A Verona, Kromya Art Gallery presenta Assoluto naturale, il progetto che vede protagonisti Flavio Paolucci e Giovanni Frangi, in un percorso immersivo che pone in dialogo le sculture bronzee di Paolucci con i dipinti astratti di Frangi. Visitabile fino al 20 novembre 2021, la mostra indaga la valenza simbolica degli elementi naturali.
Assoluto naturale espone a confronto – negli spazi della sede veronese di Kromya Art Gallery -, in un percorso immersivo, le sculture in bronzo, tipiche del linguaggio dell’artista ticinese Flavio Paolucci, con i dipinti astratti dell’artista milanese Giovanni Frangi, in un confronto che pone l’accento sul rapporto uomo/natura e sull’impatto dell’attività umana sull’ambiente.
«Il lavoro di Paolucci – spiega la storica dell’arte Chiara Gubbiotti -, in particolar modo quello scultoreo, trae origine direttamente da materiali raccolti nei boschi che, attraverso l’intervento dell’artista, trovano nuova vita in una dimensione universale, quasi sacrale, del rapporto uomo/natura. Ciò appare evidente in opere quali La forza della natura (2020) e L’uomo protetto dalla natura (2020) in cui l’elemento archetipico della casa fonde, in maniera organica, l’aspetto cromatico della sfera naturale alla struttura tipicamente artificiale costruita dall’uomo. Similmente, la natura assume una connotazione astratta, interpretativa e onirica nel lavoro di Frangi, permettendo l’immersione dello spettatore in una realtà pittorica ricreata dall’artista partendo da una matrice naturale reale, poi trasformata: esplicative, in tale senso, appaiono le imponenti tele di Piedicavallo (2021), dove con suggestivo minimalismo l’artista declina in chiave archetipica gli elementi naturali che si ritrovano negli alvei dei fiumi montani».
Le opere di Flavio Paolucci (Torre, 1934) rappresentano gli oltre sessant’anni di carriera e di riflessione di un’artista da sempre fortemente legato alla natura e alle sue peculiarità. Composizioni caratterizzate da una ricerca sottile di equilibro e semplicità visiva diventano veicolo di tematiche primordiali, quali la ciclicità, la caducità dell’esistenza e la rinascita, in un gioco di equilibrio delle parti con il tutto. Nella sua ricerca, l’attenzione al mondo vegetale si concretizza nell’uso di materiali grezzi, privi di vita – quali rami, sassi e foglie – che fusi con elementi in bronzo, vetro, legno o carta, tornano a ricoprire un ruolo vitale e pulsante, decontestualizzati dalla loro origine, per essere collocati in un ambiente a forte valenza simbolica. Ciò che la natura madre e matrigna plasma per via naturale, l’artista rielabora in chiave mistico-allegorica, fermandolo per sempre nella fissità di un linguaggio destinato a perdurare ai cicli di nascita e morte da cui provengono: una connotazione allegorica vigorosamente espressa sia ne L’occhio verde (2007), sia nelle sculture bronzee Dal Paradiso terrestre (2020) e Le ultime foglie (2014).
L’accezione ciclica del tema naturale diviene elemento centrale e fondante anche nell’opera di Giovanni Frangi (Milano, 1959): per l’artista è necessario indagare la ripetizione, in maniera spesso ossessiva, che si ripresenta nell’avvicendarsi delle stagioni, al contempo uguale e mutata. Partendo da un’immagine fotografica scattata personalmente, Frangi fonde in un unicum la verosimiglianza dell’immagine all’inverosimile della tecnica: un campo d’azione circoscritto e infinito, come la forza naturale da cui prende spunto. Di tale ricerca poetica, esemplari risultano le opere Balma 1 (2021) e Valdobbia 1 (2021), dove il soggetto riprodotto – l’alveo di un fiume e gli elementi che lo compongono – si svelano quali simboli del lento e costante mutare dell’esistenza: come sassi di fiume, levigati dall’acqua, si prende coscienza dei propri mutamenti nello scorrere del tempo.
La natura assume così i contorni di un elemento totalizzante, declinato su superfici e materiali differenti che tendono, tutti, ad una riflessione comune: la serialità come variazione, automatismo e sperimentazione.