Fino al 9 ottobre le Gallerie dell’Accademia di Venezia insieme a Palazzo Manfrin celebrano Anish Kapoor con una grande mostra divisa nelle due sedi.
Materico, imponente ma anche minimalista. Kapoor gioca con i colori, le forme, le suggestioni. Arriva, come solo lui sa arrivare, agli occhi e allo stomaco dello spettatore. In concomitanza con la Biennale 2022, l’artista anglo-indiano – che ha casa a San Polo (sestiere di Venezia) – propone una doppia esposizione veneziana che non può lasciare indifferenti.
La bellezza legata all’inquietudine e la violenza connessa alla vita. Due direttrici non così tanto distanti che guidano la rassegna che porta con sé molte delle celebri opere ma anche qualche novità.
Una parte della mostra si è impossessata di Palazzo Manfrin, che presto diventerà sede della Fondazione Kapoor. Proprio alle Fondamenta Venier, nel cuore di Cannaregio, dal soffitto una massa in silicone e vernice color rosso sangue accoglie il visitatore.
È il Mount Moriah at the Gate of the Ghetto, realizzata appositamente per l’occasione, la cui massa rossa sembra colare dal soffitto dell’androne. Qui troviamo anche White sand, Red Millet, Many flowers, insomma opere iconiche del maestro. Nel palazzo, che al momento è in corso di restauro, possiamo ammirare altre opere, come il trittico Internal Objects in Three Parts e Destriero, fino a una serie di opere specchianti che distorcono il riflesso e si connettono con l’altra parte della mostra.
Alle Gallerie l’artista accoglie infatti i visitatori con un’opera specchiante nel cortile. In questa sede dialoga in modo più o meno esplicito con le opere dei grandi del passato. Giochi di riflessi, dentro e fuori, tra luce e ombra, in cui è determinante il suo vantablack.
Completano il ciclo alcune opere inedite realizzate col suo Kapoor Black, il materiale nano-tecnologico in grado di assorbire oltre il 99,9% della luce visibile. Oggetti opachi che inquietantemente risucchiano la luce. Se “la pittura è dare apparenza agli oggetti”, ha detto Kapoor, io “li ho fatto sparire“.
Tra le installazioni più notevoli c’è Shooting into the Corner. Sempre molto attuale, l’opera mostra un cannone (vero) circondato da quindici chili di cera scarlatta spiaccicata sulle pareti del museo.
È l’apice della terribilità di Kapoor e della sua arte che “scuote il cuore, attacca i nervi e ti fa digrignare i denti”.