Settecento materiali diversi per ripercorrere la traiettoria infinita di Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, regista, giornalista e “incarnazione di corpo e parola”: “Tutto è Santo”, al Palaexpo di Roma
Appassionante come un romanzo, emozionante come uno spettacolo, lucida come un saggio. La mostra “Pier Paolo Pasolini Tutto è santo. Il corpo poetico“, aperta al Palazzo delle Esposizioni fino al 26 febbraio 2022, è un capolavoro. Non si possono trovare altre parole per definire un racconto articolato e complesso, ma al contempo chiaro e leggibile, che riunisce 700 materiali diversi, dai documenti dattiloscritti ai costumi di scena, accuratamente selezionati dai curatori Cesare Pietroiusti, Giuseppe Garrera, Clara Tosi Pamphilj e Olivier Saillard. “Mai un poeta, uno scrittore, un regista, un intellettuale, è stato così corpo e incarnazione della parola, come Pier Paolo Pasolini”, spiegano i curatori, che hanno diviso la rassegna in 8 sezioni tematiche, allestite ognuna come una mostra a sé, puntando a far parlare i materiali originali , per mantenere alto il livello di una narrazione tesa e incandescente.
La prima stazione di questa via crucis espositiva è affidata ad una galleria di volti segnati dal tempo, prima della loro sostituzione con le maschere di cera dell’Italia dello spettacolo. Primo tra tutti quello di Pier Paolo sulla copertina de L’Espresso uscito una settimana dopo quella morte tanto straziante quanto misteriosa e oscura: nella fotografia il poeta sorride, con gli occhi accesi da una passione divorante per una vita che lo ha divorato. E ancora, in piedi contro un muro a Porta Portese, in una notte romana di luglio del 1960, o in atteggiamento affettuoso nel 1962, nella sua casa di via Carini con la madre Susanna Colussi. La signora Colussi, che rimane impassibile accanto a questo figlio scomodo e ribelle per tutta la vita, fa parte delle donne che hanno amato Pasolini per la sua appassionata coerenza.
Parliamo di Laura Betti, Anna Magnani, Maria Callas, Silvana Mangano e Giovanna Bemporad, la poetessa irregolare e oggi dimenticata, alla quale la mostra restituisce una visibilità incandescente. Una stazione è dedicata al “dileggio”, e racconta l’odio di un paese profondamente maschilista e machista come era l’Italia degli anni Sessanta e Settanta (e in parte ancora oggi) per un’omosessualità sincera e non esibita. Non solo denunce e processi, ma insulti sotto ogni forma possibile, come se il nostro paese non potesse accettare il coraggio di un “pederasta” che si mostra sempre a testa alta, sennza nascondersi. Particolarmente riuscite le stazioni dedicate alla vita quotidiana di Pasolini, dalla sua passione per il calcio alle nottate nelle periferie di Roma, che lo scrittore ama visceralmente. “Tu sapessi cos’è Roma! Tutta vizio e sole, croste e luce: un popolo invasato dalla gioia di vivere, dall’esibizionismo e dalla sensualità contagiosi, che riempie le periferie” scrive all’amico Giacinto Spagnoletti nell’estate del 1952. Interessante anche la parte sui costumi di scena, realizzati da Danilo Donati ed esposti come vengono conservati nei magazzini della sartoria Farani.
Al centro dello spazio espositivo su un lungo tavolo sono esposti tutti i libri di Pasolini, per invitare il pubblico a leggerli in diretta, all’interno della mostra, quasi a voler sottolineare il labile confine tra scrittura e immagine sul quale è incentrata tutta la mostra, arricchita da un catalogo edito da 5 Continents. “In questa indagine l’oggetto libro si fa potente incarnazione della parola”, spiegano i curatori di una mostra davvero esemplare per coraggio e visione, che l’Italia dovrebbe esportare nei musei internazionali, per raccontare al mondo in maniera corretta e oggettiva la statura di un uomo incapace di compromessi, che si è sacrificato per gli ideali di rigore e integrità: valori che oggi il suo paese sembra aver dimenticato.