Urbania, l’antica Casteldurante, è un piccolo borgo situato nell’entroterra marchigiano. Nonostante le piccole dimensioni, la cittadina pullula di fermento artistico. Il Barco Ducale, iniziato nel 1465, era il più piccolo delle due riserve di caccia create per Federico da Montefeltro (1422-1482). Situato a nord-ovest della città, su una pianura delimitata dal fiume Metauro, nell’area sorgeva un tempo anche un piccolo convento di proprietà dei Francescani Minori dedicato a San Giovanni Battista, nelle cui stanze erano soliti ritirarsi prima Guidobaldo II (1540, il figlio di Francesco Maria I della Rovere, nipote del Duca Federico) e poi Francesco Maria II. Il duca attuò un enorme progetto di ampliamento del luogo (biblioteca, brolo o giardino, ampliamento architettonico del convento), che ne divenne suo rifugio. Alla morte di Francesco Maria II (1631) tutto ciò che restava del barco divenne di proprietà della comunità francescana, ma a causa della vicinanza delle strutture ducali agli argini del fiume Metauro, all’inizio del XVIII secolo le strutture andarono in rovina. Nel 1741 un forte terremoto completò la distruzione della struttura ormai fatiscente. A metà del XVIII secolo venne costruita a poca distanza dall’area ducale una struttura ex novo su un terreno più sicuro, lontano dagli argini del fiume, che oggi è conosciuto col nome di Convento del Barco. Abbiamo intervistato Elisa Mossa, consigliere delegato della cultura di Urbania, per farci raccontare questo nuovo progetto, partendo dalla sua formazione e dal suo incarico nella cittadina marchigiana.
E.G: Parlaci della tua formazione, di cosa ti occupi.
E.M: Dopo il diploma ho frequentato il Biennio di Perfezionamento in “Cinema d’Animazione Sperimentale” e successivamente mi sono iscritta all’Accademia di Belle Arti di Urbino ma non mi sono mai diplomata perché all’inizio del terzo anno sono stata contattata per lavorare come disegnatrice al film “Samouni Road” di Stefano Savona e Simone Massi vincitore di L’Oeil d’Or al Festival del Cinema di Cannes nel 2018 e preselezionato agli Oscar. Un lavoro molto impegnativo ma formativo. Attualmente sto portando avanti la mia ricerca artistica che sviluppo attraverso il disegno; la mia formazione è strettamente legata alla poetica del segno puro che insieme alla concezione del tempo/movimento/spazio diventa soggetto principale dei miei lavori artistici. Sto lavorando al nuovo film di Simone Massi (Pergola, 1970). Sono vicepresidente di Alma, un’associazione culturale che si occupa di valorizzare i disegnatori che si sono formati nell’entroterra marchigiano insieme a Simone Massi, Magda Guidi, Sandro Pascucci e Stefano Franceschetti. Oltre ad un ricco archivio di disegnatori dal 21 Giugno uscirà Solstizi, una rivista gratuita e scaricabile tramite il nostro sito www.almanimatori.com. Inoltre stiamo strutturando un Premio legato all’atto poetico e alla cinematografia. In questo momento sto curando un progetto che mi è molto a cuore insieme al team OTTN Projects. Si chiama al.BAR.co una residenza d’artista presso il Barco Ducale di Urbania.
A Urbania svolgi un ruolo attivo all’interno del Comune, parlami del tuo incarico.
Sono consigliere delegato alla cultura di Urbania in modo specifico la mia delega è rivolta all’arte contemporanea e alla Ceramica. Questo incarico mi ha insegnato tante cose, soprattutto gestire le parti progettuali e burocratiche di progetti culturali, processo fondamentale.
Urbania ha collaborazioni attive con Urbino e Senigallia che proprio in questi giorni presentano mostre di livello come Giacomelli e Raw Materials?
Il legame culturale che Urbania ha con città come Urbino ma anche con Firenze e Perugia è dovuto ai rapporti che Feliciano Paoli, direttore del Palazzo Ducale di Urbania, ha consolidato nel tempo. In una realtà così piccola lo scambio con situazioni più strutturate è fondamentale per riuscire a valorizzare al meglio il proprio patrimonio. L’anno scorso abbiamo inaugurato una mostra legata alla storia del Palazzo Ducale di Urbania in cui abbiamo avuto in prestito dagli Uffizi “Francesco Maria I Della Rovere” di Tiziano che dopo ‘400 anni è “tornato a casa”. Il 20 giugno inaugureremo “I tesori di Santa Chiara” una mostra in collaborazione con la Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio delle Marche.
In che modo progettate la programmazione culturale in una realtà di provincia come Urbania?
Il mio intento è soprattutto quello di strutturare una situazione culturale in dialogo col territorio ma svincolata da dinamiche campanilistiche. La mia sfida è quella di comprendere la potenzialità della tradizione e aprirla alla coesistenza con l’arte contemporanea.
In zona, a livello regionale, ci sono eventi che seguite?
Gli eventi che seguo nelle Marche sono molteplici: Around Music Fest, Happennino, Filofestival, Premio Metauro, Premio Salvi.
Parlami della residenza d’artista al Barco (Urbania), come funziona.
La residenza d’artista al Barco è un progetto che avevo nel cassetto da qualche anno e sono molto felice che in questo momento ci siano state le premesse per poterlo concretizzare. Curo questo progetto con Giorgia Ori presidente di OTTN Project. Il suo contributo è stato fondamentale, abbiamo passato molto tempo a riflettere e a studiare il luogo che ospiterà la Residenza e a creare una formula di integrità verso il complesso stesso e verso il periodo storico che stiamo vivendo. Secondo noi, soprattutto in questo momento storico così particolare, la cosa che serve maggiormente, è focalizzarci sul discorso identitario. Con il Covid ognuno di noi si è ritrovato a dover ricalibrare il proprio concetto di identità, il proprio rapporto con gli altri, gestire una frattura di riconoscimento sociale dovuta all’impossibilità di avere connessioni non virtuali. Il nostro intento è quindi quello di creare una situazione di coesione e coesistenza tra artisti ospitati e territorio che li ospita ripercorrendo la storia del complesso nato e concepito come “residenza estiva culturale e di ritiro spirituale per i massimi esponenti culturali del rinascimento”. Questa esperienza sarà il motore per una riflessione sul dialogo collettivo e individuale, sul concetto di identità, sul rapporto tra artista e opera, tra artista e sistema dell’arte, tra artista e riposo. La residenza prende il “Bar” come esempio di non luogo ricreativo in cui ogni individuo può socializzare senza schemi sociali, defaticarsi e rigenerarsi in modo conviviale e informale. Durante il periodo della Residenza ospiteremo anche CONFRONTI progetto curato da OTTN Project e Michela Eremita.
Sono già attive le residenze?
La Residenza sarà attiva dal 27 luglio all’8 agosto 2020.
Come sei entrata in contatto con le ragazze OTTN?
Con il team di OTTN Projects avevamo già in programma delle collaborazioni (saltate per il Covid). Quando ho capito che la Residenza poteva seriamente prendere piede ho chiamato immediatamente Giorgia per chiederle dei consigli. Alla fine della telefonata eravamo già d’accordo che avremmo portato avanti questo progetto insieme. Tra noi c’è una fiducia molto rara e un grande rispetto reciproco. Siamo due persone determinate e concrete, consapevoli che solo vivendo una situazione puoi comprenderla e migliorarla. Abbiamo lavorato sodo, siamo partite da zero, abbiamo individuato l’idea centrale su cui far ruotare il tutto e invitato artisti in linea alla nostra concezione di Residenza. Insieme al team di OTTN Projects abbiamo poi sviluppato una linea grafica e aperto la pagina Instagram al.BAR.co rimanendo fedeli alla nostra idea di inclusione. L’account è interattivo, le credenziali sono pubbliche e ognuno può effettuare il login e caricare i propri pensieri in merito a tematiche sociali che solleviamo ogni lunedì.
Come pianificate e organizzate luoghi storici come il Barco, che in questo caso ospita mostre d’arte contemporanea e si trova ad essere un luogo che riacquista valore?
Mi sono concentrata sulla storia del luogo cercando di sviluppare una narrazione non forzata, accogliendo il contemporaneo. La formula della Residenza mi è sembrata la soluzione più affine e interessante. Come nel Rinascimento, il Barco diventerà un centro culturale estivo dedicato alla riflessione e all’introspezione, un luogo che ospita il dialogo profondo tra uomini e ambiente circostante.
Chi ha investito in questo progetto?
Il Comune di Urbania si è preso carico di tutte le spese della Residenza perché crede fortemente in questo progetto.
Parlami degli artisti, come li avete scelti e chi sono.
Tutti gli artisti che abbiamo invitato sono accomunati da una riflessione profonda sull’individuo e sulla natura e ognuno di loro sviscera questo rapporto in varie forme. Il Barco Ducale di Urbania è un’architettura che è mutata nel tempo, plasmata dal paesaggio circostante a sua volta modellato dal complesso. In questo luogo l’uomo si ritrovava solo, avvolto dalla natura vista come creazione del divino ma al tempo stesso nascondiglio di esseri selvaggi e infernali, proiettato verso la propria interiorità e col pieno diritto di padroneggiare su ogni altro essere del creato, in quanto parte del disegno della redenzione del peccato originale.
Davide Serpetti nel suo lavoro fa coesistere queste tensioni: la razionalità della scultura si fonde con le viscere più profonde della carne e i confini tra bestia e uomo diventano labili. Le sue opere si sottraggono alla dimensione fallimentare dell’umano, sono un sipario aperto in cui l’atto onirico fluttua a moto perpetuo diventando icona.
Bruno Fantelli dialoga con la mitologia e la narrazione del rapporto uomo-natura attraverso l’utilizzo della pittura creando/ricreando presenze grottesche, materiche, bestie stralunate protagoniste di tragedie.
Invitare in residenza Davide Mancini Zanchi è stato molto naturale. E’ nato, cresciuto e vive in questo territorio e ha subito manifestato un forte legame con la poetica del progetto. Il marchigiano non è, tendenzialmente, essere sociale. La personalità di Davide si è forgiata seguendo il perimetro delle colline, il ritmo rigoroso di pause dolci che i campi scandiscono tra un borgo e l’arto, definendosi parte integrante del paesaggio pur non sentendo un legamene indissolubile col territorio.
La ricerca di Giacomo Gerboni si focalizza principalmente su due tipi di relazioni. La relazione dell’umanità con le leggi invisibili della natura e le relazioni interpersonali. In entrambi i casi è ossessionato da una profonda analisi della verità. Per “leggi invisibili della natura” intende quell’energia cosciente che è parte di tutte le cose che ritrova nel luogo in cui la natura è al suo stato primitivo e presenza dominante: il Bosco.
Anche per Luisa Badino il dialogo diventa parte centrale delle sue riflessioni artistiche. Sofferma lo sguardo sulla narrazione del “tatto interno” che si manifesta sulla superficie. Dipinti e manufatti diventano schermi di dialogo tra realtà e finzione. Un luogo altro in cui il tempo si concentra per ricordare il toccare come forma di vedere, nel confronto e nel dialogo, alla ricerca di memorie “assorbite” dall’ambiente circostante.
Mattia Sinigaglia attraverso la pittura analizza lo spazio e il rapporto con la presenza/assenza dell’uomo. La natura diventa un ambiente metafisico e onirico.
Gli street artist Specchio41 faranno un intervento site-specific nella cittadina di Urbania. Nel loro lavoro l’elemento naturale assume valenze simboliche creando una fitta narrazione attraverso un gesto pittorico incontrollato e sfumature inattese.