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La mostra di Robert Capa con gli occhi degli altri

Capa in color, in scena ai Musei Reali di Torino fino al 31 gennaio 2021

La «mia» mostra di Robert Capa sono stati due signori sull’ottantina. Una coppia normale, né troppo ben vestita, né malcurata.

Ho invidiato i loro occhi. Il modo in cui hanno potuto guardare quelle fotografie ambientate tra la fine degli anni ’30 e gli anni ’50. Davanti ad alcune donne nella serie romana, lei ha chiesto al marito se si ricordasse di quella bella collana girocollo di cristalli. Un particolare presente nello scatto deve avergliela rimembrata.

Robert Capa, [Soldati britannici assistono a un incontro di pugilato su una nave per il trasporto delle truppe dall’Inghilterra al Nord Africa], 1943. © Robert Capa International Center of PhotographyMagnum Photos

I dettagli sono forse le più grandi meraviglie nelle fotografie di Capa. L’espressione arrabbiata di un bambino vestito in abiti tradizionali in mezzo a tante faccette felici, mentre io stessa mi chiedo, in effetti, quanto potessero essere felici di essere così conciati. Quella fossetta appena accennata sulla guancia del figlio di Hemingway mentre si guardano con immenso affetto.

E poi, l’umanizzazione. E in effetti i colori non possono che aiutare ad ammorbidire i tratti di quei visi, a farli sentire più vicini a chi li guarda, a creare empatia. La “mia” coppia li riconosceva quei visi. Tra i vari scatti di attrici famose, lei a un certo punto esclama: «Non l’avrei mai riconosciuta». Un passo di lato: «Lei invece sì, è Capucine». Bellissima, indescrivibile Capucine. Perché nelle sue 150 immagini a colori raccolte a Palazzo Chiablese dei Musei Reali, a Torino, Capa non è solo il fotoreporter di guerra, ma anche del cinema, della bellezza, del lusso di Roma, dello splendore delle montagne, delle piccole cose delle vite dei grandi artisti.

Robert Capa, Capucine, modella e attrice francese al balcone, Roma, agosto 1951 | © Robert Capa, International Center of Photography/Magnum Photos

Nella fotografia che ritrae una piscina affollata ho cercato ossessivamente una coppia intenta a baciarsi. Volevo vedere come le persone si baciassero in un luogo pubblico negli anni ’50. Quando stavo per arrendermi, eccoli: lei è appoggiata sulle spalle di lui, abbandonata. Ridono. Sono una gioia per gli occhi.

La mostra è divisa nel tempo, e nello spazio. Ogni luogo ha avuto per Capa un significato preciso, nella sua vita, nella sua carriera, e infine nella sua morte proprio mentre faceva il lavoro che amava. «Montmartre, ricordi?». Questa volta è lui a cercare l’attenzione di lei. Lei che sorride sotto la mascherina, ma abile a farlo anche con gli occhi: «1952, l’anno in cui è nato Claudio».

 

Torino, Musei Reali fino al 31 gennaio 2021
capaincolor.it

Infoline: 338 169 1652 – info@capaincolor.it
Orario di apertura: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

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