‘Oltre la Forma’, la mostra presentata ad Area35 Art Gallery ha affrontato il dilemma del racconto del reale, interrogando tre maestri del Novecento e tre artisti contemporanei.
Il reale immaginifico produce e traduce visioni spesso lontane dal dato oggettivo, oniriche narrazioni inconsce che trovano, però, spazio nell’universo oggettivo. Ciò accade nell’arte ma anche nel racconto dell’arte e dei suoi accadimenti, in special modo nel 2020. Immaginate una mostra ideata e progettata nei minimi dettagli per e con un museo estero, il Museo Nazionale d’Arte della Moldova, nella capitale Chișinău, con le opere pronte a partire, l’allestimento definito per accogliere gli artisti eil sopraggiungere dell’emergenza Covid19 in grado di sospendere tutto. Come nei tourbillons onirici, però, qualcosa muta e una mostra di matrice museale è stata accolta da Giacomo Marco Valerionella sua galleria milanese,Area35 Art Gallerye presenteonline,con in dialogo sei artisti Tano Festa, Mimmo Rotella e Mario Schifano, Luca Coser, Pietro Finelli e Paolo Manazza.
Pietro Finelli, con le opere Club Silencio, Film 1 e Film 2, presenti in mostra, riporta in auge la sovversione dell’immagine, la sua costruzione scenica per dedicarle l’istante, il medesimo fulgido ed inarrestabile, impossibile da afferrare. Una pittura, quella di Pietro Finelli, composta di memoria astratta, di rimandi ad altre dimensioni espressive e ad una visionarietà legata ad un esistenzialismo che trova consonanza con una non forma destrutturata, una decodificazione essenziale di codici altri. Artista e curatore, ora sofferma la sua ricerca su ‘una interessante dinamica che si avvia da visioni urbane e da immagini del cinema noir americano degli ’40 e ’50 per avanzare, incessantemente, secondo uno sconfinamento spaziale e poetico, di cui il dettaglio è protagonista. Ogni suo lavoro si focalizza sulla sublimazione di ciò che, in un primo istante, appare, per paradosso, invisibile allo sguardo. La forma appare e scompare, traducendosi in elemento atemporale di attesa e svelamento, nel sincopato ritmo di presenza ed assenza, in una vertiginosa sequenzialità che adombra il reale attraverso l’illusoria fantasmagoria delle sue narrazioni, non intrise di una arrendevole registrazione del dato oggettivo.’ Ciò emerge dal testo in catalogo di Oltre la Forma che, continua affermando quanto, ‘spesso, tuttavia’ per Finelli ‘la forma assume il valore di geometrizzazione dello spazio che agguanta il supporto, laddove alla cromia allontana il ruolo protagonista, come si evince dalla sua eclettica palette: sì tanto vivida quanto in grado di supportare il racconto dell’artista attraverso l’enigmaticità del bianco e nero’.
La forma, pertanto, non può sottostare alla fissità del pensiero, Finelli attua e pone in itinereun viaggio che non ha luoghi e tempi unici, è un mélange di memorie, idee, invenzioni ed artifizi o, come egli stesso affermava ‘L’immagine è quella che incontri una volta nella vita, ti apre il suo grembo e non ti abbandona più. Si apre, si chiude, si sviluppa, si attorciglia, è il sogno lungamenteatteso e visto in un brevissimo instante. Devi coglierla e sovvertirla.’
Essere in corrispondenza con quel che accade là fuori e con ciò che si intravvede ben oltre è affar degli artisti e Pietro Finelli lascia che siano gli istanti a farsi avanti, a procedere nella messa in scena e ad arruolarsi come protagonisti, tra le cui pieghe Egli può cristallizzarne alcune. Le implicazioni di tutto ciò avanzano nello spazio destinato alla pittura, alla pagina bianca del racconto pittorico, sino a che l’immagine che resta non giunge a perdere il suo carattere formale per sostare, come fantasmagoria, in una dimensione sospesa, immanente ma non ingabbiata, in una meta realtà onirica o, più semplicemente, altrimenti inenarrabile.
Un processo di frammentazione sfocata – che rimanda alle esperienze fotografiche di Finelli – si adagia tra segni densi o grafie nette, proiettando una narrazione lenta oppure immediata, aperta a plurime e corali letture, sempre nuove, sempre differenti. Luoghi, non luoghi, figure, non figure si intrecciano, s’interrogano interrogando l’astante. Attimi misteriosi, sospesi in quell’atmosfera noir che l’artista ha fatto propria e che, ben al di là della matrice cinematografica, assume poi valenza filosofica.
Tutto è sequenza, non forzata e non sempre schematicamente legata, ma v’è un precedente e vi sarà una succedanea idea sviluppata; eppure, il qui ed ora di Pietro Finelli è universo da svelare, è deriva e non si accontenta di ciò che sappiamo già, osserva il mondo da un punto di vista a noi ignoto e, perciò, diviene perturbane ed estremamente attraente.