Il 6 aprile 1520 muore a Roma, a trentasette anni, Raffaello Sanzio, il più grande pittore del Rinascimento. La città sembra fermarsi nella commozione e nel rimpianto. Il 5 marzo 2020 la mostra Raffaello 1520-1483 riporta il genio del pittore in città. Nemmeno la chiusura generale dettata dal governo ferma l’esposizione, visitabile al momento tramite il sito del museo.
Cinquecento anni fa, il 6 aprile 1520, moriva a soli 37 anni Raffaello Sanzio. Moriva per essersi spinto “fuor di modo” nei “piaceri amorosi”, come scrive Giorgio Vasari nelle Vite del 1568. I medici non lo capirono, lo curarono cavandogli sangue, anziché ridargli forze, e lui se ne andò lasciando ai posteri una straordinaria eredità di bellezza e perfezione, affreschi, dipinti, disegni, arazzi, lettere, scritti, documenti, progetti. Fu un gran lutto.
E proprio dalla morte e dal post mortem parte la grande mostra Raffaello 1520-1483 (Roma, Scuderie del Quirinale, 5 marzo – 2 giugno), che non a caso mette nel titolo la data al contrario. Chiusa purtroppo in tempo di “coronavirus”, la rassegna presenta 120 opere tra dipinti e disegni dell’artista e 100 del contesto. Capolavori che ne illustrano vita e attività, dal periodo romano, 1508 -1520, a quelli fiorentino e urbinate. Prestiti importanti sono giunti da tutte le parti del mondo, con qualche polemica. È caso del Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, giustamente concesso alla mostra dal direttore degli Uffizi contro il parere di alcuni storici. Gli Uffizi hanno prestato 49 opere, di cui 30 di Raffaello.
Quando e perché l’artista giunge a Roma abbandonando Firenze e interrompendo la Madonna del Baldacchino? Verso la fine del 1508, chiamato da Bramante a lavorare nelle nuove “stanze” del Papa in Vaticano, come racconta Vasari. Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, conosceva l’importanza politica delle grandi imprese artistiche. Voleva far rappresentare nelle sue “stanze” il valore della chiesa e del papato, ingaggiando i migliori artisti. Il 13 gennaio 1509 Raffaello riceveva il pagamento per aver dipinto ad affresco la prima parete della Stanza della Segnatura, il primo intervento proseguito con la Stanza di Eliodoro e la Stanza dell’Incendio di Borgo, quest’ultima conclusa nel 1514, anno in cui il pittore diventa responsabile della Fabbrica di San Pietro. Un grande onore ed impegno per la giovane età.
La rassegna illustra la morte dell’artista con testimonianze di contemporanei e la mitizzazione nei secoli successivi con dipinti e disegni sette-ottocenteschi. Emblematiche la tela di Pietro Vanni con I funerali di Raffaello del 1896-1900 e il disegno di Julien de Parme con Le Muse e le Grazie piangono la morte di Raffaello del 1774. Seguono magnifici disegni di Raffaello e dei suoi aiutanti.
Viene messo in luce poi il profondo rapporto dell’artista con l’antico, e la sua attività di architetto e urbanista, attraverso studi, disegni e scritti. Tra questi ultimi la famosa Lettera a Leone X, scritta insieme a Baldassarre Castiglione e presentata in un prezioso esemplare manoscritto dell’Archivio di Stato di Mantova. Base teorica della moderna tutela dei beni culturali, la lettera ha avuto numerose edizioni recenti, come quelle di Valerio Terraroli (Skira), di Francesco Paolo di Teodoro (Leo S. Olschki Editore) e il saggio di Salvatore Settis, Modernità di Raffaello. Dalla Lettera di Leone X alla Costituzione italiana.
Ma la mostra è soprattutto l’occasione per ammirare la pittura di Raffaello, che è equilibrio e bellezza pura. Così sfilano ritratti, autoritratti, Madonne, volti di fanciulle e amanti, celebri, sempre bellissimi. A cominciare dall’Autoritratto con un amico, giunto dal Louvre, che presenta il suo volto bello e regolare un paio d’anni prima della fine. Il Ritratto dell’amico Baldassarre Castiglione del 1514 circa, che racconta l’eleganza del personaggio e l’intimità con l’artista. Il Ritratto di Bindo Altoviti, androgino e affascinante, di cui molti si innamoravano. Papi e cardinali sono ripresi con raffinata psicologia. Le Madonne gareggiano in bellezza (Madonna del Divino Amore, Madonna della Rosa, Visitazione). Le Sante idem, basta guardare la famosa Santa Cecilia e santi, giunta da Bologna, un’opera precedente il 1518 che fece scalpore, con quella magnificenza di strumenti musicali ai piedi. Tra i giovinetti intriga il Ritratto di ragazzo, del 1513-1516, giunto da Madrid quasi “in carne ed ossa” a raccontarci il suo tempo.
Poi le donne di Raffaello con le loro storie alle spalle, ancora segrete: La Velata, La Fornarina, Il Ritratto di giovane donna, forse sempre la stessa che l’aveva stregato sino a farlo morire.