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A Venezia, in mostra notte e giorno le opere di Chiara Calore e Greta Ferretti. In conversazione con il curatore, Daniele Capra

Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion
Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion
Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion
Ha inaugurato a Venezia nello spazio espositivo D3082 – Woman Art Venice “Io è un’altra” la mostra a cura di Daniele Capra con le opere d’arte inedite di Chiara Calore (Abano Terme, 1994) e Greta Ferretti (Roma, 1996). I lavori pittorici in grande formato, su tela e su carta, resteranno visibili notte e giorno fino 19 maggio in quelle che sono le vetrine insonni della Domus Civica nel sestiere di San Polo, dal 2018 destinate a ospitare iniziative culturali e artistiche, scegliendo di esporre solo artiste donne.

Abbiamo intervistato il curatore Daniele Capra per farci raccontare il progetto. 

Ciao Daniele, è un piacere intervistarti in occasione di questa iniziativa così interessante. Con la mostra inaugurata il 26 marzo ci proponi le opere di due giovani e talentuose artiste, studentesse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, allestite in uno spazio espositivo che è un unicum in città, e che garantisce anche di questi tempi la possibilità – ora apprezzabile più che mai – di vedere una nuova esposizione. Ci racconti come hai avuto l’idea di Io è un’altra e quali temi affronta?

Il titolo della mostra ricalca, in versione femminile, l’affermazione che Arthur Rimbaud fa nella celebre lettera rivolta all’amico Paul Demeny. Nello scritto veniva teorizzato come il poeta dovesse varcare i rassicuranti limiti dell’ordinarietà per arrivare a essere veggente, sperimentando in questo percorso “tutte le forme d’amore, di sofferenza, di pazzia”. Il profondo e ragionato “disordine di tutti i sensi” era così una fondamentale esperienza conoscitiva. In quel desiderio di abbracciare e sentire ciò che è estremo, dalla luce delle vette al fango degli abissi, Rimbaud avvertiva il senso ultimo della poesia, la sua indicibile verità. Ho avvertito la stessa tensione investigativa anche nelle opere delle due artiste, che trovo attente a estendere la propria ricerca al di fuori del recinto sicuro della propria identità, del dover corrispondere all’idea convenzionale di sé. Io è un’altra è inoltre il tentativo di mettere a confronto due grammatiche espressive apparentemente distanti, ma che in realtà sono accomunate dal metodo.

Io è un'altra, installation view (Chiara Calore), D3082, Venice, 2021, ph. Studio Mion
Io è un’altra, installation view (Chiara Calore), D3082, Venice, 2021, ph. Studio Mion

Qual è l’“alterità”, la “mostruosità”, nelle opere di Chiara Calore e Greta Ferretti?

La pittura delle due artiste, di tipo figurativo, è dotata di una forte carica interrogativa, determinata dal rimescolamento di sezioni realistiche con elementi estranei, frequentemente deformi o surreali. Sia la composizione che l’anatomia dei soggetti sono destabilizzate da situazioni improbabili e da metamorfosi. Nelle loro si combinano infatti liberamente gli immaginari del bizzarro, del racconto surreale, insieme a inaspettate inquietudini psichiche. La narrazione attivata dalle immagini, tanto nei lavori più ritmati e aggrovigliati di Calore quanto in quelli più lirici e distesi di Ferretti, conduce inevitabilmente a un’alterazione del flusso diegetico, al manifestarsi di un evento inatteso, misterioso. In questa forma l’io si polverizza, deflagra per proiettarsi altrove, in forma plurima, indefinita. Si perde, diventa altro…

Sei molto attento al panorama degli artisti emergenti a Venezia, con i quali lavori spesso a mostre e progetti. Come hai scoperto le artiste di Io è un’altra?

Frequento continuamente gli studi degli artisti, le gallerie, l’Accademia di Belle Arti, le mostre, i luoghi di residenza, non solo a Venezia. Ho conosciuto Chiara Calore quando era in residenza alla Fondazione Bevilacqua La Masa, qualche anno fa. Era molto più controllata e attenta al dettaglio figurativo, mentre oggi la sua pittura è più libera, irriverente, a tratti folle. Invece ho avuto modo di conoscere Greta Ferretti l’anno scorso con il workshop Extra Ordinario, che abbiamo realizzato per un paio di mesi da Vulcano, insieme ai ragazzi dell’Atelier F, il principale corso di pittura dell’Accademia di Venezia. Greta è stata una scoperta lenta, progressiva. È un’artista onirica, densa, conscia anche pittoricamente del potere del silenzio.

Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion
Chiara Calore, Eden #1 (det.), 2021, pigment, oil, tempera and spray on canvas, 180 x 296 cm, ph. Studio Mion

D3082 – Woman Art Venice, questo il nome dello spazio espositivo che ospita la mostra, è parte della Domus Civica, un convitto universitario e residenza al femminile che ha scelto di esporre esclusivamente artiste. Delle opere in mostra apprezzo particolarmente la rappresentazione introspettiva, poliforme, mostruosa, libera ma anche liberatoria, che le caratterizza le artiste prima come individui che prettamente come donne. Credo infatti che a volte il concetto di “arte al femminile” possa costituire una gabbia capace di creare aspettative circa il contenuto o la forma di un’opera, offuscandone la lettura di una stratificazione di significati più complessa. Cosa hai apprezzato di più della visione di Chiara Calore e Greta Ferretti?

Condivido le tue riserve sull’idea di arte al femminile. È uno stereotipo spesso inconsapevolmente alimentato anche da coloro che, in buona fede, si illudono di “aiutare le donne”. Un paio di anni fa ho curato insieme a Giuseppe Frangi la mostra Libere tutte, a Casa Testori, che era nata dall’esigenza di raccontare la significatività della ricerca condotta nel nostro paese dalle artiste. Decidemmo sin da subito di non usare mai la parola “donna” né l’aggettivo “femminile”, perché rimandava a questioni di supposta intimità, di delicatezza, che sono tipici stereotipi di chi vuol confinare le artiste in un recinto. Penso che tale criterio lo dovremmo usare sempre. Non esistono infatti temi o approcci femminili. Esistono le persone, che possono essere artisti, artiste o qualsiasi altra cosa sta loro a cuore. Sappiamo di certo che le artiste devono faticare ancora di più rispetto ai colleghi per emergere, o stare a galla. Da curatore e cittadino trovo importante che vi siano istituzioni come la Domus Civica abbiano scelto di supportare il lavoro di artiste complesse come Calore e Ferretti. C’è un aspetto che più mi affascina della loro pittura: il fatto che l’osservatore sia tenuto in scacco dall’impossibilità di ricondurre l’immagine a una logica intellegibile, al contrario di quanto la figurazione apparentemente suggerirebbe. Ciò che a prima vista risulta chiaro è infatti nelle loro opere un falso indizio. È una strada sbagliata che sprona l’osservatore a tenere alta l’attenzione, a pensare che, in definitiva, guardare non basta.

Io è un'altra, installation view (Greta Ferretti), D3082, Venice, 2021, ph. Studio Mion
Io è un’altra, installation view (Greta Ferretti), D3082, Venice, 2021, ph. Studio Mion

D3082 – WOMAN ART VENICE

San Polo 3082, 30125
Venezia – Veneto
info@d3082.org
http://www.d3082.org

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