
La Galleria Francesca Minini di Milano presenta Afgacolor. L’Afghanistan è il protagonista delle opere di Flavio Favelli, in mostra dal 25 settembre al 2 novembre.
Quando nel 1996 il Toro di Kabul venne assassinato Flavio Favelli era lontano dall’Afghanistan, ma ne rimase comunque scosso. Inevitabile, ripensando alle modalità d’esecuzione del Presidente Mohammad Najibullah: evirato, fu appeso dai Talebani a un pilone di cemento. Un piccolo tassello in un quadro sempre più scuro di sangue e dolore, travagli e ambiguità in serie. Il tutto, per l’artista, è racchiuso nella bandiera del paese, con quella striscia verde e nera con la moschea così simile ad un baldacchino.
“I francobolli erano rari e artigianali e l’arrivo dei sovietici aveva portato un immaginario differente e intrigante nel paese islamico. Forse è stato proprio l’intreccio tra questi due stili a colpirmi: la grafica, l’architettura e l’immagine di un paese diviso tra nuovi ideali e costumi arcaici. E poi i tappeti rossi, rossi scuri e neri con motivi ottagonali netti e intensi, quasi severi, con qualche rametto e fiore, sempre nero e sempre rosso, quasi a ricordare uno stato di guerra ininterrotta durata mezzo secolo”
Flavio Favelli
La Galleria Francesca Minini di Milano racconta questo percorso in Afgacolor, l’esposizione dedicata a Favelli in mostra dal 25 settembre al 2 novembre 2019. Protagonisti i sospiri di Afghanistan che l’artista porta incontaminati in occidente: tappetti segnati dalle belliche trame di fucili, aerei e carrarmati, installazioni luminose e un diffuso senso di esplorazione interiore.
Tutto questo è in fondo un viaggio psicologico, un modo per cercare di ri-creare luoghi e cose rincorse e inesistenti. Se la mostra prende il nome da un’insegna trovata della marca di pellicole fotografiche Agfacolor, essa intende presentare gli ultimi interessi dell’artista che continuano a oscillare fra visioni private domestiche, oggetti tipicamente borghesi e sirene afgane.

