“Come prendere un colpo in faccia con una mazza da baseball”: è così che deve essere l’arte per Bruce Nauman ed è così che si propone anche la mostra Bruce Nauman: Contrapposto Studies, visitabile fino al 9 gennaio 2022 negli spazi di Punta della Dogana, a Venezia.
L’esposizione, curata da Carlos Basualdo e Caroline Bourgeois, nasce dall’acquisizione, da parte della Pinault Collection e del Philadelphia Museum of Art, di alcune importanti opere dell’artista americano, tra cui il nucleo di video Contrapposto Studies, I through VII (2015 – 2016), da cui prende il via il percorso della mostra.
In questa serie di video, Nauman attinge ad un suo progetto precedente, del 1968 (anch’esso ammirabile in mostra), utilizzando però tecnologie più sviluppate. La rappresentazione, però, rimane la stessa: l’artista si riprende in t-shirt e jeans, nel suo studio, mentre cerca di camminare mantenendo la posa del contrapposto, tipico elemento della scultura classica. L’artista appare però inevitabilmente maldestro, goffo, mandando così in frantumi uno dei principi alla base dell’arte occidentale.
Già con quest’opera, dunque, lo spettatore può entrare in contatto con i grandi temi che caratterizzano tutto il percorso espositivo, temi su cui Nauman torna anno dopo anno in maniera quasi ossessiva: il corpo come strumento per fare arte, lo studio d’artista, la frammentazione della realtà e degli schemi a noi più noti.
L’artista, infatti, gioca con il linguaggio, con i suoni e con lo spazio per mettere a disagio lo spettatore, per mandare in pezzi ogni sua certezza, come nel caso diFor begginers (all the combinations of thumb and fingers), che si rifà al concetto di apprendimento della lingua da parte dei bambini, ma che, con le sue ripetizioni costanti, crea un’atmosfera alienante, minacciosa.
E minacciosa è anche l’installazione Sound breaking wall: da una parete bianca provengono rumori di passi, qualcuno che respira, una risata.
Tutto ciò è ulteriormente amplificato dall’azzeccata scelta di allestimento di schermare le finestre di Punta della Dogana, immergendo lo spettatore in ambienti scuri, tetri, e contagiando con quest’atmosfera anche la laguna esterna.
D’altronde,Nauman non è certo interessato a mettere a sua agio lo spettatore: vuole disorientarlo, destabilizzarlo, perché solo a quel punto può spingerlo a riflettere su quanto siano labili concetti come il suono, il linguaggio, le stesse immagini: concetti che diamo per scontato tutti i giorni.
Un elemento importantissimo è poi ovviamente quello tecnologico, sfruttato al massimo da Nauman fin dagli anni ’60 e di cui si può riscontrare l’evoluzione nell’esposizione.
Se le prime performance, registrate su videocassetta, sono riproposte con schermi di circa cinquant’anni fa, le opere più recenti sfruttano addirittura le possibilità date dal 3D e dai tablet.
Mentre le immagini proiettate si fanno più nitide, il corpo dell’artista si fa però più maldestro, invecchia. In Walking a line, del 2019, addirittura inciampa, mostrando quanto sia difficile mantenere la stabilità,mentre avanza in una posa in cui il curatore della mostra, Carlos Basualdo, vede un riferimento alle scene di crocifissione. Ma questa incapacità dell’uomo di mantenere l’equilibrio mentre la tecnologia permette soluzioni sempre più precise, “stabili”, non è forse rappresentativa dell’intera società?
Si tratta perciò di un’opera profondamente umana, quasi commovente nella sua fragilità e nel desiderio di Nauman di mostrarsi così candidamente.
Ma profondamente umana è, in realtà, l’intera esposizione, che dimostra un’eccezionale capacità comunicativa dell’artista, il quale, all’età di 79 anni, si riconferma come grande interprete della cultura contemporanea.