Tra le numerose attività di questa Fase due che hanno potuto finalmente riaprire al pubblico ci sono anche i musei. Non tutti hanno potuto e/o voluto farlo dal primo giorno di via libera (lo scorso 18 maggio): le restrizioni e le nuove regole d’accesso impediscono un ritorno alla normalità. Ogni istituzione si è dovuta così adattare ai necessari parametri governativi per garantire una fruizione sicura dei propri spazi e delle proprie opere. Ma non è solo il distanziamento sociale la sfida dei nostri musei, molti altri aspetti dovranno essere ripensati, ricalibrati, cambiati. Ne abbiamo parlato con Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati conservatori del CAMeC.
– Com’è stato finalmente riaprire il museo al pubblico? Prime impressioni e feedback dalla ripartenza.
Ritrovare al contempo la relazione con le opere e con il pubblico è stata una grande emozione. Durante la lunga quarantena questi sono stati i ‘rapporti’ che ci sono mancati di più: godere noi stesse delle opere del museo e confrontarci costantemente con il pubblico che lo visita.
– Come si può ripensare l’idea di accessibilità? Come cambierà il rapporto tra museo e fruitore? Come sono organizzate le “nuove” visite nel suo museo? Come saranno rimodulati gli spazi e il percorso espositivo?
Il CAMeC ha il grande vantaggio di disporre di spazi molto ampi e di due terrazze all’aperto che consentono, con una certa flessibilità, l’organizzazione di una nuova forma di visita. Abbiamo predisposto all’ingresso una zona filtro nella quale i visitatori – dotati di mascherina – hanno la possibilità di igienizzarsi le mani e misurarsi la temperatura. Poi il percorso è ben segnalato e unidirezionale e consente costantemente di mantenere una distanza interpersonale ben superiore a quella indicata in normativa. Le dimensioni delle sale inoltre ci hanno permesso di strutturare un percorso in totale sicurezza ma comunque non troppo invasivo in modo che il piacere della fruizione delle mostre resti come prioritario. Le visite inoltre, al momento, avvengono solo su prenotazione e questo ci dà la possibilità di immaginare – anche per il futuro – un’accoglienza del visitatore sempre più personalizzata, tailor-made e in linea con i suoi gusti ed esigenze.
– Meno numeri, più valore. Meno quantità, più qualità. Radicalizzazione sul territorio e rapporto con la comunità di cui fanno parte. Come sarà il nuovo museo d’arte (sia in senso lato che in senso stretto della sua istituzione)?
In questo periodo storico dobbiamo immaginarci un museo ‘flessibile’, in grado di adattarsi alle mutate esigenze della società e della socialità. Nella prospettiva di lungo periodo questa fase potrebbe essere considerata addirittura una sperimentazione per una nuova forma di museologia della quale – tra cinque anni – tireremo le somme.
Nell’immediato invece crediamo che non si tratterà solo di sviluppare un turismo di prossimità o di rinsaldare il legame con la nostra comunità – già fortemente presente – ma di costruire vere e proprie nuove geografie di vicinato in cui l’arte contemporanea sia messa a sistema in un più ampio ambito di valorizzazione territoriale.
– L’utilizzo della comunicazione digitale e della condivisione di progetti online è stato cruciale, ma è parso altresì evidente che la fruizione fisica delle opere, degli ambienti, delle architetture non è in alcun modo sostituibile. Come possono essere integrate al meglio questi due livelli in modo che le specificità del digitale siano sfruttate come una ulteriore proposta museale?
Crediamo sia possibile una futura coesistenza di questi due livelli di progettazione in cui la fruizione on line del museo possa rappresentare un efficace strumento di promozione e divulgazione delle nostre attività verso un pubblico geograficamente distante ma vicino alla mission del Centro.
Ad esempio ha sortito una grande efficacia social sia la trasposizione su facebook dei nostri consueti appuntamenti I Mercoledì del CAMeC in versione homemade sia il coinvolgimento della rete degli artisti del gruppo BAU attraverso una sorta di ‘chiamata alle arti’ in cui sono stati invitati a sviluppare la loro creatività sul web.
-Il governo sembra un essersi un po’ dimenticato delle istituzioni e dei professionisti del mondo dell’arte nonché degli artisti. L’attenzione è sempre parsa più rivolta al mondo dello spettacolo. Voi ritenete che si sia fatto abbastanza per aiutare anche il complesso e variegato panorama museale e i relativi lavoratori? Dal vostro punto di vista, di cosa ci sarebbe bisogno?
Tocca un tema importante, quello dei piccoli musei, civici, non statali. Fondazione Musei senesi e il Sistema museale della Maremma si sono fatti capofila a livello nazionale di un appello rivolto al Ministro Franceschini proprio per sensibilizzare il governo rispetto alla realtà dei musei civici che rappresentano un fittissimo tessuto culturale diffuso a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Infatti a differenza delle grandi nazioni europee, l’esperienza medievale dei Comuni – che è tutta italiana – ha portato alla formazione di un numero elevatissimo di musei civici poi non confluiti nei più recenti musei nazionali. Pensiamo che proprio questa peculiarità potrebbe essere uno dei segni distintivi della nostra Penisola sulla quale investire di più a livello culturale, promozionale e, perché no, anche economico-finanziario.
CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
Oversize. Grandi capolavori dalle collezioni del CAMeC
Michelangelo Penso. Dimensioni infinite
BAU. Contenitore di cultura contemporanea 2004-2020
Piazza Cesare Battisti, 1
19121 La Spezia – Italy
ph. +39 0187 727530
www.camec.museilaspezia.it
camec@comune.sp.it