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Spostare l’immaginario. Niccolò Masini e Marcello Nitti in mostra al Must di Lecce

Marcello Nitti, Senza titolo (dittico) Marcello Nitti, Senza titolo (dittico)
Marcello Nitti, Senza titolo (dittico)
Marcello Nitti, Senza titolo (dittico)

Al Must di Lecce va in scena Immagini/Immaginari, mostra dedicata a Niccolò Masini e Marcello Nitti. I due giovani artisti sono stati selezionati dal curatore Lorenzo Madaro nell’ambito del progetto CreArt.

Una distesa lattea in linee orizzontali, addensa rade increspature tra sagome più o meno disperse, fino al taglio netto di un cielo oscuro e impietoso.  Cespugli, vegetazioni basse e fitte, altre più rade ma boschive, si aprono in spazi aperti, ora più ampi ora più angolari, ma ugualmente sprovvisti di forme umane, che vengono attraversati, di taglio, da corpi altri ed estranei: solidi geometrici che incombono dal cielo o dilagano la loro ombra nello scenario. Come una mappatura sensibile si presenta Immagini/Immaginari di Niccolo Masini e Marcello Nitti, – selezionati dal progetto CreArt- a cura di Lorenzo Madaro, presso il Must di Lecce. Pur “abitando” universi nemmeno paralleli, per percorsi e attitudini dissimili, i due giovani artisti condividono, nella doppia personale, la pratica pittorica intorno all’idea di “spazio” e di scrittura di nuove cartografie del possibile.

Nomadici e rabdomantici i soggetti pittorici di Masini peregrinano nell’elemento acquatico costantemente, senza un’apparente soluzione di approdo. I corpi, privati di identità peculiari o di caratteristiche rilevanti, si staccano dalla propria solitudine, creando moltitudini, in alcuni casi, ma rimanendo sempre lontani dalla riva in una distanza cosmica indefinita, tra dispersione e ricerca apolide di una terra che non si intravede nemmeno. Alcune sagome rosee affiorano in primo piano alla vista, mentre altre si dissolvono più in là in indefinite punteggiature indifferenziate e in dissolvenza, verso il confine tra il netto dello sfondo nero e il bianco pastoso di un mare lattiginoso poco accogliente. La consistenza della pittura si sostituisce a quelle dei corpi e delle figure antropiche, l’unica definizione non è nella loro storia, ma corre lungo la linea dell’orizzonte. Severo e netto, unico aspetto definito, appare il confine tra il nero cupo del cielo e le acque terrestri, dividendo in due sezioni la composizione visiva: le vicissitudini antropiche e un ostile, quanto improvvido, locus, non certo amoenus.

Niccolò Masini, The pilgrimage of humanity. PH Cosimo Pastore
Niccolò Masini, The pilgrimage of humanity. PH Cosimo Pastore

“The Pilgrimage of Humanity”  è il nome della serie a cui appartengono molte delle opere presenti in mostra, di Masini, giovane artista genovese, esplicitando una ricerca interessata non solo a temi come la transumanza migratoria del genere umano, ma sensibile anche all’innesto di fenomeni antropici, sociali e politici, nello spazio in cui ciò avviene, unitamente alla scelta di un elemento ricorrente, l’acqua, paradigma della precarietà  e di un senso di sospensione ineluttabile. Uno scenario distopico che naviga a vista tra spazio indeciso e non luogo, quello stesso che Marc Augè riconosceva come inevitabile conseguenza della postmodernità. I corsi d’acqua, dunque, diventano elemento disgregante, scenario di diaspore tragiche o di limbi visivi in cui stazionano peregrini, in un perenne stato di attesa che è un divenire eterno. Alla deriva, fondamentalmente soli, i corpi come metafora del passaggio su una superficie, quella terrestre nella fattispecie.

L’elemento acquatico e i suoi flutti, oltre ad evocare la percezione della perdita di radicamento, assumono una valenza significativa di confine tra territori, politici, fisici, ma anche tra il territorio antropico e quello ambientale. Aspetto, questo, che culmina nell’installazione video “Pilgrims”, dove la quantità di distesa d’acqua, rarefatta e biancastra, ha conquistato una dimensionalità maggiore, soverchiando anche il crudo cielo nero di sfondo. Sospeso e galleggiante, il vivere umano sembra sospinto a rinunciare al suo essere ormai stanziale da secoli per arrendersi ad una nuova condizione di nomadismo. E’ la precarietà delle condizioni della vita umana in relazione con un, ormai, paesaggio alterato a riverberare nelle opere di Masini, tale da modificare l’immaginario collettivo e la percezione di tempo di cui, come affermava W.G. Sebald in “Austerlitz”, (Adelphi 2013) non ne capiamo i confini: “Noi non comprendiamo le leggi che regolano il ritorno del passato, e tuttavia ho sempre più l’impressione che il tempo non esista affatto, ma esistano soltanto spazi differenti, incastrati gli uni negli altri”.

Niccolò Masini, The pilgrimage of humanity. PH Cosimo Pastore
Niccolò Masini, The pilgrimage of humanity. PH Cosimo Pastore

Nei “non luoghi” paesaggistici di Nitti, la dimensione apparentemente idilliaca, resa grazie ad una approfondita e accurata conoscenza della tradizione pittorica, diviene sospesa grazie all’inserimento di segmenti cromatici, sotto forma di solido geometrico, o monolite incombente di non facile identificazione, afferenti ad una ricerca visiva e poetica dell’artista. Si realizza un’esplorazione del paesaggio, del fuori, dell’ambiente noto o lontano, ma in qualche modo controllato dall’attività mentale. Gli scenari paesaggistici, forieri di dettagli vegetali e cura prospettica, subiscono l’irruzione materiale di porzioni di materia, recante colori netti, linee oblique e diagonali che attraversano da parte a parte alberi, radure, lembi di terra, porzioni di cielo trafiggendo l’atmosfera rarefatta e sospesa intorno.

La rifrazione della luce diventa essa stessa fattore perturbante, così l’arcobaleno si presta a divenire “altro” – come nella serie “Different Rainbow” –  corpo estraneo e dall’insuistato sviluppo geometrico all’interno della composizione visiva. Dai grandi ai piccoli formati, gli scenari vengono attraversati incessantemente da corpi – nei toni del rosa o del blu-  che diventano solidi geometrici, ingombranti lo spazio, e intenti ad una modifica profonda dell’immaginario, rendendolo non riferibile a latitudini specifiche e soprattutto, atemporale.

Tra le sfumature di cieli sempre attraversati da nuvole all’orizzonte, i solidi abitano, al posto dell’umano panorami di mondi sconosciuti.  Il luogo sembra crearsi nell’idea stessa fino al punto da far fluttuare il presente nell’altrove, esponendo la mente a un mutamento di paradigma. Avviene quindi la traduzione del paesaggio in ragionamento: un’equazione tra mindscape e landscape, dove il monolite connette le sezioni, abita come infrastruttura architettonica l’ambiente rappresentato, ne perimetra i contorni, fino a prendere forma materica nello spazio espositivo, in forma di supporto e dispositivo concreto su cui l’artista traccia un paesaggio unico su ogni faccia del solido, “Prism Landscape”. La sua comparsa culmina, come navigatore di una nuova odissea nello spazio, galleggiante a pochi metri dal suolo, nello spazio profondo e metafisico di “Floating”, installazione visiva e sonora, che si accompagna ad  una traccia audio contenente il suono dello spazio rappresentato: rilevazioni ambientali registrate nei pressi dell’Ilva di Taranto.

Il monolite declina, quindi, il suo valore plurale di materia di cui non si possono oggettivare provenienza e funzione, fluttua, piuttosto, nella sospensione spaziale come un’intelligenza unitaria artificiale e complessa, con una sua propria attività cognitiva. In un piano ucronico, dove il futuro sembra un inganno esteso dalla letteratura fantascientifica, il presente pone le sue basi nella pratica immaginativa dello shift generato dall’evento antropocene.

Se la geografia è finita, e Matteo Meschiari in “ Neogeografie – Per un nuovo Immaginario terrestre-” (Milieu, 2019)  ne parla come di un’avventura in esaurimento dello spazio e del tempo e della conoscenza, si può pensare che anche questa è in cerca di una nuova identità epistemologica, recuperando l’idea di un concetto di base specifico: lo spazio, quello stesso che consente di stravolgere e costruire un immaginario collettivo e al tempo stesso di sottoporlo ad un suo fluido dissolvimento.

Marcello Nitti, Prism Landscape. PH Cosimo Pastore
Marcello Nitti, Prism Landscape. PH Cosimo Pastore

Informazioni

Immagini/Immaginari, di Niccolò Masini e Marcello Nitti

A cura di Lorenzo Madaro

Must, Via degli Ammirati, 11 Lecce

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