Classifica cinema 2020. Da Tenet a I Miserabili, i film che hanno lasciato il segno nell’anno della pandemia
Anno nero per il cinema. Per colpa della pandemia ovviamente, ma non solo: quello che è emerso – di fronte all’emergenza sanitaria – è stato un fronte debole e impreparato, produttori e distributori che si sono buttati sullo streaming (sperimentando tariffe e formati in maniera confusionaria) e altri che hanno rimandato le uscite all’infinito, nel completo disinteresse della politica che si è limitata a chiudere le sale a doppia mandata. Complice questa situazione disastrosa, i film degni di nota arrivati in sala sono stati ben pochi rispetto a una stagione cinematografica canonica, e quelli finiti on demand & dintorni si sono rivelati spesso e volentieri cocenti delusioni. Fanno festa i giganti dello streaming, Netflix e Prime, che vedono così consolidarsi il loro legame con i grandi registi orfani delle sale (Fincher e Sorkin). L’unica nota positiva è stata la digitalizzazione dei piccoli/medi Festival che in questo modo hanno potuto raggiungere un pubblico nazionale, sebbene sempre di un pubblico di nicchia si parla.
Tirando le somme di questa annata unica e imprevedibile abbiamo stilato una classifica con i film più belli tra quelli usciti – in sala o in streaming – per la prima volta sul mercato italiano.
01. I Miserabili. Debutto sul grande schermo di Ladj Ly, non un adattamento contemporaneo del classico di Victor Hugo, ma come il romanzo è ambientato a Montfermeil, nella periferia degradata a un’ora dal centro di Parigi. Qui prende vita un thriller densissimo, nero e drammatico. Poliziotti col borsello alla ricerca di un cucciolo di leone, bande di ragazzini armati di droni stipati in un condominio alveare e boss malavitosi. Cosa potrà mai andare storto? La tragedia incombe. Ritmo serrato e tensione alle stelle, un meccanismo praticamente perfetto. Finale potentissimo.
Premio della Giuria a Cannes 2019, candidato della Francia agli Oscar 2020 (battuto da Parasite), Miglior film europeo ai Goya (gli Oscar spagnoli).
02. Memorie di un assassino – Memories of Murder. È il secondo film di Bong Joon-ho (Parasite) uscito nel 2003, ma da noi inedito fino a febbraio 2020. Nella maggior parte dei thriller la morte è un gioco o un rompicapo, ma qui la morte è accompagnata da tristezza, rabbia e frustrazione.
Il primo serial killer che ha agito in Corea ha ucciso 10 vittime di varie età, da una nonna settantunenne ad una scolaretta di 13 anni. Questo avveniva in una piccola città fuori Seoul, nell’arco di sei anni (tra il 1986 al 1991), dove sono state stuprate e uccise 10 donne. Con il passare del tempo, il modus operandi del killer si è fatto più audace e organizzato. Una vittima è stata pugnalata 19 volte al petto, mentre un’altra è stata trovata con nove pezzetti di pesca infilati nel corpo. Tutto senza lasciare il minimo indizio, interrogati oltre 3000 sospettati, più di 300.000 agenti di polizia coinvolti nell’indagine. Nessuno è stato arrestato e condannato per questi delitti.
Bong Joon-ho miscela in maniera brillante e originale morte e humor in un’atmosfera plumbea e realistica dove trovano un perfetto equilibrio elementi (all’apparenza) contraddittori. Il regista coreano dà così forma a un thriller rurale potente e profondo.
03. Dogtooth. Arrivato nei cinema italiani dopo 11 anni, è il secondo lungometraggio interamente realizzato da Yorgos Lanthimos, film che l’ha consacrato agli occhi della critica come nuovo autore di punta del cinema greco contemporaneo. Presentata a Cannes 62 nella sezione Un Certain Regard (dove si è aggiudicata il premio come miglior film), Dogthoot è una pellicola spiazzante, crudele e asettica, che si è imposta come rivelazione e primo passo internazionale che ha portato Lanthimos a scalare il gotha degli autori più amati del cinema contemporaneo.
Lanthimos, autore visionario e crudele, costruisce tutto il suo cinema attorno ai temi come la solitudine, l’incomunicabilità, l’oppressione sociale, la famiglia, il rancore e il lutto; distopico e dissacrante, l’autore accompagna lo spettatore in un percorso spaventoso e magnetico, lo disorienta e lo affascina, come una preda – letteralmente – lo attira in una trappola dopo averlo disorientato e lusingato. L’uscita in sala ha regalato al regista greco una nuova fetta di pubblico fino ad oggi ignaro del suo crudele talento.
04. 1917. Un unico piano sequenza (più di uno in realtà, ma è un trucco e non stiamo qui a sindacare) per raccontare la missione disperata di un giovane soldato durante la Prima guerra mondiale. Un esempio di grande cinema teorico, virtuoso, al limite del mero esibizionismo tecnico. Eppure… Eppure Sam Mendes (American Beauty, 007 – Skyfall) riesce nell’intento di regalare allo spettatore una grande avventura, piena di umanità.
Tre Oscar vinti su dieci, tutti per il comparto tecnico: Miglior fotografia, Miglior Sonoro e Migliori effetti speciali. Miglior film drammatico e Miglior regista invece ai Golden Globes.
05. La ragazza d’autunno: secondo film del regista russo Kantemir Balagov, che nel 2017 aveva esordito a Cannes con il bellissimo Tesnota (da noi arrivato in sala nel corso del 2019). Tornato con questa sua seconda opera a Cannes, nella sezione Un Certain Regard, il regista (classe 1991!) si è aggiudicato il Premio FIPRESCI e il premio per la miglior regia.
1945, Leningrado. La Seconda guerra mondiale ha devastato la città, demolendone gli edifici e riducendone gli abitanti a brandelli, fisicamente e mentalmente. Anche se l’assedio – uno dei più duri della storia – è finito, la vita e la morte continuano la loro battaglia in ciò che rimane della città. La guerra rompe la morale comune, sovverte i valori consolidati, stravolge le menti e i sentimenti delle persone. Due giovani donne, Iya e Masha, cercano di affrontare la vita dopo la distruzione e i traumi del conflitto, ma dare un senso alle loro vite tra le rovine non sarà facile. La ragazza d’autunno è un dramma profondo, intimo e crudo. Messo in scena con grandissimo rigore: dai toni rossi e blu di Tesnota si passa a quelli di una palette verde e gialla, sgargiante e fredda al contempo. La parte più cruda, emotiva e intensa (crudele), è la prima, poi la storia prosegue in maniera abbastanza placida – ma sempre tesa – come a ricreare la dinamica delle emozioni delle protagoniste che si ritrovano catapultate nella quotidianità dopo essere sopravvissute agli orrori e ai traumi di una Guerra mondiale.
06. L’uomo invisibile. Anche stavolta Elisabeth Moss (The Handmaids Tale, The Square) ha avuto fiuto e si è imbarcata in un progetto brillante. Leigh Whannell (già sceneggiatore di Saw – l’enigmista e Insidious) riscrive la storia dell’uomo invisibile riuscendo a renderla attuale e terrificante e riportando in auge con grande stile il filone noir damsel in distress (Angoscia – Gaslight di George Cukor, 1944; Donne e veleni – Sleep, My Love di Douglas Sirk, 1948; So che mi ucciderai – Sudden Fear di David Miller, 1952).
Il film inizia con la fuga di Cecilia (Elisabeth Moss), legata a un uomo violento, Adrian, uno scienziato milionario che la tiene prigioniera in una villa high-tech isolata dal mondo. La donna decide di non essere più una vittima e con l’aiuto della sorella, nottetempo, fugge dalla villa. Qualche settimana dopo arriva la notizia che l’uomo è morto suicida. L’incubo sembra ufficialmente finito, ma Cecilia inizia a sentire attorno a sé una strana, impalpabile, presenza… Finendo coinvolta in strani incidenti, sempre più violenti. Whannell riesce in questa operazione trasformando una storia di stalking e abusi in un horror con elementi fantastici, senza cadere nel tranello di allestire un film che sia – ad ogni costo – la tesi stessa del proprio assunto (Jordan Peele potrebbe prendere qualche appunto in proposito). In diverse scene la tensione è alle stelle, la trama è sempre coerente. La vittima non vacilla, non empatizza più col proprio aguzzino. Eravamo pronti allo scult e ci siamo ritrovati un grande horror d’autore.
07. Il lago delle oche selvatiche. Il nuovo film di Diao Yinan (Fuochi d’artificio in pieno giorno) è una pellicola che indaga la fame di potere, l’avidità e il tradimento, fenomeni che esistono in tutte le società, con alcune differenze di forma e di grado. I due protagonisti del film affrontano le loro paure: la paura della morte, la paura del tradimento. La Cina ha sofferto indicibili tragedie e oggi la corsa alla modernizzazione e allo sviluppo hanno oscurato i valori della filosofia e della letteratura tradizionale cinese. Un film notturno e silenzioso, ipnotico. Le strade deserte ci conducono attraverso un’atmosfera onirica. Il realismo magico assume una dimensione surreale, gli uomini si aggirano come animali al confine tra sogno e realtà, le scene assumono un tono quasi metafisico, comprese quelle violente.
08. TENET. Nolan si muove in territori a lui cari – il cinema della fisica quantistica che “scardina” il tempo e lo spazio – ma non nuovi sul grande schermo (da Coherence di James Ward Byrkit a Primer di Shane Carruth, da Donnie Darko di Richard Kelly fino ad Arrival, il cineforum dello spazio-tempo è ben nutrito). E se Dunkirk aveva un aspetto geometrico e glaciale (precisissimo), con Tenet il regista (sceneggiatore e produttore) mischia le carte decidendo di lasciare (per il momento?) l’equazione irrisolta: su tutto regna un fuligginoso alone di disordine e mistero. Le scene d’azione sono perfette, l’inizio è memorabile. Ottimo il lavoro sul cast: John David Washington (The Old Man & the Gun, BlacKkKlansman) è un ottimo eroe buono senza macchia e senza nome; Elizabeth Debicki (Widows – Eredità criminale, Operazione U.N.C.L.E.) perfetta in bilico tra la madonnina infilzata e la “puttana vendicativa” (cit.); Kenneth Branagh impeccabile uber villain. Tra loro brilla Robert Pattinson (con all’attivo una filmografia sempre più coraggiosa e invidiabile: High Life, The Lighthouse, The Childhood of a Leader), nel ruolo più misterioso e interessante, la spalla dell’eroe, colui che non dovrebbe sapere nulla e invece, come facilmente intuibile, sa tutto.
09. Emma. La regia di Autumn de Wilde è vivace, gioiosa e intelligente, ha il ritmo giusto e la dose di fascino necessaria per rendere sempre gustosissimo il carosello amoroso della trama, rendendo giustizia a tutti i personaggi del racconto. A darle man forte un cast più che azzeccato. Anya Taylor-Joy (The VVitch, Split, La regina degli scacchi) è una perfetta Emma Woodhouse, a volte snob, spesso comica (involontariamente, per via del mondo irreale in cui vive), a volte – ingenuamente – crudele, sempre armata (dal suo punto di vista) delle migliori intenzioni. Al suo fianco Johnny Flynn (Beast, Vanity Fair) nei panni di George Knightley, Callum Turner (Glue, Animali fantastici: I crimini di Grindelwald) è lo scaltro Frank Churchill, Josh O’Connor (La terra di Dio) il vicario arrivista Philip Elton. Tanya Reynolds (Sex Education) è perfetta nel ruolo dell’insopportabile Mrs. Elton, a Connor Swindells la parte di Robert Martin (anche lui in Sex Education), l’agricoltore che fa palpitare il cuore di Harriet Smith (interpretata da Mia Goth).
10. EMA. Dopo aver raccolto il plauso della critica con titoli come Tony Manero (2008), Il club (2015), Neruda (2016) e la parentesi hollywoodiana di Jackie (2016, con Natalie Portman nei panni della first lady Jackie Kennedy), il regista cileno Pablo Larraín stupisce tutti con un film rumoroso e caotico. Sulla scia di Climax di Gaspar Noé, il ballo s’impadronisce del grande schermo per dire qualcosa di più: Larraín colora fuori dai bordi la figura di una donna nuova, impegnata a riscrivere (apparentemente) senza troppa progettualità l’idea di famiglia convenzionale. Grazie al ritratto incendiario di questa donna in fiamme – davanti a cui nessun uomo, donna o bambino può avere voce in capitolo – Larraín dipinge un’eroina indimenticabile, determinata – e destinata – a muoversi liberamente nel mondo.
Qui per la nostra intervista ai protagonisti.