Napoleone. Nel nome dell’arte, solo l’8, 9, 10 novembre nelle sale italiane il nuovo docu-film della serie La Grande Arte al Cinema
Quella di Napolenone è una figura storica entrata nel mito, consacrandolo – nel bene e nel male – come uno degli uomini più famosi della storia. Prima della sua morte, Napoleone pensava che i posteri lo avrebbero ricordato non solo per battaglie e conquiste, ma per avere portato al popolo cultura e bellezza, creando la scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. È a partire da questa sua convinzione che nasce Napoleone. Nel nome dell’arte, un documentario con la guida del Premio Oscar® Jeremy Irons, nelle sale italiane solo l’8, 9, 10 novembre.
Scrittore mancato, lettore compulsivo, ammiratore dell’arte e della sua forza di comunicazione, Napoleone fu spinto alle sue imprese dalla brama di potere e di gloria, ma anche dal bisogno di conoscenza e dall’ambizione di associare la sua immagine alle grandi civiltà del passato. Durante le campagne militari, promosse ricerche, colossali furti di opere e scavi archeologici, soprattutto in Italia e in Egitto, da cui sono nati i primi musei pubblici del mondo: il Louvre di Parigi e, sul suo esempio, la Pinacoteca di Brera di Milano. Nei territori conquistati Napoleone ha portato riforme scolastiche, rivoluzioni architettoniche e urbanistiche, e un nuovo modo di intendere il classicismo: lo Stile Impero, di cui parte integrante è la figura del sovrano, effigiato in busti di marmo, monete e tabacchiere, oppure solo citato attraverso la celebre N.
Il documentario inizia con l’incoronazione di Napoleone come re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea il legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona Ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia.
Per la prima volta da allora, è stato trascritto, orchestrato ed eseguito in Duomo il Te Deum di Francesco Pollini, composto e suonato per l’incoronazione e che solo recentemente è stato ritrovato nel Conservatorio di Milano tra le carte dell’Archivio di Stato. Per l’occasione seguiremo anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo.
Milano, scelta come prima capitale del regno d’Italia, è tra i luoghi fondamentali del film: dalla Biblioteca Nazionale Braidense – con il manoscritto autografo de Il cinque maggio di Manzoni e i volumi della Description de l’Egypte – alla Pinacoteca di Brera. Se infatti, a partire dalla campagna d’Italia, la penisola fu oggetto di meticolose spoliazioni di opere d’arte, è vero che con Brera venne fondato il primo “museo universale” italiano, un “piccolo Louvre” dove converge il meglio della produzione italiana.
Se Milano fu centro di ricezione e smistamento di opere, Roma fu certamente luogo privilegiato di “estrazione”: dal Museo Pio Clementino e dai Musei Capitolini, Napoleone. Nel nome dell’arte racconta anche l’odissea delle opere partite per Parigi e tornate a casa nel 1816, grazie all’impegno di Canova. Si tratta di alcune delle opere più importanti della tradizione occidentale: l’Apollo del Belvedere, il Laocoonte, il Galata morente e anche il Bruto capitolino, divenuto a Parigi icona di libertà repubblicana e lotta tirannicida e portato in trionfo nei cortei che celebravano la morte di Robespierre.
Percorrendo le sale del Louvre vengono approfonditi i criteri scientifici ed enciclopedici con cui era organizzata l’esposizione delle opere e ammirare l’incoronazione di Napoleone e Giuseppina di Beauharnais il 2 dicembre 1804, in Notre-Dame, opera monumentale di Jacques-Louis David. Una parentesi toscana conduce poi lo spettatore a San Miniato, luogo d’origine dei Bonaparte, e all’Isola d’Elba, dove i libri che l’Imperatore portò con sé nell’esilio parlano del suo amore ossessivo per la lettura, della sua memoria eccezionale.