempo ed energia alla creazione di contenuti e progetti più sostanziosi. Le dinamiche commerciali della moda in generale non si sposano molto con quelle del design.
Detto questo, sono sempre stata convinta che il mio settore debba ancora crescere molto e diventare più professionale per quel che riguarda la distribuzione. Ma la realtà ad oggi è che i grandi numeri sul design si fanno sul collezionismo o con il b2b, progetti certamente più gratificanti ma anche molto più “faticosi” rispetto agli accessori di stampo più commerciale.
Me ne sono andata perché a me piace la fatica e le storie vere fatte di passione e grandi ideali. Se manca la visione manca tutto. Per i miei progetti da indipendente sono come un fabbro che costruisce i propri sogni uno ad uno unendoli a quelli di grandi artisti e designer che seleziono in base al tema che decido di indagare.
Le inversioni di rotta aiutano a crescere e le sfide che decidiamo di intraprendere arricchiscono noi e il mondo di cose nuove. Spero che la mia scelta, in controtendenza rispetto a dinamiche sociali generaliste in cui il posto fisso e la carriera sono le fondamenta del capitalismo globale, possa essere d’ispirazione per altri che hanno smesso di lottare per i propri ideali. Parlo di ideali e non di sogni. Ai sogni lego la fantasia che è sempre parte del processo creativo e non tutto nella vita può essere tale. Gli ideali sono le proprie modalità di azione e ispirazione a cui tutti dovremmo tener fede.
Anche nei lavori più umili è bellissimo vedere persone che lavorano e si dedicano tenendo fede a regole di vita proprie e pure. Credere in quello che si fa’ e sapersi comportare è alla base di ogni ruolo che puoi ricoprire nella vita.
Parlaci dei tuoi progetti, quelli di cui sei più soddisfatta, sappiamo che hai appena portato a termine una preziosa collaborazione con la casa d’aste CAMBI…
Questo è un periodo in cui far rifiorire i miei ideali, di cui abbiamo parlato prima, ed identificarsi con obiettivi e progetti in sintonia con la mia vocazione artistica e la mia esperienza manageriale. Essendo i miei valori legati all’altruismo e alla solidarietà farò in modo che i miei piani di lavoro tendano a favorire il benessere e lo sviluppo della comunità. Combatterò per i miei principi. Onestà. forza, coerenza, lealtà, onore, giustizia, innovazione, vittoria e coraggio sono i miei valori e li porterò a servizio di cause sociali e attività rivoluzionarie.
In questo senso il progetto per Cambi è stato un altro passo in questa direzione. Lì ho trasformato un’intera camera in un tempio alchemico, usando le vetrine per confrontarmi con un pubblico per la maggior parte totalmente assorbito dal lavoro degli uffici di Via San Marco 22 a Milano. Alchemysts vuole celebrare la spiritualità e il processo creativo, che trasforma la materia in “Design”, spesso di natura metafisica e atemporale. Un’evocazione dell’ultimo tempio dell’alchimia con al centro la fornace Athanor, una stanza immersiva progettata assieme a CTRLZAK Studio su cui ho chiamato ad intervenire anche l’artista Flaminia Veronesi. Le opere selezionate sono infatti estensioni della visione di autori, la cui ricerca simbolica diviene veicolo di un messaggio universale. L’Alchimia può definirsi il migliore utilizzo possibile dei componenti materiali grezzi a disposizione dell’uomo, in maniera che l’unione equilibrata di elementi di per sé eterogenei, produca delle loro qualità potenziali non una semplice somma, ma una moltiplicazione esponenziale. “Dapprima come pellegrini e successivamente come piloti” Fulcanelli/Caseliet, Le Mystere des Cathedarales, 1925. Per la prima volta a confronto, designer storici e contemporanei, come gli Alchimisti, attraverso il fuoco edificante della creatività, hanno usato il proprio ingegno per dar vita ad oggetti di materia spirituale e divina.
L’asta sul moderno è stata un grande successo, anche grazie a Piermaria Scagliola, lo specialista che mi ha chiamata a collaborare su questo progetto. Sul contemporaneo ancora dobbiamo lavorare sul racconto del lavoro degli autori ai collezionisti. Cosa su cui voglio dedicarmi anche nelle prossime puntate.
Il tuo designer preferito?
Cesar Manrique, è stato un architetto e designer rivoluzionario che dopo varie esperienze all’estero è tornato nella sua terra di origine, Lanzarote, iniziando a costruire creativamente, riportando la natura al centro della casa con il suo concetto arte-natura/ Natura-arte.
Tra i contemporanei sicuramente Matteo Cibic, I Formafantasma, i Fratelli Campana, Sara Ricciardi, Ilaria Bianchi, Elena Salmistraro, Marcantonio, Chris Wolston, Katie Stout , Maurizio Galante e Atelier Oi.
Il tuo artista?
Hassan Hajjaj e Fabio Viale.
In che modo arte e design possono e, se sì, nel caso riescono a incontrarsi?
L’arte e il design si incontreranno quando usciranno dal proprio individualismo ammettendo la possibilità di correre dei rischi per rispondere a necessità di comune interesse.
Cosa bevi?
Whiskey sour
Il tuo sogno per il futuro?
Il mio sogno è quello di lasciare immagini indelebili nel cuore della gente e di stimolare il cambiamento.
Grazie per queste belle domande! Ora vado a fare un tuffo in piscina di questo Motel 😉