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Miti, canti e silenzi. Il nuovo film di Paolo Sorrentino sulla sirena Partenope

Arnold Böcklin, Il gioco delle Naiadi, 1886 Arnold Böcklin, Il gioco delle Naiadi, 1886
Arnold Böcklin, Il gioco delle Naiadi, 1886
Arnold Böcklin, Il gioco delle Naiadi, 1886

Il regista girerà un nuovo film su Napoli fra tradizione e leggenda, con un focus sulla creatura che è all’origine della città, la sirena Partenope. Congetture sulla trama e sinossi di miti antichi e nuovi

Un noto pittore d’oggi ha affermato che una sirena è una creatura difficilmente inquadrabile. Il suo ritratto necessita di continui aggiornamenti, poiché “la sua è una forma che non si chiude”. È questa la sfida accolta dal regista Paolo Sorrentino che, dopo aver narrato di una rocambolesca e pure fatata Napoli anni Ottanta in “È stata la mano di Dio” (2021), desidera ora raccontare in un nuovo film le origini della città, a partire dalla sua protettrice. Partenope, la Sirena. Si accresce il pathos attorno all’attesa pellicola del premio Oscar 2014 per La grande bellezza. Le riprese cominceranno in estate. Intanto lecitamente ci si domanda: sfuggirà oppure no il corpo flessuoso e guizzante di Partenope al fuoco della macchina da presa?

La sirena di Neapolis, ibrida creatura, si trova al centro di molte leggende. Pare ad alcuni che la sua tomba si trovi sull’altura di San Giovanni Maggiore o a Sant’Aniello. Secondo Matilde Serao neppure fu sirena quella Partenope amante di Cimone, la cui chiglia della barca, per logorio del legno, andò ad infrangersi là dove, in un tempo indefinito, Napoli sorse. Corre voce che il nuovo film di Sorrentino voglia assumere la forma di un viaggio folkloristico, che sollevando più stratificazioni temporali, giunga a toccare perfino il Santo di tutti i Santi partenopei, Gennaro, poiché la “realtà scadente” nella quale siamo immersi come povere carpe, non sembra per il regista avara al punto da non offrire più alcun contatto col divino. Il divino urge ed urge individuarlo sempre. Tra il grottesco e l’irrecuperabile.

Un percorso interiore

Ma tornando alla Sirena, se la Serao sostiene che Partenope non sia defunta – “ella vive splendida, giovane e bella, da cinquemila anni” -, la toponomastica di Napoli sembra assecondare la leggenda per cui la città segua il profilo delle sue ossa. La testa sarebbe tra Caponapoli, Capodimonte e Capodichino, la coda tra Posillipo e Mergellina, il tronco nel centro antico, dove si erge la statua del Dio Nilo, detto appunto Corpo di Napoli. Camminare sul corpo della nereide è come svolgere un percorso interiore. Sarà questo il percorso al quale Sorrentino ci vorrà invitare?

Le riprese del film avverranno tra il lungomare, borgo Marinari, il centro storico, il Duomo, l’università e Castel dell’Ovo. Dal qual castello si partono due leggende sireniche ancora: Partenope respinta da Ulisse fu ritrovata suicida sull’isolotto di Megaride, dove sorge il suddetto castello. Oppure, fóla medievale, l’Ovo di sirena sarebbe stato nascosto da Virgilio nei sotterranei del forte e mai più ritrovato.

 

Eduardo Dalbono, La leggenda delle sirene, 1871
Eduardo Dalbono, La leggenda delle sirene, 1871

Da quale humus Sorrentino trae l’idea Partenopea? Non si creda che il mito sia sopito. Ché di sirene si ragiona ancora, al presente, nella corrispondenza intellettuale, nei salotti culturali, nelle fantasie di scultori e di scrittici. Costoro non dimenticano il pesce-bambina descritto ne “La pelle” di Curzio Malaparte, né i dubbi di Ovidio, né i dipinti di Böcklin, ne la tela di Eduardo Dalbono. Venerabile maestro napoletano, che ritrasse proprio Partenope, insieme a Leucosi e Ligea, voluttuose e ingemmate, su di una sponda posillipina d’Ottocento. E ancora oggi non manca all’uomo che incontri una donna fatale il sospetto curioso di spiarne gli abiti da vicino per vedere se da questi non filtrino per caso lucori di squame oppure sirenici piumaggi. Per il cast la scelta di Sorrentino è caduta su una modella napoletana di vent’anni, di cui non si conosce ufficialmente il nome, e su Giampiero De Concilio (classe ’99), attore partenopeo già visto in “Un giorno all’improvviso” e in “Gomorra 5”, che vestirà i panni di una figura di quarantenne.

Il silenzio della sirena

Si potrebbe supporre un canto sirenico al centro del film. Tuttavia vi è pure chi contempla le lente navigazioni e predilige cristallizzare l’ascolto, frantumando il melisma estatico della sirena in schegge da ricomporre. Da ultimo c’è da chiedersi se Sorrentino non attinga a Kafka per un ritratto di Partenope e allora nessun canto avrà luogo nel film. Poiché l’autore boemo considera un episodio da nessuno mai vagliato: quando i marinai avevano le orecchie turate di cera e Ulisse si fece incatenare all’albero, Partenope, incantata dalla sua vista, gli occhi velati di lacrime, mosse dolcemente le labbra e la gola, ma non emise suono. Ulisse scampò al pericolo o a quel che aveva ritenuto tale. Ma si portò dentro il dolore dolce acuto di un’arma più letale del canto: il silenzio della sirena.

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