Si intitola Balance of chaos la mostra che la Stella Rouskova Gallery di Genova dedica a Jeanne Susplugas. Un’indagine artistica sulle motivazioni che animano l’industria farmaceutica e le conseguenze che esse comportano. Dal 25 febbraio al 31 marzo 2023.
Un set interamente bianco di cesti da frutta, bottiglie, piatti e candelabri in ceramica poggia su un tavolo. A prima vista sembrerebbe un aggiornamento relativamente innocuo di uno dei temi classici della storia dell’arte come la natura morta. Ma è un tranello. Se si effettua un’ispezione più accurata, ci si accorge che questo assortimento di oggetti sottoposti a uno strano processo di purificazione cela delle confezioni di pillole. Ciò conferisce all’insieme l’aspetto di una dieta naturale e artificiale, che manifesta al tempo stesso la comune intenzione di migliorare la salute fisica e mentale di un soggetto e le contraddizioni di come questo obiettivo viene spesso raggiunto.
Queste le parole con cui Michele Robecchi introduce il lavoro di Jeanne Susplugas, in mostra alla Stella Rouskova Gallery di Genova. L’esposizione, intitolata Balance of chaos, riflette con pungente ironia e intelligenza sulle motivazioni che animano l’industria farmaceutica e le conseguenze che le azioni e i prodotti possono avere su corpo e anima di chi ne fa uso, sollevando domande scomode su temi come la disparità sociale e di sesso e il modo in cui nel corso della storia i disagi psicologici sono stati liquidati al meglio come un imbarazzo e al peggio come una condizione inaccettabile da essere neutralizzata al più presto.
A partire da Hair (2010-18), un raro autoritratto all’interno della produzione dell’artista, che costituisce forse il messaggio più forte in questo senso. Ispirato all’iconica fotografia scattata da Gordon Matta-Clark nel 1972, l’immagine proposta da Susplugas da un punto di vista formale aderisce con variazioni minime all’originale. Ma mentre la versione di Matta-Clark appare come una celebrazione del genio e sregolatezza tipiche dell’immagine dell’artista, quella di Susplugas ne descrive i limiti. Ci riporta infatti alla gorgone Medusa e racconta una storia di stregoneria, follia e perdita del controllo che il sorriso benevolo dell’artista rende ancora più subdolo e contradittorio.
Il dittico Containers, invece, consiste in una fila di barattoli per medicinali dove su ogni etichetta il marchio è stato sostituito da una parola solo in partenza casuale. Visionata però la composizione nel suo insieme, ci si rende conto che la serie forma la frase “Mentre tutte le davano le spalle si portò una mano alla bocca, ci sputò dentro la pastiglia, la mise in tasca e spense la luce”. Si tratta di un passaggio dal romanzo di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi, che fa riferimento a una delle protagoniste, Alice, e la sua lotta contro l’anoressia nervosa.
La malattia torna in Arbre généalogique (2015), dove un simbolo di tradizione e storia come l’albero genealogico è qui raffigurato con pochi tratti, colori piatti e un’importante sostituzione: al posto dei nomi degli avi e degli antenati ci sono i nomi delle patologie che gli contraddistinguono. E di nuovo in In My Brain (2017), una messa in scena di pensieri drammatici e gioiosi che l’artista ha assemblato dopo una serie di conversazioni avute con un neuroscienziato dell’Istituto Pasteur a Parigi. Figure ombrose, animali mitologici, tramonti romantici, lampadine e minacciose telecamere di sorveglianza si alternano tessendo una rete di testimonianze sulla complessità e l’ambiguità dei pensieri che abitano il nostro cervello. E su come questi ci permettono di relazionarci al mondo attraverso un processo di auto-analisi che l’intervento della medicina può aiutare ma anche danneggiare in maniera irreversibile.