Tutta la ricerca fotografica nella produzione di Matt Mullican in un volume di 1000 pagine
Per chi si è perso The Feeling of Things, la più importante rassegna mai dedicata a Matt Mullican, esposta due anni fa nello spazio dell’Hangar Bicocca a Milano con oltre 600 lavori realizzati durante la sua carriera e composti in un’unica grande opera che comprendeva migliaia di immagini, può ritrovare l’intero corpus di lavori dell’artista americano-venezuelano, realizzati dal 1967 al 2018 in un libro intitolato Matt Mullican Fotografie, edito da Skira.
Una collezione di immagini vastissima che parte con le fotografie analogiche, targate Sessanta, Settanta e Ottanta fino ai più recenti scatti e serie digitali. Il ricco volume, oltre ai testi, dialoghi e contributi critici, include una straordinaria sezione composta da mille immagini, suddivise in cinque capitoli corrispondenti alla cosmologia di Mullican, con brevi note dell’autore.
Dal dialogo dell’artista con Roberta Tenconi la curatrice della mostra, si comprende appieno il significato di Feeling Things. Sentire le cose.
“The Feeling of Things è nato dopo un progetto molto importante per me, The Meaning of Things, ossia entrare nel profondo del significato delle cose; la cosa essenziale è la sensazione che esse provocano. Quando si osserva una fotografia si instaura una relazione articolata con essa, in base alle nostre sensazioni: ci si sente bene o male, si prova un sentimento grande, intenso, debole, d’amore, di rabbia o tutte queste cose insieme. Però The Feeling of Things si basa anche su un altro aspetto: il pensiero”.
Per Mullican, il Teatro della Memoria è un modo di pensare: “Il Teatro della Memoria è un vero e proprio catalogo di stimoli e simboli all’interno di un sistema architettonico. Nel suo bellissimo libro Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla (1968) Alexander Romanovich Luria parla di un uomo con una memoria eccezionale in grado di ricordare infiniti simboli e numeri all’interno di una struttura che può creare qualsivoglia identità, luogo e stimolo secondo un determinato ordine. Allo stesso modo, classifico le informazioni per orientarle verso me e gli altri, in modo da ricordare tutto”.
Per la curatrice, l’opera di Mullican è una combinazione complessa di immagini mentali, contesti, mondi intellettivi e soggettivi. “Per questo mi affascina: è mentale. Mi affascina Dio perché è una presenza della nostra mente, si manifesta in modi molto fisici, anche terribili e gloriosi, ma alla fine è una costruzione mentale presente in tutte le diverse culture. È una sorta di patto sociale. Così come lo è la cosmologia, che non è un accordo formale. È difficile tracciare una linea netta di distinzione. Si tratta di due entità separate, per questo mi interessano”.
Per l’artista la fotografia è una parte molto importante del suo lavoro ma sottolinea: “Il fatto è che non sono né un fotografo né un pittore. La mia arte non si basa su una tecnica. Non si tratta di saper premere un tasto sulla fotocamera o incorniciare un’immagine. È molto altro anche se le immagini le incornicio anche io. La fotografia e il suo funzionamento sono temi che mi interessano dai primi anni Settanta…Ho utilizzato la fotografia e continuo a farlo, è il medium che uso più di tutti. In termini di immagini, fotografie e disegni sono le due tecniche che utilizzo maggiormente”.
Matt Mullican
Fotografie
Catalogo 1967–2018
a cura di Roberta Tenconi
Testi di Marie-Luise Angerer, Matt Mullican, Tina Rivers, Anne Rorimer, Roberta Tenconi, James Welling
SKIRA editore