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Non il solito racconto della violenza sulle donne: Daniela Comani alla Galleria Nazionale di Roma

Daniela Comani, #56 dalla serie "Un matrimonio felice". Courtesy l'artista
Daniela Comani, “YOU ARE MINE”, installation view. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
“You Are Mine”: l’installazione site specific di Daniela Comani alla Galleria Nazionale di Roma che sovverte il solito racconto della violenza sulle donne

Con un’installazione site specific Daniela Comani rimescola le carte della narrazione sul femminicidio, una lettura alternativa sul racconto della violenza sulle donne, alla Galleria Nazionale di Roma. You Are Mine è il titolo dell’opera, ospitata nel Corridoio Bazzani della Galleria, per cui l’artista l’ha concepita. «Ho invertito la cronaca dei nostri quotidiani (l’uomo diventa donna, la vittima carnefice e viceversa), invitando così a riflettere sul fenomeno del femminicidio e sulle sue assurdità» – Spiega Daniela Comani.

Daniela Comani, “YOU ARE MINE”, installation view. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, ph. Adriano Mura, courtesy the artist
You Are Mine alla Galleria Nazionale

Ci sono tanti modi per parlare della violenza sulle donne, questione centrale nella pratica artistica di tantissime autrici negli ultimi anni. Daniela Comani per l’installazione alla Galleria Nazionale sceglie il mezzo della cronaca: quindici pagine di giornale stropicciate. Quindici lavori in cotone e alluminio che l’artista ha accartociatto per divulgare notizie di femminicidio in una nuova, insolita chiave di lettura. Infatti, se l’abitudine è sentir parlare della donna come vittima, in questo caso è proprio la donna a vestire i panni della carnefice. «Massacra di botte il compagno: 40enne arrestata». «MIRANO – 10 GEN. – Ancora violenza contro gli uomini. Ferito in maniera grave dalla fidanzata un ragazzo cinese di 23 anni residente a Viareggio. Lei lo ha picchiato perché avrebbe sbagliato strada».

Daniela Comani, “YOU ARE MINE”, installation view. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Dando corpo ai fatti di cronaca con questa installazione materica, Daniela Comani mette in scena la reinterpretazione di episodi violenti. La denuncia sociale passa per un messaggio comunicato con una metodologia che ne esalta la gravità. Perché pensare l’uomo colpevole è qualcosa di tristemente ordinario, considerare la donna capace di violenza è invece qualcosa a cui noi siamo abituati. Così, al di là dei canoni sociali più convenzionali, in You Are Mine è la donna a farsi carico della colpa. Una donna che massacra, uccide e picchia a sangue: se a tratti le pagine di giornale di Daniela Comani possono far sorridere, d’altro canto si fanno testimoni del brutalismo femminicida.

Daniela Comani: l’inversione dei ruoli

Daniela Comani lavora da tempo sulla rappresentazione di fatti storici o di cronaca dei nostri tempi. La sua è una lettura del contemporaneo che dà forma a tematiche sociali: quando con la parola, quando con il corpo stesso, quando con l’immagine. Sono stata io. Diario 1900-1999 è uno dei suoi lavori più importanti in cui, in prima persona elenca avvenimenti storici, politici e culturali. In una narrazione diacronica l’artista si immedesima nei protagonisti di eventi che hanno lasciato un segno nella storia del XX secolo. L’impersonare torna spesso nella sua pratica artistica, come nella serie fotografica Un matrimonio felice (2003-in corso) in cui Comani interpreta uomo e donna di una coppia nella sua quotidianità.

Daniela Comani, dalla serie “Novità editoriali a cura di Daniela Comani”

Spesso, l’inversione dei ruoli assume un significato fondamentale nel suo lavoro, come in Novità editoriali a cura di Daniela Comani (2011-2012). In quest’opera compaiono i nuovi personaggi della Baronessa Rampante di Calvino, La Soccombente di Thomas Bernhard o La Straniera di Albert Camus. Gli uomini di grandi classici della lettaratura diventano donne.
Con You Are Mine alla Galleria Nazionale di Roma Daniela Comani ribalta il copione classico del femminicidio. La notizia di donne violente colloca chi legge in una posizione scomoda in cui, di fronte all’evidenza di un atto da condannare, il genere diventa un evidenziatore. L’artista ci restituisce un’altra versione dei fatti, scardinando la narrazione standard per una nuova, efficace sensibilizzazione al tema. «L’effetto di questo rovesciamento sovversivo è sorprendente, proprio perché siamo abituati a individuare il colpevole nella figura maschile» – commenta la curatrice di You Are Mine Miriam Schoofs.

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