Il regista Simone Manetti ha incentrato il suo nuovo film su Pippa Bacca e la sua storica performance Spose in viaggio, durante la quale l’artista perse la vita. A distanza di anni il celebre e tragico viaggio può ancora raccontarci qualcosa.
L’8 marzo 2008 Pippa Bacca e Silvia Moro partono da Milano per realizzare la performance itinerante Spose in viaggio con cui le due artiste avrebbero dovuto attraversare in autostop, vestite in abito da sposa, undici paesi toccati dalla guerra (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Libano, Siria, Egitto, Giordania, Israele). Il viaggio, però, si interrompe in Turchia, dove Pippa Bacca viene stuprata e uccisa dall’uomo che le offre un passaggio.
Sono innamorato di Pippa Bacca (2019) di Simone Manetti nasce con l’intento di raccontare la pratica artistica di Pippa Bacca, scavalcando il fenomeno mediatico e la cronaca nera con cui per anni la performance Spose in viaggio è stata raccontata, perdendo di vista la poetica e il messaggio di pace che l’artista voleva portare con sé. Il docu-film è stato presentato durante i giorni de Lo schermo dell’arte – Festival di cinema e arte contemporanea, dal 10 al 22 novembre.
Il film segue tre linee narrative che sono anche tre linee temporali: la performance, raccontata attraverso i video che Pippa Bacca e Silvia Moro hanno girato durante il loro viaggio, l’infanzia dell’artista, che lo spettatore vive tramite i video privati e le fotografie di famiglia, e il ricordo di Pippa Bacca nel presente, portato avanti dalle interviste fatte alle sue sorelle, alla madre e alla sua compagna di viaggio Silvia Moro.
Il racconto di Pippa Bacca passa attraverso le voci femminili che ne evocano la memoria come un passaggio di testimone, richiamando simbolicamente quella catena di persone che l’autostop, tanto amato dall’artista, rappresenta. Per Pippa Bacca l’autostop è un “modo per dimostrare che dando fiducia si riceve sempre bene”, una catena di aiuto ed empatia portata avanti da esseri umani che decidono di appoggiarsi l’un l’altro per andare avanti ognuno verso la propria meta.
La scelta di usare materiale di archivio proveniente da momenti diversi della vita di Pippa Bacca ricorda una tecnica artistica da lei molto amata, il ritaglio. Attraverso questi piccoli “ritagli” della sua esistenza, la figura di Pippa Bacca viene delineata senza bruschi cambi di immagine, ma con una fluidità che consente allo spettatore di entrare in piena empatia con l’artista. Il racconto affidato alle voci delle sue sorelle e della madre connette da subito la poetica e il pensiero di Pippa Bacca con la sua infanzia, contraddistinta da un modo di crescere in cui alla base dell’educazione c’erano la condivisione, la fiducia e la cura dell’altro. Le fotografie che mostrano la sua famiglia – composta da lei, quattro sorelle e la madre – sono utilizzate per parlare dei loro viaggi, dei racconti del loro furgone Arlecchino e del primo viaggio in autostop da Santiago di Compostela a Milano, quando Pippa Bacca aveva solo dodici anni.
Silvia Moro ha il ruolo importante di compagna di viaggio e di performance; l’artista racconta Spose in viaggio in una maniera estremamente personale, mostrando una totale comprensione della volontà di Pippa Bacca, nonostante, come viene raccontato da lei stessa, tra loro ci fossero state delle divergenze nel modo di approcciarsi alla performance (il motivo per cui le due hanno proseguito il viaggio da sole e non più in coppia, con l’obiettivo di incontrarsi a Gerusalemme, l’ultima tappa).
La figura di Silvia Moro è essenziale nel racconto che Manetti ha creato con questo film, perché permette allo spettatore di entrare a contatto con l’esperienza diretta della performance, e di ascoltare la voce di chi l’ha vissuta dall’inizio, da quando non era che un’idea.
Manetti costruisce una catena di ricordi, che si mescola all’amore e al supporto delle donne che parlano di Pippa Bacca. Una catena che va avanti offrendosi allo spettatore e, quindi, allungandosi un po’ di più.