Al SI FEST di Savignano sul Rubicone (dal 9 al 25 settembre), Alex Majoli è il nuovo direttore artistico. Al festival, Luca Meola, fotografo vincitore del portfolio “Werther Colonna” 30° edizione del festival, espone il suo portfolio intitolato Cracolândia
Le scuole elementari e medie di Savignano sul Rubicone diventano spazi espositivi per la fotografia di qualità. Accade alla 31° edizione del SI FEST di Savignano sul Rubicone, uno dei più longevi Festival della fotografia che, da anni, dedica una particolare attenzione alle nuove generazioni.
Alex Majoli, il nuovo direttore artistico, fotografo noto in ambito internazionale, membro di Magnum Photos dal 2001 e fondatore di Cesura, un collettivo di fotografia documentaria e di ricerca visiva, apre le porte degli istituti e allestisce nelle aule le mostre della nuova rassegna dal titolo Asinelli Solitari, un omaggio a Pier Paolo Pasolini, nel centenario della sua nascita.
Si avverte così un cambiamento forte, una nuova spinta sull’educazione alle immagini, rivolta agli studenti e ai ragazzi, avvezzi a smartphone e a social e offre un nuovo approccio anche dal punto di vista degli allestimenti. La scuola si trasforma così in uno spazio d’incontro per apprendere con la fotografia il pensiero profondo, il pensiero lento sulla fotografia che obbliga a riflettere e si lega al sapere diretto. Ogni esposizione è associata a una materia diversa in un percorso sperimentale per imparare a leggere le immagini anche attraverso le connessioni con la storia, la letteratura, la fisica, la tecnologia, la geometria, la musica o l’arte. Così sfila la grandezza di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati con il fotolibro Morire di classe, nel corridoio della primaria Dante Alighieri e si ammirano, tra i vari autori, le opere di Lee Miller o Duane Michals, Jim Goldberg o Lalla Essaydi all’Istituto Giulio Cesare.
Una bella intuizione per i ragazzi e anche per i docenti coinvolti e subito contagiati dalla passione per la fotografia che hanno iniziato l’anno scolastico, arricchiti di strumenti diversi per insegnare lo sviluppo della creatività. Il palinsesto del SI FEST mantiene la sua tradizione con altre esposizioni, premi come quello di Marco Pesaresi alla sua 21° esima edizione, concorsi e incontri e iniziative che proseguono in ottobre come La città dei bambini a Palazzo Vendemini. Presente alla manifestazione nello spazio Consorzio di Bonifica con altri autori anche Luca Meola con il lavoro Cracolândia un posto unico al mondo, un quartiere nel cuore della città di San Paolo in Brasile, chiamata per la sua ricchezza la New York del Sud America, dove l’attività principale è lo spaccio del crack, una vera piaga sociale.
“Grazie al premio che ho vinto l’anno scorso, ho stampato 25 foto e nello spazio al Consorzio di Bonifica ne sono presenti quasi la metà ma ho creato anche dei podcast, dei racconti associati ad alcune fotografie”.
Una tua testimonianza su questa nuova edizione del SI FEST?
“Conosco Alex da sempre e ho avuto l’opportunità di conoscerlo in Brasile dove è venuto perché voleva sviluppare un lavoro sulla Cracolândia. Ha delle idee molto forti. Credo che quest’anno il SI FEST 2022 sia il Festival più bello d’Italia. Lo ammiro e mi piacciono anche le sue scelte. Tutti si sono impegnati in modo incredibile, ma ne valeva la pena. Gli autori esposti sono tutti di altissimo livello, non c’è una mostra meno interessante delle altre. Il problema della fotografia è che spesso diventa un circolo un po’ ristretto, riservato agli addetti ai lavori e si perde il suo senso vero e più autentico. Il mio obiettivo è vivere le cose e provare a raccontarle ma quello che mi interessa è raccontarle al mondo e trovo sia molto interessante l’idea di proporlo ai ragazzi, agli studenti. In questo periodo molto buio e complesso, il futuro sono i giovani e la capacità di vedere, di aprire la mente e di pensare è la chiave per costruire un mondo migliore. La fotografia ci riporta a delle problematiche del passato e del presente che sono universali”.
Come prosegue la tua ricerca su Cracolândia?
“Quest’anno sono tornato in Brasile, in Amazzonia per la terza volta e dove continuerò a lavorare in futuro. Per Cracolândia ho avuto l’opportunità e la fortuna di conoscere un’antropologa che sta preparando un dottorato sul quartiere. Si chiama Amanda Amparo, una ragazza brasiliana afro discendente e mi ha aiutato a vedere quanto la questione razziale sia importante in quel contesto. Io sono bianco e sono straniero e quindi, secondo me non ho lenti adeguate per percepire queste contraddizioni. Lei sta conducendo uno studio dove il fattore della razza è determinante e mi sono reso conto perché questo posto sia formato da persone di colore. Con lei abbiamo cominciato a seguire le operazioni di polizia che spesso invade Cracolândia e abbiamo iniziato a denunciare una serie di violazione dei diritti umani sia da parte del Comune di San Paolo sia da parte della Polizia ai danni dei consumatori usuali di crack. Quest’anno ho lavorato molto non solo sulle fotografie ma anche sulle interviste e ho raccolto tante storie. Le radici del problema sono molto strutturali, c’è molta povertà e tante sono le problematiche. Perfino chi esce dal carcere deve pagare anche una multa e se non la paga, si ritrova senza documenti. Nel 2019 erano 25 mila le persone che vivevano per la strada a San Paolo e oggi si dice che ce ne siano il doppio”.
Come combattere contro questo disagio e povertà?
“È impossibile non vedere una correlazione tra questa povertà dilagante e un posto come Cracolândia, una sorta di simbolo e l’espressione di questa miseria. C’è una logica repressiva e non aiuta perché crea malessere e maggiore insicurezza. L’unica via possibile è quella di potenziare dei servizi di salute e di accompagnamento che non sono stati fatti. L’idea è di lavorare a ottobre con la Commissione dei diritti umani di San Paolo e continuare questo lavoro di denuncia con l’obiettivo di arrivare a produrre tanto materiale per arrivare a una legge. Il progetto di legge è di collocare delle telecamere sulle divise dei poliziotti che presidiano il quartiere. Sento che il mio mestiere può servire anche per cambiare le cose e le mie foto sono state usate anche in Tribunale”.
Luca Meola ha pubblicato con Selfself Books il libro Selva de Pedra che significa Giungla di cemento, uno dei tanti nomi di San Paolo e racconta quattro esperienze nella città di San Paolo, dai primi lavori che ha iniziato a realizzare. Quattro contesti e territori marginali che esprimono il suo punto di vista su questa città che ha migliaia di facce.