In occasione del Middle East Now festival del 2020, il MAD, Murate Art District, di Firenze, aveva allestito, nel mese di ottobre, la mostra fotografica 7×7 Seven by Seven, ideata e curata da Roï Saade. Oggi, le immagini sono ancora visibili accedendo al sito dedicato.
Gli scatti dei sette giovani fotografi mediorientali e nordafricani rappresentano la capitale del loro paese d’origine e si susseguono scandendo i giorni della settimana. Gli artisti partecipanti sono: Myriam Boulos con “Mondays in Beirut”, Sina Shiri con “Tuesdays in Tehran”, Abdo Shanan con “Wednesdays in Algiers”, Amir Hazim con “Thursdays in Baghdad”, Reem Falaknaz con “Fridays in Dubai”, Erdem Varol con “Saturdays in Istanbul” e Mouad Abillat con “Sundays in Marrakech”.
Sette artisti per sette giorni. Sette sguardi diversi su sette città metropolitane site al di fuori del continente europeo. Volendo fornire una visione chiara e d’insieme del progetto, le immagini sono accompagnate da sette quotidiani redatti dagli artisti stessi. che rivelano le storie celate dietro a ognuna delle fotografie, scattate in uno specifico giorno della settimana.
Città che spesso sono ricordate o considerate dai media per gli episodi violenti e radicali che vi hanno luogo, in Seven by Seven acquistano un’importante valenza personale, essendo le opere frutto dei lavori degli artisti, ma anche collettiva, rappresentando città e cittadini vivi, lontani dai brutali fatti di cronaca. L’insieme di lavori si configura come una “contro-narrazione alle immagini politiche delle città”, per citare Roï Saade.
Le voci che l’iniziativa riunisce provengono da zone diverse e differiscono per contesto storico, religioso, sociale e politico. Ogni fotografo porta con sé e mostra la rappresentazione della propria città e della società che abita, invitando a un racconto che attraversa stati e mostra prospettive uniche sul mondo di oggi.
Difatti, Seven by Seven desidera approfondire i temi della differenza sociale, dell’identità nazionale e della narrazione transculturale. Con quest’ultimo termine si intende la relazione di corrispondenze tra culture, comunità e individui al di fuori dei confini nazionali, che spesso finiscono per dividere le persone e stimolare un senso di “estraneità” verso l’altro, tema instancabilmente indagato da sociologi, antropologi e altri studiosi.
Il progetto diventa così un’elaborazione corale delle città, affollate di bambini, macchine, uccelli, ma anche silenziose, che permettono la riflessione. Il curatore spiega:
In quest’epoca di rivoluzioni, disordini, esclusione e individualismo, la fotografia può svolgere un ruolo fondamentale nel costruire ponti tra le comunità del Medio Oriente e del Nord Africa. L’obiettivo di questo progetto è esplorare le differenze e le somiglianze trovate in ogni città e celebrare la loro diversità e complessità.
Quello che sorprende, oltre al contenuto profondo e significativo, è l’impianto della mostra virtuale: essa non propone un’esperienza immersiva all’interno di una gallery come abbiamo già visto, ma ne rinnova la struttura decostruendola per creare uno spazio ad hoc per il virtuale, che il fruitore può navigare e scoprire senza avere l’illusione di trovarsi in un ambiente reale.