Critico, editore, gallerista e collezionista, protagonista del Dadaismo e del Surrealismo, Schwarz aveva 97 anni. Il ricordo dell’artista Bruno Ceccobelli
“Un grande critico, gallerista e collezionista dell’arte internazionale, sopratutto degli artisti surrealisti. Con i quali aveva avuto rapporti stretti, e che esponeva nella sua libro-galleria milanese. Tanto che negli anni ’60, nell’ambiente anglosassone, era chiamato ‘Mr. Surrealismo’“. Così l’artista Bruno Ceccobelli ricorda l’amico Arturo Schwarz: il grande intellettuale, una delle ultime vere colonne dell’arte del secolo scorso, morto a Milano all’età di 97 anni. “Affascinato dalla cultura ebraica e dalla Cabalà, scrisse vari e profondissimi libri sull’alchimia e sessualità; su questi argomenti avevamo degli interessi in comune”, ricorda l’artista. “Certo era un materialista laico, l’unica fede quella Trozkista, non apprezzava la mia cultura teosofica, Cartesio era il suo Dio. Con lui ho fatto varie mostre e un libro (insieme anche a Daniele Crippa, direttore del Museo del Parco di Portofino) che lo divertì molto dal titolo ‘Eroi d’eros’”.
E proprio l’adesione alle idee di Trotskij segnò per lunghi decenni l’esistenza di Schwarz: nato nel 1924 ad Alessandria d’Egitto da padre tedesco e madre italiana, a causa della sua militanza fu arrestato dalla polizia, internato e torturato per diciotto mesi, scegliendo poi di trasferirsi in Italia, a Milano. Ma anche qui lo seguì la condanna delle sue idee, e fu duramente avversato da Palmiro Togliatti. Nel frattempo lui era entrati da protagonista negli ambienti del Dadaismo e del Surrealismo, amico e collezionista di artisti del calibro di Marcel Duchamp, André Breton, Man Ray, Jean Arp. Nel 1954 aveva aperto una sua libreria milanese, trasformata nel 1961 in galleria e rimasta attiva fino al 1975. Presentando gli esponenti più significativi delle avanguardie storiche.
Una pagina scura
E proprio alla sua collezione è legato il suo rapporto viscerale con l’Italia, e assieme una delle pagine più scure per le nostre amministrazioni culturali. “Ha creato un museo a Tel Aviv, il Museum of Art, dove tre le sue donazioni inserì anche una mia opera“, ricorda ancora Ceccobelli. Ma Schwarz provò inutilmente a donare all’Italia la sua strabiliante collezione, ricevendo incredibili e immotivati rifiuti. “Per anni ho proposto la donazione allo Stato, invano”, rammentava lui stesso in un’intervista. “È andata così con Pillitteri, con Borghini, con la Bono Parrino, con Fisichella, finché ho deciso di donare metà delle opere a Gerusalemme e a Tel Aviv, dove mi hanno accolto a braccia aperte”. Solo dopo anni, grazie al ministro Veltroni e all’allora direttrice Sandra Pinto, una parte – residuale – della storica collezione poté entrare alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.