Chang’e-4 è la mostra con cui Casa Testori torna all’attività dopo i mesi trascorsi sui canali social e sul web. L’esposizione, curata da Irene Biolchini, mette in relazione l’opera scultorea di Alessandro Roma con la pratica pittorica di Eemyun Kang.
Un solo rigoglio verde nella spessa oscurità dello spazio. È l’insolito e storico destino della prima foglia di cotone germogliata sula luna, un puntino di natura verdissima e solitaria nel desolato paesaggio lunare. La missione che nel gennaio 2019 ha ottenuto questo sperato successo si chiama Chang’e-4 ed è contenuta in un barattolo appoggiato tra i crateri del satellite, che orgoglioso sventolava la sua foglia-bandiera, simbolo di una natura che sorprende e si spinge oltre la sua dimensione più consueta. Sventolava, all’imperfetto, perché ora non sventola più: effimera e precaria, la sua esistenza non ha resistito che un solo giorno alle rigide temperature lunari.
Eppure l’incanto della natura che sa stupire, lasciando che la sua essenza slitti da accogliente e sicuro contenitore a piccolo e incerto simbolo di vita, ha ispirato l’opera di due artisti, Alessandro Roma e Eemyun Kang, che Casa Testori accoglie per la mostra che ne segna il ritorno all’attività. Ha inaugurato sabato 20 (si estenderà fino al 25 luglio, per poi riaprire, dopo la pausa estiva, dal 25 agosto al 13 settembre 2020) Chang’e-4, esposizione curata da Irene Bolchini, la quale ha cercato di fare vivere allo spettatore un’immersione dove non sempre è possibile distinguere le mani dei due artisti.
Il contributo di Alessandro Roma si struttura intorno alle sculture in ceramica, i murales e i tessuti; il suo stile, particolarmente incline a dialogare con la pittura, insiste sulla creazione di ambienti installativi in grado di collaborare con le opere circostante. Nella situazione in questione i destinatari di questo invito comunicativo sono le grandi tele di Eemyun Kang. Originaria della Corea del Sud ma residente da sei anni a Milano, l’artista con la sua pittura crea complessi mondi naturali caratterizzati da colori vivaci, trasformando forme organiche in astrazioni rigogliose.
La mostra si propone, nella sua essenza, di sviluppare una continua evoluzione nella pratica artistica, favorendo la collaborazione e l’ascolto tra artisti, ma anche e soprattutto tra l’artista e il pubblico.
Una richiesta ancora più urgente nel tempo sospeso della pandemia in cui abbiamo immaginato questa mostra. Un momento in cui il sopraggiungere di spazi virtuali e tour digitali ci ricordava, ogni giorno, l’esigenza di ritornare all’opera, alla sua materia, alla sua «testimonianza». Ma anche il bisogno di ritornare al silenzio dello studio, della lettura. Perché Chang’e-4 possa non essere solo la sigla di una missione spaziale, ma anche un augurio di cambiamento delle pratiche, di una collaborazione e di un ascolto
Irene Bolchini