Gastone Biggi (Roma, 1925 – Parma, 2014) fu scrittore e pittore, tra i fondatori del Gruppo Uno nel 1962 e autore del Manifesto del Realismo Astratto (2005). Con la mostra Gastone Biggi. Il tempo della natura, gli spazi della realtà, riapre LaGalleria Arte Contemporanea di Palazzo Ducale, a Mantova. Esposte una cinquantina di opere che ripercorrono la produzione dell’artista dagli anni Cinquanta sino al Duemila. La mostra, curata da Giovanni Granzotto e Leonardo Conti, in collaborazione con la Fondazione Biggi, è visitabile fino al 7 febbraio 2021.
L’antologica in corso a Mantova riunisce alcuni cicli di opere che Gastone Biggi realizzò a partire dalle fine degli anni Cinquanta, come la serie delle Cancellate (1957), anno in cui decise di virare verso l’arte astratta, abbandonando il realismo sociale dei suoi primi quadri ancora formali. O ancora, le serie dei Racconti e dei Tempi con cui si avvicina all’Informale e dove usando frammenti di materia e di memoria realizza la superficie del ricordo. Avvicinarsi all’Informale per Biggi significa anche abbandonare il colore e dipingere solo in bianco e nero. Tuttavia il suo rapporto col colore, così come con la forma, sarà altalenante e discontinuo. Il percorso espositivo prosegue con il ciclo Continui degli anni Sessanta, dove il punto diventa il segno che registra gli attimi del nostro vivere scorrendo all’infinito sullo spazio della tela, a cui poi seguiranno Le Variabili. Qui l’operazione da centrifuga si fa centripeta, facendo dialogare lo spazio interno della ragione con lo spazio che lo circonda.
Gli anni Settanta dell’artista sono rappresentati dal ciclo Ritmi (1977-78). Si tratta di tele di grandi dimensioni, in cui Biggi torna al bianco e nero, dopo l’esasperazione cromatica delle Variabili. Lo spirito nomade lo porta a girare in Vespa per l’Italia e a spingersi fino a Berlino. Ma è a Marina di Ravenna che inizia la serie dei Cieli, con un ritorno pieno al colore, caricato dall’uso di pastelli e cere e dove il punto brillerà come una stella nello spazio con una libertà sempre controllata dalla ragione. Nelle campagne senesi invece, darà vita al ciclo dei Campi (1985) in cui una specie di scrittura ritmica scorre sulla tela obbedendo sia alle leggi e ai ritmi delle stagioni sia alle innumerevoli variazioni della luce.
Dalle suggestioni dei viaggi newyorkesi, Biggi dà vita alle serie delle Luci e delle Suite americane (1889-91): qui il realismo astratto dell’artista trovò la sua massima espressione. Il realismo degli oggetti, degli uomini, dei grattacieli si azzera per costituire un’astratta morfologia delle oscure tenebrosità della metropoli americana. Il nomadism lo conduce negli anni Novanta a Verona, città che lo ispira al ciclo delle Costellazioni (1991-95). Il rapporto spazio-natura si fa sempre più percettivo, quasi a sfiorare una dimensione fisica e tattile. Nel 1995 comincia la serie delle Icone: cercando di carpire il più profondo significato delle stagioni, fissa sulla superficie materica del quadro, fatta di sabbia e segatura, il suo gesto, così da sacralizzarlo con la stessa ieraticità delle icone sacre.
Il XXI secolo è rappresentato dalla serie delle Cosmocromie (2000-2004), degli Eventi metropolitani (2005), degli Ayron (2007-2008) e delle Puntocromie (2008-2009). Sono forse le serie più significative dell’artista, poiché nel 2005 pubblicò il Manifesto del Realismo Astratto, giungendo quindi a una sua personalissima riflessione, che lascio alle sue parole:
Ho pensato perciò nella mia ultima ricerca, cioè negli Eventi, di ritrovare il bandolo di una realtà smarrita, non restaurazione, ma un movimento in avanti come questo, che io chiamerei Realismo Astratto, dove tutte le figurazioni del reale, passate al filtro delle grammatiche astratte, possano ripresentarsi a noi con una luce inedita, diversa.
Dal 2010 Gastone Biggi inizia a dipingere la serie dei Fleurs, opere ispirate ai fiori ma con titoli e nomi di fantasia, come se l’artista avesse scritto un nuovo abbecedario botanico. Rappresentano la necessità dell’uomo di ricercare sempre il bello, come il semplice e puro profumo di un fiore, poiché come egli afferma il mondo non ha bisogno di antichi e nuovi dolori, ma piuttosto, di nuove serenità e di nuove bellezze.
Nell’espressione pittorica l’artista romano ha costantemente cercato di coniugare l’istinto con la ragione, motivo per cui in tutte le sue opere i simboli della ragione si intersecano sempre con i simboli della psiche e dell’istinto, in un dialogo tra spazio naturale e spazio mentale.
Informazioni
LaGalleria, Palazzo Ducale, Mantova
Piazza Sordello, 40
Orari
Martedì – domenica
dalle 8.45 alle 19.15 (ultimo ingresso 18.20)