Atipografia è una realtà che oggi rinasce, un progetto per l’arte contemporanea che affonda le sue radici nel passato, fondato da Elena Dal Molin nella provincia di Vicenza, ad Arzignano. Lo spazio, interamente rinnovato da un importante lavoro di restauro, assume nuove logiche funzionali e diventa una finestra d’apertura sul contemporaneo e sul mondo intero.
A partire da sabato 21 maggio 2022, questo ex stabilimento tipografico apre le sue porte al pubblico e conferma il legame intimo con il proprio territorio e la vocazione ad una proiezione internazionale. Il progetto crea un ponte tra passato, presente e futuro con un programma che coniuga la dimensione commerciale con quella culturale, in qualità di associazione culturale e galleria commerciale. Inizialmente questo luogo era una tipografia, un vecchio magazzino della carta, costruito in legno e mattoni e con un soffitto quantomeno precario.
La casa che precedeva la creazione di questo spazio era una residenza per artisti, nella quale si conducevano mostre site-specific, tuttavia era necessario attuare un rinnovamento e ciò è stato possibile anche attraverso la creazione di una squadra meravigliosa, con la collaborazione dello studio AMAA, giovane studio di Architettura che si è occupato del progetto di restauro. La sinergia con il comune di Arzignano è stata fondamentale per cambiare la storia di questo edificio e mano a mano anche il progetto culturale si è rafforzato, diventando sempre più ambizioso e più grande. La missione di Atipografia è di veicolare l’arte contemporanea nel territorio ed essere un altro luogo di riferimento che si costituisce di due anime. L’associazione continua la sua vocazione di associazione culturale, affiancata dal comune di Arzignano, attraverso la partnership con Umberto Alemanni Editore ci saranno varie presentazioni di libri e verranno ospitati anche dei concerti, sia di musica classica che di musica sperimentale. Nel programma vi è anche una pièce teatrale intitolata “Desiderio” di Vitaliano Trevisan, che scrisse, fra gli altri, “Il delirio del particolare”, oltre ovviamente ad una squadra di artisti grazie ai quali si svolgeranno delle mostre.
Marcello Galiotto e Alessandra Rampazzo sono i fondatori di Amaa, i primi schizzi del progetto di restauro a loro affidato furono realizzati in pre-pandemia nel 2019 e dopo tutto questo tempo il sodalizio professionale tra lo studio, Elena Dal Molin e il comune di Arzignano si è rafforzato e il risultato è un intervento di caratura internazionale. Fin dal suo inizio, il progetto ha indagato il tema della soglia, un tema che in arte e in architettura è stato approfondito più volte, ma che per lo studio rappresenta un luogo che ha uno spessore specifico, non solo un attraversamento. La soglia prende il nome di Threshold and Treasure, nel tentativo di scardinare il difficile processo di avvicinamento all’arte, caratterizzata da una soglia spesso percepita quale invalicabile dalle masse, essa è un ingresso all’interno di un mondo altro rispetto a quello che lo antecede, un po’ come nella cultura indiana e in quella giapponese diventa un giardino. Queste due culture insegnano la necessità di allontanarsi dal caos metropolitano e solo in seguito a questo piccolo polmone verdesi arriva ad un secondo spazio.
Nell’area espositiva si entra lateralmente, una scelta ispirata dai concetti di esplorazione e scoperta, questo secondo luogo è stato costruito in più momenti, come succede sempre nella cultura veneta. Quando si entra, si scopre un primo elemento che risale all’ottocento, un telaio in cemento armato, qui c’era la tipografia vera e propria. Al suo fianco vi è un altro giardino, un’area pensile, che recupera sempre i concetti di armonia e simbiosi con la natura. Lo spazio espositivo è bianco, ma non lineare, è composto da strati, una scalinata conduce ad un piano superiore più ampio rispetto a quello inferiore, articolato in lunghezze. Riuscendo si arriva al “Panopticon”, che in greco significa letteralmente “vedere tutto”, proprio perché da questo punto è possibile vedere tutta la diversità dei palazzi che circondano Atipografia.
Arcangelo Sassolino, diventa messaggero di alcuni temi attraverso le sue opere, in profonda sinergia con quelli di Atipografia. L’animo aziendale che caratterizza questo progetto è trasposto matericamente nelle opere dell’artista. Il vuoto senza misura (2022) è stata concepita appositamente per gli spazi esterni di Atipografia. Un ventilatore che produce un vento di grado 12, la forza di un uragano. Stare di fronte ad esso ci rende vulnerabili, quasi a sfidare la forza di gravità. L’aria diventa una materia, seppur invisibile, che dobbiamo fronteggiare.
Quando questa enorme massa d’aria s’impadronisce dei corpi e li muove a suo piacimento, ci si sente impotenti, il generatore di questa corrente rappresenta tutta la potenza dell’intreccio tra natura e meccanica, la stessa sensazione che sorprende chi abita questo luogo anche solo per un istante. L’opera Marcus (2017)presenta uno pneumatico gonfio schiacciato da una struttura a ferro di cavallo. La tensione tra i due soggetti è sinonimo di resilienza, un sincretismo di due elementi agli antipodi, sia a livello funzionale che materico. Il lavoro di Arcangelo si basa sempre su due elementi chiave: da un lato vi è un conflitto tra due materiali, mentre dall’altro pone una riflessionetra l’esserci e il non esserci, tra l’essere ferito e il ferire. Di conseguenza queste opere non sono soltanto un gioco di incastri tra elementi differenti, ma un vero e proprio percorso interiore alla ricerca di sé stessi. In un certo senso queste strutture sono metamorfiche, poiché non sono solo esse a soffrire, ma ci si immedesima. Anche si anche no (2022) è una scultura site-specific composta dal simbolo per eccellenza del peso: un incudine di 290 chili.
Questa massa d’acciaio poggia su una lastra di vetro sospesa, incurvata dal peso che la abbassa.
Il peso è tale che la lastra si inarca, vi è un sottilissimo equilibrio di forze che sprigiona una grande inquietudine, il destino di questo incontro-scontro di materie sembra essere inequivocabile.
Il peso diventa visualizzazione della forza di gravità, il pericolo imminente è doppio.
Il primo consiste nella possibilità che la lastra possa cedere alla forza di gravità, il secondo sta nel fatto che Sassolino costruisce questa installazione all’altezza del nostro sguardo, quindi si presenta come una minaccia alla nostra visione, l’intera struttura diventa un “memento mori”, che intende sprigionare nel singolo la coscienza della morte, ma soprattutto dell’importanza della vita.
Da contraltare, dall’altra parte del giardino si trova Newton dice che… (2021), che si compone di lastre di vetro temperato e tagliato a diamante, tenute insieme da una serie di morsetti.
Il vetro temperato a differenza di quello normale può inarcarsi poiché conserva la sua anima liquida, durante il processo di creazione subisce infatti due passaggi: nel primo la sua anima si scioglie, nel secondo vi è un abbassamento preventivo della temperatura svolto con dei getti d’aria freddissimi che lo risolidificano. Queste lastre di vetro sono messe una accanto all’altra, la forza di gravità attrae le lastre a terra, mentre i morsetti sembrano sostenerle. L’esposizione ammalia il visitatore con una dinamica dualistica fra forza e delicatezza. La forte capacità dell’artista sta anche nel valorizzare l’estetica delle materie utilizzate, il “trait d’union” fra di loro è l’aria in quanto forza invisibile, ma presente, oggetto di indagine di questa mostra.
Il nome Atipografia è stato scelto senz’altro per omaggiare la struttura precedente, ma anche perché in greco la “a” iniziale esprime il negativo, infatti questa struttura, sebbene abbia già una lunga storia da raccontare è nuovamente pronta a scrivere nuove pagine, a tracciare altri destini e capitoli che attendono di essere narrati.