Platea | Palazzo Galeano è un’associazione culturale nata nel 2020 a Lodi con l’obiettivo di sostenere i giovani talenti e la produzione artistica sul territorio lodigiano con un orizzonte internazionale.
La sua seconda stagione espositiva sta entrando nel vivo. Per capire meglio come funziona e quali sono i suoi obiettivi abbiamo intervistato la presidente Claudia Ferrari e il direttore artistico Carlo Orsini. Il prossimo appuntamento in programma è la mostra Notes for dried and living bodies in Corso Umberto, dedicata a Luca Trevisani. Dal 7 aprile al 22 giugno 2022 a Palazzo Galeano.
Perché Platea? Il nome è eloquente, ma allo stesso tempo sembra nascondere diverse implicazioni.
Claudia: il nome ci è stato regalato da Marcello Maloberti all’inizio del progetto. Marcello ha inaugurato la prima mostra qua a Lodi con una performance che aveva nel suo fulcro una martellata. Ma anche una serie di manifesti con la scritta Platea con cui ha ricoperto i muri della città. E questo è l’inizio. L’origine del nome. Platea poi però assume ulteriori significati.
Carlo: non è semplice esaurire le sfumature di un nome del genere. Per me, che sono architetto, Platea è la tensione tra la disposizione curvilinea della platea teatrale, che ha forma convessa, e il significato che assume in campo ingegneristico, dove indica una fondazione continua, un getto di cemento armato che crea uno spessore rigido e orizzontale.
Ma, soprattutto, la mostra curata da Harald Szemann per la Biennale di Venezia del ’99 si chiamava La platea dell’umanità. Questo riferimento, il messaggio di apertura che porta con sé, è stato d’ispirazione. Platea infatti non rappresenta lo spazio, ma quello che si genera fuori dallo spazio. L’umanità, il pubblico che raccogliamo intorno a noi.
Come attirate l’attenzione?
Carlo: tramite un incidente di sguardo, che per noi è un elemento programmatico. La posizione della vetrina – in pieno centro a Lodi, sul percorso che dalla piazza del mercato conduce a quella principale – costringe tutti i passanti a osservarla. Anche se non sono interessati, l’occhio senza volerlo cade dentro. E a quel punto è inevitabile stimolare una reazione. Ne abbiamo notate di molto diverse. L’importante è attirare l’attenzione e suscitare domande, curiosità. La sfida è trasmettere passione. Del resto un’iniziativa che si restringe a un luogo piuttosto ridotto ha poi bisogno di espandersi tramite altre modalità.
In che modo fuoriuscite dalla vetrina?
Claudia: abbiamo diverse modalità. Su tutte gli incontri pubblici che organizziamo in strada, davanti alla vetrina. Montiamo tavoli e sedie, invitiamo gli artisti e alcuni relatori a parlare di arte contemporanea. E la platea si riempie. Durante l’ultimo incontro Alberonero ha dialogato con Andrea Staid e Piergiorgio Caserini.
Carlo: per esempio, utilizziamo i manifesti. Il giorno dell’inaugurazione della mostra di Marcello Maloberti c’erano 300 manifesti per la città; 16 ragazzi e ragazze della NABA, in una sorta di performance, hanno distribuito le copie del manifesto della mostra per tutto il centro.
Cosa intendete con manifesto?
Carlo: Platea produce per ogni singolo artista, per ogni singola mostra, un manifesto. Sul fronte un’opera, sul retro un dialogo tra artista e curatore. Questo gira per la città, come già è successo nel caso di Maloberti. Ma stiamo lavorando anche a un cofanetto che raccolga i manifesti, e quindi i progetti, realizzati da Platea. Non un catalogo vero e proprio, ma qualcosa di più dinamico che includa anche comunicati stampa e altro materiale capace di restituire testimonianza dell’opera. E, più in generale, di tutto il nostro progetto.
Come si struttura il programma?
Carlo: ogni triennio ci concentriamo su un tema differente, cerchiamo un filo rosso che leghi tutte le iniziative. Quest’anno è il rapporto uomo-natura, natura-artificio, natura-cultura. E come tale relazione complessa si sta modificando in questi tempi.
Ogni anno scegliamo un artista mid career che abbia un’attitudine all’insegnamento. La prima mostra è dedicata a lui, le altre quattro ad artisti giovani che ci segnala. Ci piace che tra loro ci sia un rapporto; e che questo andrà ad arricchirsi nel periodo di tutoraggio della mostra. L’artista deve seguire i giovani talenti, ma non è necessario sia per loro matrice visiva e procedurale. Anzi: i giovani artisti che selezioniamo hanno, nonostante l’età, un’identità molto precisa, già definita.
L’anno scorso l’artista guida è stato Marcello Maloberti, con quattro artisti suoi alunni dell’accademia. Quest’anno c’è invece Luca Trevisani, al seguito quattro suoi alunni già diplomati. Prima e dopo questo ciclo di esposizioni, abbiamo previsto due mostre di artisti affermati.
Quali sono gli artisti di quest’anno?
Carlo: senza scostarci dal tema natura-artificio, abbiamo scelto di concentrarci sul territorio lodigiano. Il primo progetto è stato quello di Alberonero. É un artista nato a Lodi ma che vive da anni in Emilia. Dunque sente la pianura come parte integrante della sua esistenza. Ha un rapporto diretto con il territorio, il suolo, gli alberi e l’intero spettro naturale. Penso Pianura è la mostra che ha raccontato questa viscerale relazione.
Claudia: la mostra che chiuderà il ciclo espositivo è invece dedicata a Fabio Roncato. Con un progetto curato da Gaspare Luigi Marcone, direttore artistico di The Open Box, Milano. L’artista studia le correnti dei fiumi, i mulinelli, i punti dove l’acqua scorre più intesa e quelli dove si placa. Poi con un apposito procedimento riesce a ricavare dei calchi di cera con cui concretizza ed eterna lo scorrere irrequieto del fiume. Dal calco in cera Roncato realizza poi la scultura finale in bronzo.
E invece Luca Trevisani come opera?
Carlo: Luca Trevisani, nelle sue ultime produzioni, utilizza degli elementi tratti dalla natura e li rielabora. In questo caso ha recuperato motivi floreali tratti dall’opera di altri autori, artisti e designer, componendo una texture nuova che riporta sulla superficie di una grande foglia essiccata. Ma il procedimento conta diverse fasi e nemmeno lui sa ancora se il processo andrà a buon fine e quale sarà esattamente il risultato.
Claudia: questa estate Luca è stato al giardino botanico di Palermo, dove ha raccolto tre grandi foglie che ora sono in essicazione. É un passaggio necessario affinché poi possa procedere alla stampa, che è un momento molto delicato. Nel suo lavoro il caso e la natura svolgono un ruolo centrale, quasi autonomo. Al momento le foglie sono in essicazione e il risultato finale sarà una sorpresa anche per noi. L’appuntamento con Notes for dried and living bodies in Corso Umberto è dal 7 aprile al 22 giugno 2022.
La città come sta accogliendo il vostro lavoro?
Carlo: bene, tanto che abbiamo già attivato varie collaborazioni. Tra queste quella con Associazione 21, un ente culturale della città dedicato al contemporaneo. Al contrario nostro, opera su una superficie di circa 600 mq. Le possibilità sono diverse, le attività potenzialmente complementari alle nostre. L’anno scorso, per esempio, ha ospitato una collettiva di tutte le opere passate per Platea.
Il dialogo è aperto anche col Museo Diocesano della città, che è in ristrutturazione ma presto riaprirà. Abbiamo avuto contatti con il Comune di Lodi, come con il teatro civico e tante altre realtà locali. Ma la nostra visione è ampia, ci piacerebbe coinvolgere anche il pubblico di Milano. Magari collaborando con qualche artista internazionale.
Claudia: lavorare così ci dà credibilità e ci permette di entrare in contatto con realtà importanti. Come Raffaella Cortese l’anno scorso e quest’anno Pinksummer Contemporary Art, che ha collaborato alla mostra di Luca Trevisani. Vogliamo diffondere l’arte contemporanea per tutta Lodi, ma anche oltre.
É questo l’obiettivo di Platea?
Carlo: gli obiettivi di Platea sono principalmente due. Sostenere i giovani artisti e diffondere l’arte contemporanea. Attraverso il nostro programma vogliamo rendere ancora più ricca la nostra comunità. Non abbiamo finalità commerciali.
Claudia: vogliamo togliere l’aura di irraggiungibilità dell’arte contemporanea attraverso un’attitudine più comunicativa, umana, diretta, priva di sovrastrutture. Offrire qualcosa di diverso alla città, ai giovani; un luogo da condividere, un progetto da sviluppare in collettivo. Chi conosce Platea ne rimane affascinato, diventa parte di una piccola comunità.