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Ruangrupa, il primo collettivo che ha curato un’edizione di documenta. Intervista esclusiva

Artistic Team and ruangrupa members at ruruHaus, f.l.t.r. Lara Khaldi, Iswanto Hartono, Gertrude Flentge, Mirwan Andan, Frederikke Hansen, Julia Sarisetiati, Reza Afisina, Ajeng Nurul Aini, Ade Darmawan, Indra Ameng, Kassel, 2021, Photo: Nicolas Wefers
Artistic Team and ruangrupa members at ruruHaus, f.l.t.r. Lara Khaldi, Iswanto Hartono, Gertrude Flentge, Mirwan Andan, Frederikke Hansen, Julia Sarisetiati, Reza Afisina, Ajeng Nurul Aini, Ade Darmawan, Indra Ameng, Kassel, 2021, Photo: Nicolas Wefers

Endless Residency – Esperienze, progetti, interventi in residenza è la rubrica a cura di Giulio Verago, Silvia Conta e Caterina Angelucci parte del programma di ricerca di Endless Residency, osservatorio sulla mobilità artistica avviato da Viafarini e sostenuto da Italian Council X ed.

Ruangrupa è stato il primo collettivo ad aver curato un’edizione di documenta. Endless Residency lo ha raggiunto per parlare di curatela, mobilità e dislocazione della pratica.

L’intervista di Silvia Conta. 

«…prima, durante, oltre d15″ recita una scritta su un muro della ruruHaus. Chi ha iniziato la visita di documenta quindici da ruruHaus e Fredericianum si è immediatamente immerso nel processo condiviso di preparazione e realizzazione dell’edizione 2022 della storica mostra quinquennale aperta dal 18 giugno al 25 ottobre 2022 e conclusasi con 738mila visitatori. Grandi pannelli e grafiche che occupavano intere pareti hanno esplicitato ai visitatori concetti, processi e dinamiche che hanno caratterizzato il lavoro curatoriale di ruangrupa, volto ad attivare l’interazione tra molteplici attori del sistema culturale locale e internazionale attraverso azioni, tematiche, interrogativi e sperimentazioni condivise e co-condotte tra ecosistemi culturali e sociali. Si tratta di aspetti e modalità operative centrali anche per il tema della mobilità di artisti e curatori, in quanto intrecciati a molte delle principali questioni culturali di oggi e temi nevralgici dei processi culturali contemporanei come, tra i numerosi sollevati, condivisione della conoscenza, sostenibilità collettiva, ecosistema, spazio abitato, recupero del territorio, attivazione di strumenti, decentramento della vita culturale e “la critica istituzionale in azione. […] Non necessariamente contro, ma come azione con e per l’altro».

Dopo un viaggio a Kassel Endless Residency ha contattato ruangrupa, primo collettivo ad aver curato un’edizione di documenta, per parlare di pratiche curatoriali, mobilità e dislocazione della pratica. Per comprendere l’operato di ruangrupa (il cui nome può essere genericamente tradotto con “come spazio per l’arte” o “una forma di spazio”) è necessario ricordarne alcune delle principali partecipazioni. Si tratta, infatti, di un’organizzazione non profit il cui lavoro all’interno di documenta quindici è stato alimentato da una lunga serie di importanti esperienze internazionali. Il collettivo ha partecipato a numerosi progetti espositivi e di cooperazione tra cui la Biennale di Gwangju (2002 e 2018), la Biennale di Istanbul (2005), la Triennale d’arte contemporanea dell’Asia-Pacifico (Brisbane, 2012), la Biennale di Singapore (2011), la Biennale di San Paolo (2014), la Triennale di Aichi (Nagoya, 2016) e Cosmopolis al Centre Pompidou (Parigi, 2017). Nel 2016, ruangrupa ha curato TRANSaction: Sonsbeek 2016 ad Arnhem, nei Paesi Bassi. Nel 2018, i partecipanti hanno fondato GUDSKUL, un progetto educativo e di networking per creativi basato sul lavoro cooperativo. A documenta 14, ruangrupa ha partecipato con la propria stazione radio internet come partner del progetto radiofonico decentralizzato Every Time a Ear di Soun, che ha riunito otto stazioni radiofoniche mondiali.

KW36, weeks of museums at ruruHaus, Kassel, 2020, Photo: Nicolas Wefers

Come è cambiato il collettivo ruangrupa nel corso degli anni? In che modo la partecipazione a numerosi eventi internazionali all’estero ha influenzato la vostra pratica e i vostri obiettivi?

«ruangrupa è stato fondato nel 2000. Abbiamo attraversato molte fasi: da collettivo di artisti che, come molti altri fino ad oggi, affittava e si spostava da una casa all’altra cambiando la destinazione d’uso per essere più aperto al pubblico (non più privato e residenziale), fino a dove siamo ora, come Gudskul, una piattaforma educativa informale fondata insieme ai collettivi Serrum e Grafis Huru Hara di Jakarta. Le nostre esperienze all’estero sono privilegi che non diamo per scontati. Dopo diversi anni, ci siamo resi conto che diventare internazionali non significa uscire dal proprio Paese, ma che se vogliamo rendere sostenibili le relazioni, queste esperienze devono essere portate all’interno del nostro Ekosistem. È questa la logica che ci ha spinto a invitare documenta a tornare a far parte del nostro viaggio collettivo in lumbung».

Parliamo della delocalizzazione di una pratica curatoriale. Quando partecipate a un evento all’estero – come, ad esempio, quando siete ospiti di una biennale -, come mediate tra la vostra metodologia di lavoro e l’ambiente in cui andate a operare?

«La negoziazione è sempre stata la chiave. Nel corso degli anni siamo riusciti a negoziare meglio, ovviamente, ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento. Una cosa che è diventata più chiara è che le diverse cosmologie non devono essere appiattite, ma si deve dare loro il tempo di trovare i punti di connessione, fino ai livelli pratici. Molti di noi (nel lumbung) operano in modo diverso e da questo fatto nascono i vari tipi di pratiche. Non ha senso prendere o rappresentare queste pratiche al di fuori del loro contesto, senza capire come lavorare in modo diverso all’interno, a livello istituzionale, organizzativo e pratico. Per quanto riguarda i metodi, siamo stati fortunati che finora, ovunque siamo andati, le persone amavano socializzare, quindi abbiamo potuto adottare il nostro approccio nongkrong quasi ovunque, anche se in modi diversi a seconda della società in cui ci siamo trovati. Questo approccio, inutile dirlo, ha anche bisogno di tempo. Non possiamo mai arrivare, lavorare (installare?) e ripartire. Il nostro mondo non funziona così».

Quali elementi o aspetti ritenete necessari per avere la possibilità di operare efficacemente in un nuovo ambiente?

«Gli amici e anche lo spazio, in tutte le sue accezioni, da quelle concrete a quelle astratte. Combinati, possono creare un ambiente amichevole, che è l’ingrediente principale della nostra pratica. Ancora una volta, questa nozione ha un significato diverso in società, vernacoli e persino individui diversi».

Artistic Team and ruangrupa members at ruruHaus, f.l.t.r. Lara Khaldi, Iswanto Hartono, Gertrude Flentge, Mirwan Andan, Frederikke Hansen, Julia Sarisetiati, Reza Afisina, Ajeng Nurul Aini, Ade Darmawan, Indra Ameng, Kassel, 2021, Photo: Nicolas Wefers

In particolare, che tipo di adattamenti sono stati necessari per curare uno degli eventi più importanti del sistema artistico mondiale quale è documenta? E quali novità ha portato questa esperienza nella vostra pratica?

«Uno dei metodi visibili che abbiamo adottato è l’apertura del nostro spazio, chiamato ruruHaus, per documenta quindici, dal 2020. È il culmine dei nostri precedenti esperimenti in vari formati (con diverse limitazioni) nelle nostre esperienze passate. Per questo motivo, in relazione alle domande precedenti, siamo riusciti a non approdare a Kassel come qualcosa di sconosciuto. La domanda ora è: cosa succederà dopo? Per questo non possiamo dare una risposta unicamente da soli, ma naturalmente anche con i nostri amici di Kassel».

Siete un collettivo con un numero variabile di membri. Come riuscite a coniugare la necessità di prendere decisioni e il vostro modo di operare democratico e partecipativo? Quale processo seguite?

«Abbiamo capito che ci sforziamo di fare le cose in modo più orizzontale rispetto al normale “business as usual”, introducendo la collettività. Impariamo continuamente da coloro che comprendono e praticano l’arte dell’accoglienza, dell’organizzazione, del networking, ecc. Dalla nostra esperienza, sappiamo che le dinamiche umane si manifestano, che l’orizzontalità totale è utopica e che, invece di lottare contro di essa, gestiamo queste dinamiche dal basso. Non siamo qui per dimostrare la praticabilità delle teorie esistenti, ma per fare e affrontare costantemente la realtà, con tutte le opportunità e le sfide che essa offre. Forse questa analogia ci aiuta: ciò che ci ha aiutato finora è l’approccio Total Football, in cui si possono ricoprire molti ruoli in una partita d calcio. Il requisito fondamentale per farlo è conoscersi abbastanza bene, in modo che la comunicazione non avvenga solo verbalmente. Per raggiungere questa condizione, ancora una volta, c’è bisogno di tempo».

La vostra pratica non si concentra su un risultato “tangibile”. Quando considerate completato un lavoro o un’esperienza in un luogo o in una determinata situazione?

«Possiamo rispondere con un aneddoto: molti di noi considerano l’inaugurazione tradizionale di una mostra come un momento triste, quello in cui il lavoro è finito, il processo si ferma, le persone vanno avanti, le relazioni finiscono. È per questo motivo che continuiamo ad aggiungere proposte dopo l’inaugurazione dei nostri eventi (inclusa documenta quindici), come attivazioni, discussioni, pubblicazioni, ecc. Anche il lumbung rientra in questo: lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo e continueremo anche dopo documenta quindici».

documenta fifteen: Fridskul Common Library, Fridericianum, Kassel, June 17, 2022, Photo: Victoria Tomaschko

Come coltivate il rapporto con il pubblico locale dopo la conclusione di una mostra o un intervento? Nella vostra storia avete sperimentato una modalità particolare che ci potete raccontare?

«Innanzitutto, rendendoci conto che le relazioni non devono essere basate sulla produttività, soprattutto sui guadagni economici. Inoltre, le idee possono anche sostenersi da sole, non sono necessariamente di nostra “proprietà”. Abbiamo sentito molte storie di qualcosa o qualcuno che, partendo da ciò che avevamo iniziato, ha trovato la propria storia, la propria traiettoria, senza che noi lo sapessimo. Forse può succedere anche a lumbung, chioschi, gallerie, ruruHaus, e la lista continua. Non è nemmeno più necessario che portino quei nomi, ma se quello spirito e quella visione del mondo continuano a trasparire, abbiamo fatto centro».

Su cosa verteranno i vostri prossimi progetti?

«Non si tratta forse di ‘su’, ma più di ‘con’: con le lezioni che abbiamo appreso attraverso il “culmine” della conoscenza che abbiamo raggiunto, di cui documenta quindici fa ovviamente parte, e con le persone da cui abbiamo imparato, con cui abbiamo imparato e assieme a cui consideriamo reciprocamente le nostre relazioni come qualcosa da sostenere ulteriormente. Lumbung, statene certi, continuerà».

Endless Residency presenta riflessioni, interviste e contributi di approfondimento che accompagnano la restituzione delle attività della ricerca. La rubrica vuole restituire una cartografia delle funzioni della mobilità artistica in Italia oggi, in dialogo con le migliori pratiche internazionali. Oltre alla rubrica, il programma prevede un public program e questionari, insieme ad un profilo instagram dedicato al racconto dei luoghi, delle indagini e dei suoi protagonisti. Tutti i materiali sono accessibili dalla pagina del progetto sul portale viafarini.org.

documenta fifiteen: Cinema Caravan and Takashi Kuribayashi, Screening in Outside of Mosquito Net (Out of the Loop), 2022, Karlswiese, Kassel, June 19, 2022, Photo: Nils Klinger

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