Apre oggi, 19 settembre, a Lecco la mostra sulla storia e le istanze del movimento scapigliato con 80 opere dei suoi maggiori esponenti, da Tranquillo Cremona a Daniele Ranzoni e Giuseppe Grandi
Erano artisti, musicisti, scrittori, giornalisti. Giovani, magri, baffuti, lo sguardo allegro, fiducioso nel futuro. In Francia li chiamavano bohémiens, da noi scapigliati. La definizione italica si deve a Cletto Arrighi, al secolo Carlo Righetti (Milano 1828-1906), laurea in giurisprudenza, giornalista, scrittore e politico. Autore del romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862), in cui definiva scapigliata, una generazione di ribelli, insofferenti a ogni regola. “La Scapigliatura è composta da individui di ogni ceto, di ogni condizione, di ogni grado possibile della scala sociale” scriveva.
Individui “fra i venti e i trentacinque anni, pieni di ingegno quasi sempre; più avanzati del loro tempo, indipendenti, irrequieti, travagliati, turbolenti.” Erano all’avanguardia, odiavano la borghesia e le accademie, amavano le trattorie e le osterie, abitavano le periferie e si raccoglievano in serate agitate come le future dadaiste e futuriste.
Bocciavano la pittura di paesaggio e di storia, prediligevano ritratti e scene di genere, temi intimi, romantici, ispirati a musica e letteratura Ed erano molto bravi a realizzarli con il loro linguaggio moderno, dai tocchi divisionisti leggeri, fosforescenti, luminosi, appresi a Brera o privatamente, da maestri come Giacomo Trecourt, Federico Faruffini, Giovanni Carnovali detto il Piccio.
A questo affascinante movimento la città di Lecco dedica una bella mostra, “La Scapigliatura. Una generazione contro” (Palazzo delle Paure, 19 settembre 2020-10 gennaio 2021, a cura di Simona Bartolena, catalogo Edizioni La Grafica/Ponte 43), che ne ripercorre storia e tappe attraverso ottanta opere, dipinti e sculture, provenienti da musei e collezioni private.
Dal concetto delle “arti sorelle” alla nascita della Scapigliatura, dal “caposcuola” Tranquillo Cremona a Daniele Renzoni e il ritratto come espressione di uno stato d’animo, dalla scultura scapigliata a Luigi Conconi e l’eredità del movimento. Questi giovani artisti sostenevano l’unità delle arti e ritenevano “sorelle” le varie discipline.
Il teorico di questo concetto era lo scrittore e giornalista milanese Giuseppe Rovani (1818-1874), impiegato presso la biblioteca dell’Accademia di Brera, morto in miseria dopo un’esistenza grama. Accadeva così che dipinti dal sapore musicale si intitolassero Melodia o In ascolto, due titoli di Tranquillo Cremona, e che opere letterarie si chiamassero Tavolozza, Penombra e Trasparenze. Poveri in canna, gli scapigliati erano frequentatori non solo di bettole, ma di salotti borghesi. Perché erano quei ricchi signori a dare loro il pane, e i mezzi per dipingere e scolpire.
E loro, gli artisti, li immortalavano in magnifici ritratti, materici, sfocati, splendenti, un grande affresco della società del tempo. Da La Giovane Italia di Mosè Bianchi e La farfalla (1877) di Tranquillo Cremona, che ritraevano due donne del tempo, a Le curiose, un acquerello del 1878 dello stesso Cremona, eccezionale ritrattista. Da La cantante Ravenè di Daniele Ranzoni alle sue Signora Maletti e Giovinetta inglese, in cui il pittore coglie sottilmente il loro stato d’animo. Bambine, nobildonne, semplici donne passano sotto il suo pennello lasciando il profumo del tempo, attimi che diventano eterni.
Luigi Conconi ci lascia Pensieri (1878-1888), Sorriso (1878-1879), La sorellina Annetta (1880) che sono flash, momenti di luce che tornano dal passato. E ancora nudi femminili e amori materni che si affacciano potenti nelle loro trasparenze. Grandi scapigliati lombardi!
LA SCAPIGLIATURA. Una generazione contro
Lecco, Palazzo delle Paure
Piazza XX Settembre, 22, 23900 Lecco LC
19 settembre 2020 – 10 gennaio 2021
A cura di Simona Bartolena
Sito per l’audioguida: www.vidicultural.it