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LA BUSSOLA DI AGO. Il confortante Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti

Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti
Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti
Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti

Speranza e ottimismo nel nuovo film di Moretti ambientato ai giorni nostri dedicato allo spaesamento attuale della sinistra italiana tra nostalgia e mitologia

– Ho letto su Facebook che hai visto il nuovo Moretti. Il trailer, però, non promette granché.

– Hai ragione. Il trailer sembra confezionato da un generatore automatico di film di Nanni Moretti gestito da ChatGPT, con un risultato da classico autogol: una lista di ingredienti che il suo pubblico di aficionados si aspetta di trovare nei suoi film per riconoscersi nella comfort zone del morettismo tipico e collaudato da “Io sono un autarchico” ed “Ecce Bombo”, fino a “Caro diario” e “Aprile”, senza dimenticare “Bianca”, che è poi una delle rare e fortunate Love Story (o “commedie sentimentali”) del cinema italiano post-sessantottesco, con l’effetto contrario di irritare gli haters – vuoi o non vuoi, Moretti è ormai un autore che “divide” – pronti a scatenarsi con l’accusa di ripetersi e rifare sempre lo stesso film.

– Quali sarebbero questi ingredienti?

– Alludo a quelle frasi fatte e situazioni “emblematiche” da riproporre tra amici come tormentoni azzeccati ed esatti per ribadire verità assolute (“Roma negli anni ’60 era bellissima”) o compiacersi di quelle altrettanto felici e fortunate citazioni (“Mi si nota di più se…” o “Continuiamo così, facciamoci del male”) indissolubilmente legate all’autore che, a tutt’oggi, è l’ultimo regista italiano ad essersi portato a casa, nell’ormai lontanissimo 2001, una Palma d’Oro da Cannes. Ma per fortuna il Nostro è autore ben più audace e coraggioso, e come il Woody Allen del dopo “Manhattan”, ha mostrato di volersi arrischiare a percorrere nuove strade con esiti, a mio modo di vedere, sempre garantiti dalla sua intelligenza e da un senso dell’immagine “perfetta” (dono di una manciata di registi, dopo Chaplin) che in pochi sono disposti a riconoscergli. Insomma, la consapevolezza di venir considerato autore “di moda” o feticcio di quella tanto bistrattata “sinistra-radical-chic” lo ha tenuto lontano dal rischio di adagiarsi sugli allori, spingendolo ad avventurarsi in territori molto distanti da quel “Cinema degli amici” con cui si era inizialmente conquistato simpatia e favori di pubblico e critica.

– A te era piaciuto “Tre piani”?

– Naturalmente sì. E nemmeno poco. Forse anzi il suo film più estremo, da questo punto di vista, che infatti molto del suo pubblico ha rispedito al mittente, disorientato da quello che in tanti hanno preso per scarsità attoriale e inadeguatezza drammaturgica, e che era invece un’asciuttezza narrativa di nitore spietato e iperrealistico, rintracciabile in un cinema mostrato e visto senz’altro più ai festival internazionali che nelle normali sale cinematografiche, e che lo ha promosso, ma so di essere tra i pochi a pensarlo, al rango di autore entrato in una fase artistica più matura.

– Ammetterai che, almeno dal trailer, “Il sol dell’avvenire” sembra però un ritorno all’antico, a quel “cinema degli amici” che dicevi tu, come se dopo l’incomprensione di “Tre piani” Moretti volesse recuperare gli aficionados che avevano iniziato ad abbandonarlo forse anche già dai tempi di “Mia madre”.

– …che secondo me è e resta un magnifico capolavoro, da mettere accanto ai grandi libri della nostra letteratura novecentesca meno paludata e vistosa, da Giuseppe Berto a Goffredo Parise. Comunque. Sì, proprio come dici tu il trailer dà questa impressione. Ma di “Il sol dell’avvenire” si era già cominciato a parlare “divisivamente” sui social quando qualcuno ha pubblicato le due versioni, italiana e francese, del poster del film, invitando amici e followers a esprimere commenti e preferenze. La locandina italiana contiene dei riferimenti diretti all’argomento, con quel sole nascente simile a un tendone da circo visto dall’alto: nel film infatti si parla di Unione Sovietica, considerata ai “tempi d’oro”, se mai ce ne sono stati, il faro che illuminava la strada verso il futuro radioso del Socialismo; e di un circo: sì, un circo vero, con animali, pagliacci, giocolieri e acrobati. Il manifesto francese è decisamente più autoreferenziale (come se il dibattito sul Comunismo, da noi bene o male ancora acceso e vivace tanto quello sul Fascismo, oltralpe interessasse meno di zero il pubblico che va al cinema): c’è infatti Nanni Moretti, assente nel poster italiano, alla guida di un attualissimo monopattino (il riferimento è a una sequenza del film che avrai visto anche nel trailer), disegnato con un tratto grafico identico alla celeberrima icona di “Caro diario”, cioè lo stesso Nanni con casco e t-shirt nera a cavallo della sua leggendaria Vespa, oggi tra i preziosi tesori del Museo del Cinema di Torino.

– Tu quale preferisci?

– Io? Ma quello francese, ovvio! Meno didascalico, e concettualmente più attento agli elementi visivi del cinema di un autore che, piaccia o non piaccia, si è sempre messo al centro dell’inquadratura (altra similitudine con Woody Allen, tuttavia autore infinitamente più prolifico, che qualche volta ha preferito tenersi fuori, sempre più diradando col tempo la propria immagine dallo schermo) diventando un tutt’uno inscindibile tra “significante e significato”, tanto per parlare difficile. Perciò il richiamo all’immagine del poster di un film di trent’anni fa che ritrae lo stesso autore aggiornato al presente nell’uso di un più attuale mezzo di locomozione a due ruote mi sembra una trovata indiscutibilmente geniale.

 

La locandina francese de Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti
La locandina francese de Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti

– Ahahah, quindi il “mezzo” è il messaggio!…

– Esattamente! Anzi, un’ulteriore somiglianza con Woody, che trascina dentro l’inquadratura proprio Marshall McLuhan per smentire le fesserie dette da un tizio in coda dietro di lui alla biglietteria di un cinema, la trovi anche in questo “Sol dell’avvenire”, quando Nanni tira in ballo, in carne e ossa, gente come Renzo Piano, Corrado Augias e Chiara Valerio a supportare la propria condanna delle sequenze di violenza gratuita nei film…

– Ma quindi com’è, questo “Sol dell’avvenire”?

È bellissimo. Ci sarà, come al solito, chi lo detesterà (è pieno di gente che va dicendo in giro “io Moretti non lo reggo più da ‘Il caimano’ in poi”, o da quando si mise a fare i famosi girotondi…), magari proprio a sinistra, dove si sentiranno punti sul vivo della loro fede ideologica. Io l’ho visto come una favola in forma di caleidoscopio. Dentro il film, che è ambientato ai giorni nostri, ce ne sono infatti altri quattro: il film che il regista Moretti (Giovanni nel film, come nella vita) inizia a girare sotto incerti auspici economici, dove si racconta dello sgomento che divise il Partito Comunista Italiano quando nel 1956 i carri armati sovietici invasero Budapest per reprimere brutalmente la ribellione ungherese, tra coloro che volevano prendere le distanze dal Partito di Mosca e chi invece invitava a schierarsi in suo favore senza discutere; un film che il regista Moretti sogna di fare, una storia d’amore italiana scandita sulle note familiari di canzoni altrettanto italiane; un film, ancora in fase di preparazione, tratto da “Il nuotatore” di John Cheever (ogni occasione è buona per mostrarsi ancora in forma, sguazzare senza sforzo in piscina da “splendido settantenne” – li compirà il prossimo agosto); infine il film, prodotto da sua moglie Margherita Buy (che gli produce anche il suo) di un giovane regista esordiente innamorato del noir un po’ splatter “alla Tarantino”. Nel continuo entrare e uscire dalla vita reale e nella finzione ricreata sul set, la fiaba va accumulando via via gli elementi del proprio messaggio etico e ideologico, insieme all’autoritratto di un uomo con i suoi tic, le sue idiosincrasie, il suo egocentrismo, tutto smussato, però, da una stanchezza e da una delusione che, insieme alle rughe, lo spingono verso il vicolo apparentemente senza uscita del disincanto ideologico… Come biasimarlo, il povero Nanni, che già nella famosa scenata di vent’anni fa a Piazza Navona dove bacchettò aspramente i dirigenti di quello che allora si chiamava l’Ulivo, aveva compreso come per la sinistra italiana non ci fosse più speranza? “Il sol dell’avvenire” esce in questi giorni, con il Moloch che agli inizi degli anni 2000 spadroneggiava e “faceva il pieno di voti”, oggi costretto nel letto di un ospedale, mentre in Parlamento, con maggioranza altrettanto schiacciante, governa una masnada di impresentabili. Sono cose che se ti accompagnano nella seconda metà della tua vita verso l’età d’argento non ti regalano certo allegria e fiducia nel futuro. Ma allora perché, ed è questo lo spunto geniale, o il “twist”, come si dice in gergo cinefilo, non affidare al cinema un messaggio di speranza e ottimismo, con l’invito a lasciarsi gli errori alle spalle per non continuare a ripeterne di più disastrosi, ribaltando il motto della Storia che “non si fa coi se”, e ipotizzare, come fece Frank Capra con “La vita è meravigliosa”, cosa invece sarebbe successo “se”…? Senza spoilerarti niente, ti dico solo che il film ambientato nel 1956, la cui sceneggiatura prevederebbe un finale tragico e cupo, cambia improvvisamente rotta per dar fiato alle trombe squillanti di un ritrovato ottimismo, di una rinata coesione, di una recuperata consapevolezza di chi e che cosa conti davvero per proseguire nel solco della fiducia di quegli italiani di sinistra che dal dopoguerra in avanti hanno attraversato crisi e momenti di vittoriosa euforia, sempre all’insegna di un dibattito civile autenticamente democratico ed etico, che oggi sa di reperto archeologico. Sorprende la somiglianza con le riflessioni contenute in “Quando” di Walter Veltroni attualmente in sala, dedicato, come “Il sol dell’avvenire”, allo spaesamento attuale della sinistra italiana: anche qui il protagonista, che si chiama Giovanni come il regista impersonato da Moretti nel “Sol dell’avvenire”, ricorda, tra nostalgia e mitologia, quel paio di generazioni di buone e brave persone, tesserate o meno, che nell’altro secolo votavano Comunista ma estranei e distanti anni luce dalla brutalità del regime sovietico.

– Un film politico, quindi?

Tra i più politici di Moretti, senza dubbio. Che tuttavia è uomo di spettacolo fornito di una massiccia dose di contagiosa (auto)ironia. E più che un pamphlettino ideologico, all’uscita ti lascia cadere in tasca il libricino di una tenera e garbata favola per adulti, ordita e strutturata secondo i migliori canoni italiani dell’intrattenimento cinematografico. Con Nanni al centro dell’inquadratura, che a me sta benissimo.

https://www.facebook.com/people/Anton-Giulio-Onofri/1405664800

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