Print Friendly and PDF

Just Want To Be Loved: una conversazione con Flavia Albu e Cecilia Mentasti

Flower vase (from Nasty Jay smooth opulent sex) Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear Flower vase (from Nasty Jay smooth opulent sex) Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear
Flavia Albu - Jus t Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Paleari
Flavia Albu

Jus
t Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Paleari

“Just Want To Be Loved” è la personale di Flavia Albu, con la partecipazione di Cecilia Mentasti, a cura di Marta Orsola Sironi (ovvero chi scrive) ospitata da State Of____ negli spazi di Areté Showroom dal 13 aprile al 6 maggio 2021. La mostra indaga, attraverso opere inedite, l’identità multipla e ambigua delle immagini e la connessione che in esse intercorre tra la sfera della visibilità e quella del potere.

M.O.S.: “Just Want To Be Loved” è la tua personale ospitata da State Of____ negli spazi di Areté Showroom. La mostra riflette sulla complessità delle immagini, l’ambiguità che esse possono rivestire e la fascinazione esercitata dai simboli di potere. Il titolo trae spunto da “What do pictures want?” di W. J. Thomas Mitchell, saggio nel quale lo studioso propone di pensare alle immagini come fossero soggetti animati con desideri propri al fine di elaborare un nuovo approccio concettuale ai visual studies. Mitchell paragona le immagini a categorie socialmente deboli, come le donne, cui spesso non viene chiesto ciò che vogliono, ma al contrario sono attribuiti desideri esterni, come appunto essere amate e concupite. Invece, ciò che le immagini desiderano, così come le donne, è che si chieda loro ciò che vogliono. Ovvero gli stessi diritti del linguaggio di essere considerate individui complessi, che assumono molteplicità di posizioni soggettive e identità.

Per “Just Want To Be Loved” hai portato in mostra opere inedite, realizzate appositamente per lo spazio di Areté Showroom, scegliendo un titolo ispirato alle ricerche dell’accademico americano. Quale è il tuo rapporto con l’immagine? Come ti poni nei confronti di un simile spunto teorico e delle trattazioni riguardo il potere delle immagini?

F.A.: Mitchell è una lettura di almeno due anni fa, che è stata per me molto significativa. Quando il progetto espositivo è giunto al suo apice, insieme a Cecilia Mentasti ho ripensato al saggio e ho capito che “Just Want To Be Loved”, risposta cliché alla domanda su cosa vogliono veramente le immagini e le donne, fosse il miglior titolo possibile. Mi interessa Mitchell perché nel contesto di un discorso sul potere delle immagini e sulla loro lettura politica, afferma la loro identità multipla, soggettivizzandole, peraltro attraverso la metafora del “potere debole”. Questa personale è per me un modo per portare a un nuovo livello la mia ricerca intorno alla complessità e plurivocità delle immagini e ai diversi livelli di lettura che le riguardano.

La loro identità multipla era ciò che, in fondo, mi interessava anche nella mostra “Filters” da Dimora Artica, di circa otto mesi fa, nella quale indagavo i cortocircuiti tra trasparenza e opacità in relazione ad un problema di lettura e interpretazione della pittura e del suo referente. In “Just Want to Be Loved”, è certamente la serie “Stil life” ad aprire questo discorso sulla verità dell’immagine, in un accordo più serrato con i toni usati da Mitchell.

Flower vase (from Nasty Jay smooth opulent sex) Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Paleari
Flower vase
(from Nasty Jay smooth opulent sex)
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Paleari

M.O.S.: Questa mostra sviluppa un percorso che si svolge in pochi mesi, più precisamente da inizio 2021 al 13 aprile 2021. Perché scegliere di esporre in tempi così ristretti e, soprattutto, che valore ha questo progetto nell’evoluzione della tua ricerca?

F.A.: Le mostre sono spesso dei catalizzatori per la ricerca. “Just Want To Be Loved” è l’istantanea di un lavoro sperimentale, prodotto praticamente in due mesi, e che deve ancora sedimentarsi. Fare una mostra, in alcuni casi, significa anche accelerare i tempi di analisi e sintesi del lavoro che si sta facendo, ricavarne dei giudizi. Come ho già accennato, questa personale porta con sé alcune questioni che sono di vecchia data nella mia indagine. Esse convivono con altre più nuove, che sostanzialmente non mi allontanano radicalmente rispetto alle prime ma semplicemente le mettono alla prova, attraverso una varietà di media e pratiche che aprono a diversi ordini di grandezza.

Flower vase (from Nasty Jay smooth opulent sex) Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear
Flower vase
(from Nasty Jay smooth opulent sex)
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Palear

M.O.S.: I tuoi lavori hanno molti legami con immagini religiose e politiche in quanto simboli di potere e forze che esercitano una fascinazione sull’osservatore. Che ruolo ha questo discorso nella tua pratica e come si traduce?

F.A.: Non vorrei appropriarmi in modo unilaterale di evidenti e dichiarati simboli di potere politici o religiosi. Per esempio in “Flag”, installazione video presentato a Dimora Artica lo scorso ottobre, il simbolo di potere, la bandiera, era solo uno dei pesi della bilancia, che veniva coniugato ad un altro aspetto importante: l’analogia con la pittura, la superficie pittorica, la trasparenza, l’aleatorietà o l’assertività ad essa connesse (e più in generale legate all’attività rappresentativa).

Nella serie “Still Life” e in “Senza Titolo” esposti a State Of____ c’è sempre un interesse per la relazione tra il potere e il dispositivo pittorico. Anche in “LWY”, che è potenzialmente uno strumento di potere, c’è un interesse per la relazione tra esso e gli aspetti formali: visibilità, luce, sinuosità.  Quindi, ad interessarmi non è tanto affrontare un soggetto, come potrebbero esserlo il porno o il potere militare o religioso, ma le possibilità dell’immagine, anche nel momento in cui si configura come intersezione irrisolvibile di concetti dicotomici, oppure li supera rendendoli ininfluenti.

Ciò che conta per me è il discorso in merito alla visione, alla generazione e alla ricezione dell’immagine; in definitiva il rapporto complesso che le immagini intrattengono con il potere, inteso in senso lato.

Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Paleari
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Paleari

M.O.S.: Si può dire che la tua sia una discussione meta-concettuale che indaga il funzionamento dell’immagine e i suoi posizionamenti?

F.A.: Si, intendo il potere in senso lato e diffuso. Una dinamica di potere è presente anche nel fare un quadro e appenderlo a parete. Sono interessata agli aspetti formali del potere e a quello implicito in qualsiasi dispositivo o attività rappresentativa e visiva.

I soggetti che scelgo di affrontare quindi – completando anche la precedente domanda – rientrano in questa catena di relazioni; anche la serie “Still life” lo fa.

Drape Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear
Drape
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Palear

M.O.S.: Pur essendo la tua ricerca molto concettuale, vi è sempre una profonda consapevolezza tecnica e manuale. Che ruolo vi rivestono la pratica artistica e il fattore tecnico?

F.A.: Il fattore tecnico è una continua esplorazione e interrogazione dell’immagine, forse ne è anche il punto cieco: la soggettivizza e fa sì che l’intenzione e la volontà da cui si origina oscillino in un rapporto continuo di identità e differenza rispetto ad essa. Una cosa è scegliere di riprodurre una determinata immagine, un’altra è riuscire a farlo davvero: bisogna fare i conti con il fattore tecnico e i suoi imprevisti. Durante il processo di realizzazione intervengono resistenze e imprevisti che condizionano la resa finale. Vi sono sempre delle variazioni minime che modificano l’immagine e la caratterizzano nella sua complessità. Questo aspetto è imprescindibile e concorre alla resa finale e alla discussione concettuale.

Blue Box (from Petit girl fucks blue dragon dildo) Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear
Blue Box
(from Petit girl fucks blue dragon dildo)
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Palear

M.O.S.: A proposito di consapevolezza tecnica, vorrei concludere questa intervista con una domanda a Cecilia Mentasti, autrice delle tre opere “Soft Soft Soft”, “Lie me down”, “Love is love” (2020-2021). Si tratta di tre casse di trasporto del ciclo “Protect What You Love!” iniziato nel 2018, con il quale porti all’attenzione un discorso in merito alle necessità del prendersi cura dell’arte ma, anche, alle modalità tramite cui un display può sottilmente modificare la lettura dei lavori. Quelli in mostra presto State Of_ sono tre doni che tu fai a Flavia Albu e ai suoi dipinti. La tua pratica artistica si confronta con determinati sistemi, in particolare quello artistico, per andare a prendersi cura di quelle situazioni marginali, quelle invisibilità, come gli Art Workers, i fogli di sala, le opere effimere e appunto gli imballaggi. Vuoi parlarci di questa ricerca, a mio parere tanto radicale quanto autentica sulla reciprocità e responsabilità?

C.M.: Non sono sicura che il mio lavoro sia radicale, penso che questo sia semplicemente una sorta di conseguenza inevitabile di quello che è l’oggetto della ricerca, ovvero, come dici tu, alcuni elementi marginali del sistema dell’arte. In origine tutti questi elementi hanno iniziato ad interessarmi perché percepivo in loro una certa “artisticità” latente. Un esempio sono i piani di fuga dei musei, che di fatto non sono opere ma vengono trattati secondo paradigmi molto vicini a quelli generalmente destinati ad esse: sono oggetti grafici, spesso incorniciati ed esposti alla fruizione del pubblico. Nella mia pratica cerco sempre di lavorare con quello che già esiste. Non credo molto nell’invenzione e questo mi porta a mettere sotto i riflettori elementi che già esistono nel paesaggio dell’arte, ovvero, in un certo senso, il mio luogo di appartenenza quotidiano.  Proprio qui si inserisce la questione della cura, che come dici è per certi versi il punto comune del mio lavoro ed è inscindibile da questo discorso. La cura nei confronti dell’opera è, infatti, dal punto di vista degli intenti, il fine delle istituzioni dell’arte. Allo stesso modo, responsabilità e reciprocità sono dirette conseguenze dell’idea di cura, che, nel mio caso, prende molto spesso in prestito le dinamiche del rapporto amoroso attraverso la modalità della gratuità e del darsi. Nella serie “Protect what you love!” le casse sono sempre pensate per dei lavori specifici e vengono donate agli artisti e alle opere, con l’idea che non possano più venire separate da esse. Come hai sottolineato, uno degli aspetti fondamentali di questa ricerca è proprio il fatto che veicola una lettura alle volte sottilmente diversa alle volte addirittura dispettosa dell’opera, cambiandone alcune delle possibili significazioni, un po’ come per il rapporto amoroso che, inevitabilmente, cambia la natura del singolo.

Flavia Albu - Just Want To Be Loved - Courtesy the artist and State Of - Milano IT - ph Francesco Palear
Flavia Albu

Just Want To Be Loved

Courtesy the artist and State Of

Milano IT

ph Francesco Palear
Flavia Albu è un’artista visiva, diplomata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Tra le mostre personali recenti si annoverano “Filters” presso Dimora Artica a Milano e “DRESSING” presso Atelier Alifuoco di Napoli. Flavia Albu è anche un membro del team organizzativo del project space milanese BRACE BRACE.
Cecilia Mentasti (1993) è un’artista visiva e art-worker. La sua pratica riflette sul concetto di prendersi cura, occupandosi di elementi marginalizzati all’interno di diversi sistemi di riferimento, con un interesse particolare per quello dell’arte. Dal 2019 è tra i co-fondatori di BRACE BRACE.

Commenta con Facebook