Narrativa astratta tra finzione e fantasia con le opere di Silvia Bächli, Jessica Stockholder e Allyson Strafella nel trittico dedicato al disegno da Raffaella Cortese di Milano. Dislocata nelle tre sedi della Galleria in via Stradella (zona Loreto-Abruzzi) il supporto cartaceo e il disegno sono protagonisti e tessono le trame di un racconto che mette in luce analogie e differenze tra le opere realizzate dalle tre artiste, tra le più riconosciute e attive nel panorama contemporaneo internazionale.
L’esposizione, inaugurata il 20 maggio 2021 e visitabile per tutto il mese di agosto, nasce dalla volontà di far dialogare l’ispirazione artistica di Silvia Bächli, Jessica Stockholder e Allyson Strafella nei tre spazi della Galleria in via A. Stradella, rispettivamente al civico 1, 7 e 4. Il disegno è filo conduttore della narrazione, declinato attraverso gli approcci e le poetiche che caratterizzano e accomunano, per analogia o differenza, ognuna delle protagoniste.
L’esposizione, che prende le mosse dal desiderio di oltrepassare i confini del supporto cartaceo, superando cornice e bidimensionalità, è una finestra sulla scena contemporanea internazionale con i lavori di una generazione di artiste nate tra la fine degli anni Cinquanta e Sessanta che ha fatto la storia dell’arte. Da Seattle a Broolklyn, passando per Berna, i lavori di Bächli, Stockholder e Strafella sono infatti stati esposti alla Fondation Beyeler di Basilea, al Centre Pompidou di Parigi, al MoMA Museum of Modern Art di Nel York, all’Hammer Museum di Los Angeles, al Museo National Centro de Arte Reina Sofia a Madrid e alle OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, tra gli altri. La mostra dunque si presenta come un vero e proprio evento, che vede per la prima volta dialogare le tre artiste sul parterre comune del foglio di carta, supporto fragile ma poeticamente indistruttibile, la cui potenzialità di declinazioni e formule lo rende veicolo di visioni astratte e immaginifiche.
Jessica Stockholder (Seattle, 1959), con What is normal, apre via A. Stradella 1, in un’osmosi tra materia e colore che invade letteralmente e fisicamente il luogo di destinazione. Attraverso una molteplicità di significati, le opere di Stockholder realizzano sinestetiche soluzioni utilizzando gli oggetti del quotidiano. Tessuti, tulle, lacci per le scarpe, fili, oltre che carta, costituiscono infatti la serie Corona Virus homeworks (2020), strettamente legata al periodo di confinamento in cui l’artista, impossibilitata a recarsi nel proprio studio, si è misurata con i materiali che aveva in casa.
Cucendo, incollando e tagliando, Corona Virus homeworks sono delicati volumi scultorei che rivelano spazi pittorici duali nei quali forma e convenzione si uniscono per creare un significato altro in relazione al luogo in cui si trovano. Cifra stilistica della Stockholder infatti è la capacità di destrutturare le varie discipline, quali scultura, pittura, disegno e collage, e decontestualizzarle includendo oggetti di uso quotidiano, come mobili, sedie, tappeti, attrezzi da cucina e materiali edili. Citando le parole di Germano Celant, le opere di Jessica Stockholder possono essere interpretate come una griglia strutturale che rifiuta i confini tra materico e cromatico, rigido e morbido, artigianale e industriale. Traduzione visiva della griglia strutturale individuata dal critico prematuramente scomparso è Holding hardware, del 2021, realizzata ad hoc per gli spazi della Galleria Raffaella Cortese. L’opera, penetrante per i suoi colori brillanti, acidi e luminosi, è un’installazione a parete il cui scheletro in acciaio è imbullonato al muro, mentre corde blu e arancioni si estendono su tutte le superfici e dimensioni del luogo. L’opera è legata agli Assist, una serie di lavori in cui la scultura esige un supporto per il suo sostegno. Margine, confine, dipendenza e autonomia costituiscono il filtro attraverso cui l’artista scompone, immagina e restituisce la realtà.
In occasione di ArtBasel, Basel a settembre 2021, La Galleria Raffaella Cortese, tra le selezionatissime partecipanti della Galleries section, presenterà in anteprima Origin of the World (2021), un’installazione che dialogherà con i lavori di altrettante riconosciute e importanti artiste in un progetto espositivo tutto al femminile, quali Yael Bartana, Monica Bonvicini, Simone Forti e Joan Jonas.
Come partiture musicali le campiture di Silvia Bächli (Berna, 1956) invadano, invece, la sede al civico 7, indagando tra linee e colori le superfici dei muri che le sostengono. verso oltrepassa la dimensione della cornice, fondendosi con lo spazio reale, immaginario e immaginato. Dopo aver utilizzano negli anni un vero e proprio vocabolario di pennellate che esplorano la gamma cromatica del nero e del bianco, l’artista si sposta sulle tonalità del verde, dell’azzurro, di rossi caldi e terrosi attraverso cui immagina un visitatore ideale che, con del gesso sulle suole delle scarpe, nel cercare di avvicinarsi e allontanarsi tra i dettagli delle campiture, disegni le sue tracce con curve e arcate nel pavimento. Inchiostro indiano, carboncino, gouache e pastelli realizzano storie non figurate che evocano nel segno paesaggi, gesti, strutture e processi evocativi di sensazioni e ricordi. Lasciando vagare lo sguardo, la serie di opere cartacee è accompagnata da cinque sculture in gesso composte da superfici piatte e porose che, poste su un tavolo di legno chiaro, richiamo le stesse tonalità pittoriche delle campiture musicali.
In Via A. Stradella 4, troviamo infine Allyson Strafella (Brooklyn, 1969) nella sua prima personale con la Galleria, con cui collabora dal 2016. Isolamento e assorbimento del tempo attuale traducono letteralmente il significato di viveka, termine dell’antica lingua Pali, che descrive l’esperienza di confinamento dell’ultimo anno in cui l’artista si è dedicata e abbandonata alla pratica della meditazione e del disegno. Strumento cardine e peculiare di Strafella è la macchina da scrivere con cui e attraverso cui, dagli anni Novanta, fonde scultura, scrittura e lavoro su carta. Nella battitura di caratteri tipografici, punti, parentesi e trattini innesca un processo di progressivo allontanamento dal rimando simbolico che abbandona il segno e che, nella moltiplicazione di questo, produce un risultato puramente visivo. Tra essenzialità ed evocazione della parola impressa, l’artista è in costante affermazione e negazione della forma, che abbraccia e abbandona, offrendo allo spettatore la possibilità di interrogarsi sulla natura e sul significato di quei segni, la cui distinzione risulta impercettibile anche da vicino ma che, inspiegabilmente, restituisce narrazioni astratte di sensazioni impalpabili.
Silvia Bächli, verso
via A. Stradella 7
Jessica Stockholder, What is normal
via A. Stradella 1
Allyson Strafella, viveka
via A. Stradella 4